Un Tribunale tedesco ha dato ragione a Gianluca Grimalda, il ricercatore licenziato per essersi rifiutato di prendere l’aereo, a tutela del clima. Lui devolverà 75 mila euro alla protezione del clima e all’attivismo ambientale
Gianluca Grimalda -il ricercatore che aveva rifiutato di prendere l’aereo come atto di obiezione climatica ed era per questo stato licenziato dall’Istituto per l’economia mondiale (IFW)- ha ottenuto un risarcimento in quanto il provvedimento è stato ritenuto “ingiustificato”.
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Il Tribunale del Lavoro regionale di Kiel, in Germania, ha infatti dato ragione allo scienziato italiano nella causa che lui aveva intentato contro i suoi ex datori di lavoro, ribaltando il parere espresso nel primo grado di giudizio.
«Mi sento triste e felice allo stesso tempo -commenta il diretto interessato- Triste perché ho perso un lavoro che amavo. Felice perché il giudice ha implicitamente riconosciuto l’impossibilità di licenziare un dipendente per il suo rifiuto di volare. Spero ora che il mio caso possa ispirare altri dipendenti, istituzioni e aziende a sostenere attivamente la transizione da economie basate sui combustibili fossili a società decarbonizzate e incentrate sulle persone».

La sentenza del Tribunale tedesco e le sue prospettive future
La sentenza parla di “incompatibilità ideologica tra le parti”: il licenziamento immediato da parte dell’IFW è stato revocato e Grimalda risulta oggi esonerato da qualsiasi violazione del contratto con l’Istituto per l’economia mondiale.
Il ricercatore -temendo che potessero esserci rapporti tesi in caso di prosecuzione del rapporto di lavoro- ha quindi accettato di ricevere un’indennità di licenziamento dall’IFW, senza puntare al reintegro.
«L’importo esatto non può essere rivelato a causa di un accordo di riservatezza -dichiara- In ogni caso intendo donare 75.000 euro, parte di questo indennizzo, per la protezione dell’ambiente e del clima e per l’attivismo climatico».
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Soddisfatto anche Jörn A. Broschat, l’avvocato che lo ha difeso: «Questo caso mette in evidenza la crescente intersezione tra il Diritto del Lavoro e le pratiche di coscienza sul clima. Rappresenta una pietra miliare nel dibattito emergente sul diritto dei dipendenti di difendere i propri principi climatici come parte dei loro obblighi professionali».
E aggiunge: «È tempo che i legislatori e le parti della contrattazione collettiva tengano maggiormente conto di queste convinzioni e le sanciscano come diritti del lavoro. Questa è solo la prima di numerose decisioni in materia di Diritto del Lavoro che affronteranno la complessa interazione tra il cambiamento climatico, gli interessi dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro».

La storia di Gianluca Grimalda
Il 9 ottobre 2023, l’IFW aveva notificato a Grimalda il licenziamento a causa del suo mancato rientro in Europa in aereo dalla ricerca che stava conducendo a Bougainville, in Papua Nuova Guinea.
«Sebbene il piano originale, concordato con l’Istituto, mi consentisse un “viaggio lento”, mi venne imposto di rientrare entro pochissimi giorni, affermando che non mi ero presentato a Kiel nella data concordata: volare, a quel punto, sarebbe stata per me l’unica soluzione per rispettare questo ordine. Ma non ho voluto venire meno ai miei principi», racconta il ricercatore.

Il suo ritardo, peraltro, era dovuto realmente a cause di forza maggiore, come un rinvio nell’ottenimento del visto, rapine da parte delle bande di guerriglieri locali, attività vulcanica e altri impedimenti logistici.
La linea di difesa di Grimalda, sposata dal Tribunale del Lavoro tedesco, è che il suo sia pertanto stato il primo caso noto di licenziamento di un dipendente per il rifiuto di prendere un aereo con l’obiettivo di contenere la propria impronta climatica
«Ho calcolato che percorrere 28.000 chilometri da Papua Nuova Guinea all’Europa senza volare ha permesso di ridurre le mie emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature e degli eventi meteorologici estremi, di un fattore di dieci a uno rispetto all’aereo», sottolinea.

Il docu-film sul ricercatore licenziato perché aveva scelto di non prendere l’aereo
Ispirato dalla storia di Grimalda, nei mesi scorsi il regista Paolo Casalis ha realizzato un film-documentario dedicato al suo viaggio, intitolato “Il Ricercatore”, che sta ora girando i più prestigiosi festival cinematografici a tema ambientale del mondo (e non solo), contribuendo ulteriormente a far circolare il messaggio dello scienziato anti-aereo.
Nella pellicola -che è disponibile anche in streaming– viene innanzitutto raccontato il viaggio lento di andata dalla Germania a Papua Nuova Guinea -quello concordato con l’IFW- per poi soffermarsi sulle attività di ricerca condotte per svariati mesi tra le popolazioni locali, la cui vita è già fortemente condizionata dai cambiamenti climatici.
Ricercatore licenziato per non aver voluto volare, la sua storia ora è un film
Il climax viene raggiunto proprio con il messaggio da Kiel in cui viene richiesto a Grimalda di rientrare in tempi brevissimi, ovvero volando, e la sua difficile ma inflessibile decisione di rifiutare questa imposizione, seppur ben conscio del rischio di licenziamento, e di ritornare comunque via terra, in oltre due mesi di avventuroso viaggio attraverso l’Asia.
«Sono contento, grazie a questo film, di poter parlare di cambiamento climatico in un modo diverso dal solito», sottolinea Grimalda. E, nei prossimi mesi, sarà anche pubblicato da Feltrinelli un suo libro, dedicato sempre al viaggio “no fly”.
Cosa farà ora Gianluca Grimalda?
«Sono determinato a portare avanti la mia ricerca, anche se le domande di lavoro che ho presentato nel corso di quest’anno non hanno avuto successo», afferma il ricercatore, che in questi mesi ha comunque condotto attività accademiche, sostenuto anche dalla solidarietà concreta di numerosi colleghi.
Nel 2025, in ogni caso, ha in programma una nuova missione in Papua Nuova Guinea per studiare ulteriormente l’adattamento della popolazione locale ai cambiamenti climatici. «Una volta tornato, riprenderò anche il mio lavoro di attivista per il clima», assicura.
E conclude citando Wolfgang Cramer, direttore di ricerca presso il CNRS, in Francia, ed ex collaboratore del rapporto dell’International Panel on Climate Change (IPCC): «Gli studiosi hanno molteplici canali per allertare sulla crisi del clima e della biodiversità: modificare il contributo personale alle emissioni di gas serra è un modo importante per dimostrare la propria credibilità».
