Carne al supermercato

Quando la carne inquina: intervista all’autore del libro Consumare carne

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Quando la carne inquina: intervista all’autore del libro Consumare carne ultima modifica: 2017-03-16T08:00:09+01:00 da Mariangela Campo
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Consumare carne. Problematiche ambientali, sociali, salutistiche è la tesi di laurea in Sviluppo, Ambiente e Cooperazione con cui Marco Ciot si è laureato presso l’Università di Torino.

Nella tesi, diventata libro, in seguito alla vittoria del premio Laura Conti – ICU 2015 indetto dall’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, si mette in luce il legame tra globalizzazione e consumo internazionale di carne, sancito dal guadagno economico.

Secondo la Fao, tra il 1970 e il 1990, nel mondo, il consumo di carne è cresciuto del 50%. Dagli anni ’90 in poi è rimasto stabile in Occidente, mentre è aumentato in Cina e India, paesi che sperimentano per la prima volta la ricchezza, ma non di tutta la popolazione, solo di una minoranza.

eHabitat ha intervistato l’autore del libro per i suoi lettori.

consumare carne
La copertina del libro Consumare carne (Fonte foto: isprambiente.gov.it)

Secondo quanto si legge nel libro, il consumo di carne è un simbolo di benessere e ricchezza. Puoi spiegarci meglio questo concetto?

Il consumo di carne come simbolo ha subito molte variazioni nel tempo. Migliaia di anni fa, prima della venuta di Cristo, il toro e la vacca erano simboli di potenza e fertilità.

Con il mescolarsi delle culture che li divinizzavano con popolazioni nomadi e bellicose, il ruolo simbolico dei bovini mutò drasticamente: divennero meri simboli di ricchezza economica. Questa situazione durò molto tempo.

Con l’industrializzazione la carne diventò, da simbolo di ricchezza, mera merce molto redditizia per chi la produceva e la commercializzava. Era un bene ormai alla portata di tutti: man mano che ne aumentava la disponibilità, ne diminuiva progressivamente la qualità.

Allo stesso tempo, la carne dei fast food, la grigliata domenicale, diventarono il simbolo del benessere, dello status symbol (soprattutto USA).

Questo modello è stato (ed è) talmente pervasivo e potente, da modificare abitudini alimentari di culture molto diverse da quella occidentale. La Cina e l’India ne sono un esempio: nazioni che fino a 40 anni fa non consumavano carne, oggi lo fanno.

Il mercato globale ha diffuso le diete occidentali, considerate esemplari di una “società di successo” e quindi emulate in tutto il mondo. Oggi Cina e India sono gli stati con indice di consumo di carne in continua crescita.

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agricoltura intensiva (Fonte foto: Expo2015.org)

Il mercato globale ha consentito la crescita di pochi, coloro che hanno i capitali da investire, e costringe molti altri alla fame e alla povertà: pensiamo alle centinaia di ettari di terreno utilizzati nel Sud del mondo per la coltivazione intensiva del mais, cibo per gli innumerevoli bovini allevati per poi finire sulle tavole di milioni di cittadini occidentali.

Quello che non tutti sanno è che le monocolture, come appunto quelle di mais, rendono l’ecosistema meno resiliente, cioè meno adatto a ristabilire l’equilibrio ecologico esistente prima di quella determinata coltivazione.

Oltretutto, per coltivare queste ingenti quantità di cereali e soia, è indispensabile fare un uso indiscriminato di pesticidi ed erbicidi, che hanno un effetto devastante sugli ecosistemi e sul cambiamento climatico.

In altre parole, significa che giganteschi territori diventano sterili, non permettendo più alle popolazioni locali di coltivare i cereali utili alla loro sopravvivenza.

Le terre utilizzate per coltivare mangimi e quelle destinate all’allevamento intensivo utilizzano l’80% delle terre agricole del pianeta, mentre quelle destinate alla coltivazione di cibo per l’uomo occupano solo l’8% delle stesse terre.

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allevamento intensivo (Fonte foto: litigate.it)

Che opinione ti sei fatto riguardo agli allevamenti intensivi?

Gli allevamenti intensivi rappresentano la risposta del mercato ad una domanda, nel pieno rispetto del dogma: “realizzare massimo profitto al minimo costo nel minimo tempo”.

Il mercato alimentare rappresenta uno degli aspetti in assoluto più inquinanti e nocivi della nostra contemporaneità, soprattutto perché comprare cibo è la pratica economico-sociale che lega più strettamente la società alla natura, e quindi alle conseguenze sugli ecosistemi.

La nostra abitudine di avere tutto e subito, l’emulazione dello stile di vista occidentale da parte di culture che prima della globalizzazione si alimentavano in maniera diversa, hanno portato produzione e consumo – di qualsiasi bene, non solo della carne- a livelli mai visti prima.

Con l’accelerazione del commercio e delle notizie, resa possibile da internet, tutto diventerà ancora più veloce e, a mio personalissimo parere, incontrollabile.

A differenza del passato, però, oggi abbiamo conoscenze e soprattutto possibilità per dare un diverso percorso al futuro: partire dal nostro carrello della spesa potrebbe essere un passo importante per questo piccolo ma grande cambiamento.

Marco Ciot
Marco Ciot

La maggior parte delle persone non conosce il processo per cui si può acquistare carne a basso prezzo nei supermercati. Cosa si può fare, secondo te, per rendere le persone più consapevoli?

Ricercare, scrivere, comunicare il più possibile informazione obiettiva e fruibile ad un ampio pubblico, senza scadere nella denuncia spiccia fine a se stessa, o peggio ancora in qualche tipo di estremismo.

Soprattutto, queste problematiche dovrebbero essere presentate ai più giovani attraverso canali scolastici.

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cambiamento climatico (Fonte foto: barillaCFN)

A gran parte della popolazione adulta non interessa che cosa accadrà al pianeta e alle generazioni future quando non ci sarà più: secondo la tua opinione, perché c’è questa indifferenza?

Credo che l’indifferenza derivi dall’inconcepibilità morale del cambiamento climatico come fenomeno.

Il cambiamento climatico provocato dall’azione antropica sta incrinando l’equilibrio climatico globale. Il clima, si agisca o meno per arginare il fenomeno, ristabilirà un suo equilibrio a condizioni differenti da quelle che conosciamo.

L’ordine temporale del lungo periodo va ben oltre alle nostre vite ed è forse troppo grande. Il cambiamento climatico non è percepito come una vera e propria minaccia, almeno non nell’arco della nostra esistenzaEd è questa la chiave del problema: la chiave dell’inazione, secondo me.

Purtroppo, molti effetti del cambiamento climatico si stanno palesando in diverse aree del pianeta già ai giorni nostri.

Le aree colpite, però, si trovano per lo più lontano da quelle potenze economiche e politiche che muovono i fili dell’economia, della finanza e della politica globali. Finché il cambiamento climatico non colpirà seriamente i paesi ricchi, credo che poco verrà veramente messo in atto, almeno a livello istituzionale.

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Classe 1981, siciliana di origini e lombarda di adozione. È giornalista pubblicista, scrive per diverse testate online, svolge dei laboratori di giornalismo digitale nelle scuole medie ed elementari. Ha due bambini che le hanno insegnato a vivere green e a voler diffondere le buone pratiche della sostenibilità ovunque, soprattutto attraverso la scrittura. Ha studiato lettere, specializzandosi in scienze linguistiche italiane, perché è sempre stata convinta che solo imparando a parlare e a scrivere correttamente si possono diffondere messaggi che non si fraintendano. Ama leggere storie ai suoi figli e scovare sempre nuovi libri.

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