Il 2018 è stato proclamato Anno nazionale del cibo italiano. A renderlo ufficiale sono stati i Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e dei beni culturali e del turismo, attraverso i ministri Dario Franceschini e Maurizio Martina, che l’hanno dedicato allo chef Gualtiero Marchesi.
Ciò significa che per tutto l’anno si svolgeranno manifestazioni, iniziative, eventi legati alla cultura e alla tradizione enogastronomica italiana.
Ma l’Anno nazionale del cibo italiano non è solo questo.
Il significato dell’Anno nazionale del cibo italiano
Ufficialmente, questa proclamazione punta sulla valorizzazione dei riconoscimenti Unesco legati al cibo: la Dieta Mediterranea, la vite di Pantelleria, i paesaggi delle Langhe Roero e Monferrato, Parma come città creativa della gastronomia, l’Arte del pizzaiuolo napoletano iscritta di recente.
Sarà inoltre l’occasione per sostenere la candidatura già avviata del Prosecco a diventare patrimonio dell’umanità, e per sostenere la nuova legata all’Amatriciana.
Soprattutto, però, l’Anno nazionale del cibo italiano rappresenta un’occasione da non sprecare per evidenziare la sostenibilità della dieta mediterranea. Come si può leggere sul sito della Fondazione Dieta Mediterranea, l’alimentazione tradizionale dell’Italia e dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo è salutare sia per le persone, sia per l’ambiente.
In particolare, «si stima in media che per ottenere 100 calorie, la dieta mediterranea provoca un impatto ambientale di circa il 60 % inferiore rispetto a una alimentazione di tipo nordeuropeo o nordamericano, basata in misura maggiore su carni e grassi animali, piuttosto che su vegetali e cereali».
La sostenibilità ambientale della dieta mediterranea
Com’è noto, la dieta mediterranea prevede un cospicuo consumo di frutta, ortaggi, legumi, cereali e verdura la cui produzione è strettamente legata all’impiego di risorse naturali, come il suolo e l’acqua.
Ciò determina un carico di emissioni di gas serra molto minore rispetto a un modello alimentare basato sul consumo di carne.
Oltre a questo, la dieta mediterranea prevede esclusivamente prodotti di stagione, che significa:
- riduzione delle coltivazioni in serra
- riduzione dei costi di trasporto per l’importazione.
Infine, la dieta mediterranea rispetta il territorio e la biodiversità, perché le semine avvengono a rotazione, proprio per determinare la rotazione delle colture e dunque garantire la sicurezza alimentare.
La sostenibilità sociale
La dieta mediterranea non è solo sostenibile a livello ambientale, ma anche a livello sociale. Questo modello di alimentazione, insieme a un’adeguata attività fisica, aiuta a prevenire malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di tumore (colon retto, mammella, prostata, pancreas, endometrio).
Oltre a tutto questo, è indubbio che chi utilizza questo modello alimentare abbia una maggiore consapevolezza alimentare e un più stretto legame col territorio, che permette una diffusa conoscenza della stagionalità e della biodiversità degli alimenti.
Infine, la dieta mediterranea promuove l’interazione sociale: come?
È risaputo che i lunghi pranzi comuni sono una tradizione centenaria dell’Italia centro-meridionale e di tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Ultimi ma non ultimi: i vantaggi economici
Da tutto quello che si è già detto, va da sé che aderire alle abitudini alimentari della dieta mediterranea significa migliorare il proprio stato di salute.
Una diffusa penetrazione di questo modello alimentare, si tradurrebbe in una diminuzione della spesa sanitaria nazionale.
Se si privilegiassero gli alimenti di stagione, soprattutto cereali, frutta e verdura, si vedrebbe diminuire anche la spesa alimentare mensile delle famiglie.
La diffusione della dieta mediterranea aumenterebbe la richiesta degli alimenti naturali quali frutta, verdura, cereali, olio, vino, ecc. che si tradurrebbe in un aumento dell’occupazione nelle regioni mediterranee.