Oggi 8 giugno si celebra la Giornata mondiale degli Oceani (World Oceans Day) e la mente visualizza subito «sabbia a perdita d’occhio e il mare benedetto dal vento che sempre soffia da nord. Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta», per dirla con le parole dello scrittore Alessandro Baricco, nel suo romanzo Oceano mare.
Ma le emozioni suscitate nella mente dal pensiero del mare non rispecchiano la realtà, dove «basta il barlume di un uomo a ferire il riposo di ciò che sarebbe a un attimo dal diventare verità e invece immediatamente torna a essere attesa e domanda».
Già, perché se consideriamo che il 97% di tutta l’acqua presente sulla Terra è contenuta negli oceani, e che ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare (dati dal Forum economico mondiale 2016, Davos, Svizzera) inquinandola e danneggiando le biodiversità marine, si rende evidente l’incoerenza tra immaginazione e agire umani.
Secondo gli studiosi, entro il 2050, gli oceani conterranno più plastica che pesci in termini di peso.
Il significato della Giornata mondiale degli Oceani
La Giornata mondiale degli Oceani 2017, il cui tema è “I nostri oceani, il nostro futuro”, viene celebrata in tutto il mondo per sensibilizzare le persone alla conservazione di mari e oceani, senza i quali non ci sarebbe la vita, la quale dovrebbe basarsi su un uso sostenibile e corretto delle risorse marine e sulla creazione di una rete internazionale di aree protette per garantire la conservazione degli habitat marini e di tutte le specie animali.
Il World Oceans Day vuole essere anche un invito ad agire insieme per la conservazione degli oceani tutto l’anno, attraverso azioni ed eventi di sensibilizzazione sul tema.
L’Onu, per esempio, ha lanciato la campagna internazionale “Clean Seas” (hashtag #CleanSeas), cui ha aderito anche l’Italia, la quale si pone come obiettivo la completa eliminazione, entro il 2022, delle più grandi fonti di inquinamento plastico marino: non solo bottiglie, buste e giocattoli, ma anche microplastiche.
Che cosa sono le microplastiche?
Oltre il 90% della plastica che invade gli oceani è microplastica: si tratta di minuscoli frammenti grandi meno di 5 mm che si utilizzano sia nei cosmetici, sia nei prodotti per l’igiene personale.
Le microplastiche, però, possono prodursi anche dalla rottura in pezzi piccolissimi di rifiuti più grandi. Queste non si vedono a occhio nudo, ma gli studiosi ne hanno trovata traccia persino in Artide e Antartide.
Sono state trovate all’interno di rocce, ghiacciai, nei fondali marini e all’interno dello stomaco di diversi animali acquatici.
Secondo i dati diffusi da Greenpeace negli oceani si trovano da 5mila a 50mila miliardi di microplastiche.
Cosa si può fare?
Durante il Forum economico mondiale 2016 tenutosi a Davos, in Svizzera, le grandi potenze hanno trovato il nodo del problema: la maggior parte degli imballaggi di plastica è utilizzata solo una volta.
Oltre a provocare una diffusione tragica della plastica nei sistemi naturali come gli oceani, questo tipo di utilizzo causa anche una perdita economica pari a circa 80 miliardi di dollari ogni anno.
Una delle possibili soluzioni discusse è stata quella dell’economia circolare, cioè di un’economia che preveda percorsi efficaci di riutilizzo delle materie plastiche usate negli imballaggi, oltre a trovare valide alternative al greggio e al gas naturale come materia prima della produzione di plastica.
Tuttavia, la questione è aperta e complicata: dopo l’annuncio di Donald Trump del ritiro degli USA dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e sull’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030, non si capisce come i governi continueranno a lavorare per la salvaguardia del Pianeta, dei mari e degli oceani, tanto più che Trump ha sempre visto di buon occhio l’appoggio alle industrie petrolifere e i suoi sostenitori continuano a ripetere che i problemi ambientali non li riguardano.
Ricordandoci sempre che la Terra, la Natura e gli Oceani ci sopravvivranno, nel nostro piccolo, possiamo attuare queste tre azioni, tramandandole ai più giovani: riduciamo, riusiamo, ricicliamo.