Invelle – La memoria contadina fra guerra e modernità a Venezia80

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Invelle – La memoria contadina fra guerra e modernità a Venezia80 ultima modifica: 2023-09-08T20:00:33+02:00 da Emanuel Trotto
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Invelle di Simone Massi, presentato nella sezione Orizzonti di Venezia80, racconta la campagna marchigiana fra guerra e modernità

Chi è Simone Massi? Nato a Pergola, nelle Marche, nel 1970, e diplomato in Cinema di Animazione all’Istituto Statale d’Arte di Urbino specializzandosi nel procedimento di animazione “a passo uno” con gli anni. I suoi cortometraggi (realizzati fra il 1995 e il 2022) lo hanno reso uno dei maggiori innovatori dell’animazione italiana. Gli sono valsi oltre trecento premi in giro per il mondo, dal Torino Film Festival all’International Animation Festival di Hiroshima. Le sue opere sono apprezzate ed utilizzate dal teatro e dal cinema: sue sono le animazioni per lo spettacolo di Marco Paolini, Uomini e cani, proiettate sulla parete di una montagna.

Invelle Venezia80
Invelle, il poster

Con la Mostra del Cinema di Venezia ha un lungo rapporto di collaborazione e partecipazione: ha realizzato le sigle della 69°, 70°, 71°, 72°, 73° edizione. Nel 2014 il cortometraggio L’attesa del maggio è stato selezionato Fuori Concorso nella sezione Orizzonti; nel 2022 presenta alla79° Mostra Internazionale di Arte Cinematograficadue cortometraggi Fuori Concorso. A guerra finita realizzato per Emergency e Avevamo studiato l’aldilà, da Eugenio Montale con la voce narrante del regista Wim Wenders. Un’altra costante del lavoro di Massi è anche la poesia, in particolare di Cesare Pavese e Giacomo Leopardi. Egli trascende il verso per sconfinare nella lirica pura. Non è un caso che il Comune di Recanati e il festival La punta della lingua gli commissionò un cortometraggio ispirato a L’infinito nel 2020.

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Che cos’è quindi il cinema di Simone Massi? Infatti la definizione stessa di “cinema” risulta riduttiva. Una definizione calzante è “labirinto”, quello mitico che Minosse fece costruire attorno al Minotauro. Massi crea un intrico di storie e una molteplicità di passaggi che sconfinano l’uno nell’altro senza soluzione di continuità. Le sue immagini, tuttavia, scorrono con grande naturalezza, seguendo dei fili comuni. Un gomitolo di Arianna che si libera e che si ingarbuglia nelle costanti della Storia e delle storie. Si passa dagli orrori della guerra e l’aggressività della Resistenza da una parte; i piccoli drammi della realtà contadina delle Marche di cui è originario dall’altra.

Esemplificativi di questa doppia poetica sono, pertanto, Dell’ammazzare il maiale (2011) e Animo resistente (2014). Il primo racconta la tradizione contadina dell’uccisione del maiale ai primi di gennaio. Un lavoro che nasce dai ricordi e dal rapporto fra il suo autore e la nonna Zelinda. Trasforma la tradizione in un percorso di formazione per un bambino che impara ad avere a che fare con i lati più cupi che caratterizzano la vita dei campi. Una vita dura ma sa anche essere idilliaca.

Invelle Simone Massi
Invelle di Simone Massi: una scena del film.

Mentre Animo resistente racconta il sogno, la fuga dalla Storia (l’eccidio di Monte Sant’Angelo nel maggio del 1944) di una intera casa che si addormenta e incomincia il suo viaggio. Un viaggio fatto di migliaia di fotogrammi disegnati a mano uno per uno, con un tratto caratteristico realizzato tramite pastelli ad olio stesi su carta e poi graffiati con puntesecche e strumenti incisori. Quello che ne viene fuori è un segno grafico a volte semplice, a volte incredibilmente complesso. I volti, i corpi e i paesaggi diventano delle mappe dettagliate, le espressioni reali si trasfigurano nel surrealismo puro. Assistiamo, con i suoi lavori, ad un racconto animato su carta. Lo spettatore è invitato a sfogliarlo a suo piacimento.

«Nel pezzo di terra in cui sono nato e cresciuto non c’è niente di importante da vedere e da ricordare, niente che possa finire sui libri di scuola.». Così Massi ha presentato Invelle (“Da nessuna parte” in dialetto), il suo primo lungometraggio, presentato nella sezione Orizzonti alla80 Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia.

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Il film è un omaggio alla nonna Zelinda che incarna uno dei tre bambini protagonisti. La troviamo bambina, nel 1918: il padre è in guerra e la madre è gravemente malata. Zelinda è vista come strana per via del suo animo sognatore. Guarda dalla finestra la Luna dalla sua cascina. Essa è su di una collina, dominata dal resto del Paese. Sogna il ritorno di suo padre. Forse è andato sulla Luna, ecco perché non torna più. Nel frattempo la piccola svolge le sue mansioni quotidiane nella stalla fra mucche e pecore.  Quando padre torna infine dalla guerra, è un uomo cambiato, abbattuto e fragile.

Invelle Simone Massi
Un’altra immagine da Invelle di Simone Massi.

Si passa ad un’altra storia. Troviamo poi un’altra bambina, Assunta. Siamo nel 1943 e il paese è sotto il fuoco incrociato delle minacce naziste e delle incursioni dei partigiani nascosti sulle colline. Infine arriviamo al 1978: la famiglia del piccolo Icaro si  deve trasferire in città in una casa in cui la stalla non c’è e quindi le bestie vanno vendute. La modernità è qualcosa di cupo e costrittivo che rompe l’eterno presente della campagna.

L’unica possibilità per sopravvivere è cambiare, allontanarsi da un mondo che non ha più nulla da offrire. Nel mondo che si sta affacciando contano solo l’accumulo umano e l’omologazione. Le immagini da fluide passano ed essere statiche: contadini, parroci, allevatori, truppe naziste, familiari e conoscenti sfilano come una serie di vecchie fotografie che svaniscono in un grande bianco o un grande nero. In un caso c’è la possibilità di ricominciare a scrivere la storia da capo, dall’altra c’è il nulla da cui qualcosa emerge come fantasmi nella tenebra.

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«Un umanesimo autentico che si nutre di una materia semplice e primaria come la levità del sogno e l’asprezza della fatica quotidiana, il necessario alimento della memoria e l’inscindibile rapporto con la natura e i suoi elementi: gli animali e le piante, il vento e la spiaggia, la terra e le nuvole». Così scrive Alberto Barbera nell’introduzione del volume dedicato a Massi, Nuvole e mani: Il cinema animato di Simone Massi edito da Minimum Fax. E continua: «Anche per questo motivo, il cinema di Simone Massi è, oltre che bellissimo, necessario: perché ci ricorda quanto sia importante mantenere i legami con il nostro passato se vogliamo credere nella possibilità di un futuro che ponga l’uomo al centro dell’universo».

Questo è anche Invelle: Storia e storie, labirinti e suggestioni a vasi comunicanti difficilmente descrivibili perché intangibili. Un’immagine si genera dall’altra e alla fine diventa qualcos’altro. E quel qualcos’altro diviene altro ancora e ancora. Non si può fare a meno di rimanere incantati da questo percorso che anela all’infinito. Troveremo Zelinda anziana sul letto di morte, che ricorda. E i ricordi non hanno un inizio o una fine, ma allo stesso tempo non portano da nessuna parte: come i sogni o gli incubi dalla quale ci si risveglia prima poi. A volte è necessario mettere la parola fine. Ma è una fine per davvero?

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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