Intervista a Gianluca Grimalda, la storia del ricercatore no-fly al Clorofilla Film Festival

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Intervista a Gianluca Grimalda, la storia del ricercatore no-fly al Clorofilla Film Festival ultima modifica: 2024-08-09T05:25:31+02:00 da Francesco Rasero
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In occasione della proiezione del documentario Il Ricercatore di Paolo Casalis al Clorofilla Film Festival 2024, in programma sabato 10 agosto, eHabitat ha realizzato un’intervista con il protagonista, Gianluca Grimalda

Gianluca Grimalda durante una manifestazione di Scientist Rebellion a Linate

Gianluca Grimalda è uno scienziato italiano e attivista ambientale che nei mesi scorsi è stato licenziato dopo essersi rifiutato di volare pur di contenere le proprie emissioni di gas serra: in occasione della presentazione della sua storia al Clorofilla Film Festival 2024 ha concesso un’intervista a eHabitat.it, media partner dell’evento.

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Gianluca Grimalda alla partenza da Papua per tornare in Europa senza aereo

Sabato 10 agosto, nell’ambito di Festambiente, la manifestazione nazionale di Legambiente che si svolge nel Parco della Maremma (Grosseto), viene infatti presentato il documentario Il Ricercatore, opera del regista Paolo Casalis, che racconta le vicende che hanno cambiato la vita di Grimalda e ne rilancia il forte messaggio sulla crisi climatica.

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Come è nata l’idea di questo documentario? Come ha fatto Casalis a convincerla?

L’idea è venuta al regista, che però non ha dovuto fare molto per convincermi. Sono infatti consapevole, anche da scienziato sociale, che possiamo fornire migliaia di numeri alle persone ma le loro attitudini, in particolare sul cambiamento climatico, rimarranno quasi immutate. Ciò che veramente smuove le persone sono invece le emozioni e le storie. Per questo, quando Casalis mi ha contattato, ho subito pensato che realizzare un documentario sul mio viaggio, in cui si sarebbe parlato anche di crisi climatica, fosse un’occasione da non perdere. Anche perché ritengo che siamo ancora molto lontani dall’aver creato un vero movimento di massa e aver reso le persone consapevoli dei rischi associati al cambiamento climatico e di cosa sia necessario fare per raddrizzare la rotta. Quindi ho pensato che un film avrebbe costituito un modo diverso di parlare alla gente, meno urlato o spasmodico di quando si vanno a fare dimostrazioni, ma più empatico e diretto. Mi anche piaciuta la visione da documentarista di Casalis: vuole registrare ciò che succede nel viaggio, senza costruire storie in maniera artefatta. Questo combacia con la mia filosofia di ricercatore empirico.

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Per realizzare le riprese de Il Ricercatore, le è stato chiesto trasformarsi in operatore e direttore della fotografia di se stesso… come è andata?

Devo dire che è stato molto divertente. Mi è sempre piaciuto fare fotografie, mentre i video rappresentavano una novità assoluta per me. Ho cercato di fare tesoro di ciò che Paolo mi ha insegnato, degli esempi di altri operatori… e di un po’ di ‘trial and error’. Alla fine è diventato il mio diario quotidiano. Una cosa, tra quelle che mi ha detto Paolo, ho innanzitutto cercato sempre di tenere a mente: ‘Usa la tua fantasia’. Ho quindi cercato di variare il più possibile il tipo di riprese.

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Gianluca Grimalda in Pakistan durante il suo viaggio ‘no fly’

È stato difficile riprendere le scene quotidiane nei Paesi che attraversava? Come reagivano le persone nel vederla filmare?

Ho notato con divertimento che in Asia, come in altre parti del mondo, c’è una sorta di riverenza per quelli che vengono chiamati Youtubers, una parola internazionale che viene compresa in qualsiasi lingua. In quei giorni ho capito che gli Youtuber hanno una sorta di lasciapassare per riprendere tutto ciò che vogliono. Io su YouTube, a dire il vero, ho solo un canale in cui registro qualche canzone al piano, ma per chiedere a sconosciuti incontrati per strada se volessero apparire nel film, per avere la loro autorizzazione, dicevo semplicemente “YouTube” e nel 100% dei casi la gente aderiva entusiasticamente all’idea di entrare nel video. Solo nel ‘Wet Market’ di Calcutta ho visto sguardi torvi di macellai che evidentemente non gradivano essere ripresi mentre squartavano animali. Ma alla fine anche loro non hanno detto nulla e qualcuno sorrideva anche.

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Ritiene che il Cinema, e la Comunicazione in generale, possano avere un ruolo importante nel contrasto alla crisi climatica?

Alla fine abbiamo bisogno sia di informazione scientifica che di storie: per questo penso che il Cinema e la Comunicazione in generale siano fondamentali. Penso altresì che comunicare la Scienza climatica sia particolarmente difficile, perché la nostra mente preferisce avere leggi deterministiche come in fisica, ma con il clima (e anche con i fenomeni sociali) al più possiamo avere leggi di carattere probabilistico. E queste sono molto più difficili da spiegare.

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La locandina del film documentario Il Ricercatore di Paolo Casalis

Ovvero?

Da un lato sappiamo che il cambiamento climatico è causato interamente dalle attività umane, ma dall’altro lato non possiamo provarlo come se fosse la legge di gravitazione universale. Inoltre, gli ecosistemi sono caratterizzati dai cosiddetti ‘punti di non ritorno’, cioè dei livelli di soglia superati i quali il sistema collassa in maniera irreversibile. Il fatto è che non abbiamo certezza di dove tali punti di soglia si trovino, al più possiamo assegnare dei livelli di probabilità. Sarebbe molto più semplice se ci fosse un precipizio chiaro e ben delineato, oltrepassato il quale sappiamo di andare in caduta libera. Invece il precipizio non è chiaro e, plausibilmente, non abbiamo un solo precipizio ma ne abbiamo molti, perché ciascun ecosistema ha un proprio ‘punto di non ritorno’ diverso dagli altri. Per questo, alla fine, non mi pongo obiettivi temporali del tipo ‘dobbiamo agire entro due anni altrimenti perdiamo il mondo’: primo perché scientificamente non c’è la certezza di dove siano situati tali punti di soglia; inoltre perché, anche se i punti di soglia fossero già stati superati, avremo comunque molto da combattere per ridurre la velocità dei cambiamenti. È molto diverso scontrarsi con un iceberg a 200 km/h o a 20 km/h. La differenza può salvare miliardi di vite, animali e non animali.

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Torniamo alla sua vicenda: come sta andando la battaglia legale contro il licenziamento?

Ho deciso di fare un ulteriore appello rispetto al primo grado di giudizio, che è stato a me negativo. Un avvocato del lavoro mi difende gratuitamente (anche se dovrò pagare le spese legali in caso di sconfitta) e questo mi ha convinto a presentare appello. La prossima sentenza è prevista per il 2 ottobre. Anche se non dovessi vincere la causa, sono contento che anche grazie a me continui il dibattito pubblico sul cambiamento climatico. E, in parallelo, anche quello in merito a quale sia la linea di confine tra diritti umani, come il diritto a effettuare obiezione di coscienza per non prendere aerei, e gli obblighi contrattuali. Non posso fare previsioni su come andrà l’appello, ma mi fa piacere che l’avvocato abbia voluto decisamente mettere la coscienza ambientalista al centro, a differenza del precedente legale che aveva scelto di concentrarsi esclusivamente sulle questione giuslavoristiche.

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E cosa fa oggi Gianluca Grimalda nella vita?

Dico spesso che ‘si è ricercatori dentro’: e infatti continuo a fare ricerca, analizzando i dati raccolti a Papua Nuova Guinea, anche se attualmente, dopo che una piccola borsa di studio da parte dell’Università di Passau è scaduta, ricevo un sussidio di disoccupazione e mi sto impegnando a cercare un nuovo lavoro. Tuttavia, la maggiore difficoltà è data dal fatto che sono determinato a tornare a Papua a partire da ottobre, per terminare un progetto di ricerca a cui tengo molto iniziato cinque anni fa. Purtroppo, per ora, non ho trovato Istituti di ricerca o Università che mi assumano con la prospettiva che io stia sul campo per otto mesi, di cui la metà di viaggio lento. Purtroppo l’accademia non ho fatto propria la situazione di emergenza in cui ci troviamo. Ma resto fiducioso. Nel frattempo ho lanciato una sottoscrizione per supportare il mio sostentamento durante quest’anno su questo sito: https://ko-fi.com/ggrimalda.

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In che modo tutte queste vicende l’hanno cambiata?

Ricevere così tanto appoggio -da parte di un numero di persone inimmaginabile quando mi trovavo nella mia stanzetta del villaggio papuano a interrogarmi sul mio futuro- mi ha dato ancora maggiore consapevolezza di essere nel giusto. E pure il fatto di dover dipendere dalla generosità altrui per il mio sostentamento è qualcosa che è, come si dice in inglese, ‘empowering‘. Mi fa capire che qualsiasi cosa mi dovesse succedere, ci sarà sempre qualcuno disposto ad aiutarmi e che non ho nulla di cui aver paura, come mi avevano già insegnato le dozzine di persone incontrate sulla Via della Seta che mi hanno aiutato in modo totalmente disinteressato.

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Giornalista pubblicista, dal 1998 scrive su carta stampata e online. Oggi è direttore responsabile di una testata locale e gestisce Altrov*e, start-up che si occupa di copywriting e comunicazione. Ha lavorato per oltre un decennio nel settore ambientale, oltre ad aver organizzato svariati eventi culturali, in ambito artistico, cinematografico e teatrale. È appassionato di viaggi, in particolare nell’area balcanica e nell’Est Europa, dove ha seguito (e segue) alcuni progetti di volontariato. Ama conoscere, progettare, fotografare e stare a contatto con le persone. Ma ancora di più ama il rugby, i suoi gatti e la sua nuova famiglia.

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