Nell’altipiano poirinese alle porte del Roero, grazie al lavoro paziente e certosino di un gruppo di volontari sta succedendo qualcosa di straordinario: c’è un bosco che cresce. E’ l’Oasi di Costa Suragni. L’iniziativa nasce nel lontano 1992 quando un gruppo di soci di Pronatura decide di realizzare un’area protetta su terreni disboscati, sfruttati, e poi abbandonati dall’agricoltura. Prende vita con questo intento l’associazione “l’Arca del Re Cit” in piemontese “l’Arca dello scricciolo”, un uccellino tipico della zona.
Pietro Gallo, presidente dell’associazione, ci racconta com’è andata: “I contadini con gli anni sono diventati anziani e i nipoti hanno scelto altre strade, quei terreni erano rimasti spelacchiati e inutilizzati, così abbiamo deciso di tentare. Siamo partiti comprando un ettaro di terreno nel ’94, finanziato con la vendita di lattine di alluminio e della carta di giornale che andavamo a raccogliere, ora gli ettari sono 7 e le piante messe a dimora sono oltre 4.000, tra piante ad alto fusto e siepi.”
Non solo alberi. Ovviamente la natura fa il suo corso e, con il bosco, gli animali hanno cominciato a ripopolare la zona: ricci, bisce, rane e tantissimi uccelli che generano il canto che sentirete se deciderete di avventurarvi “nell’arca”. All’interno dell’Oasi di Costa Suragni è stato realizzato, infatti, un sentiero natura, adatto per piacevoli passeggiate in mezzo al bosco ma anche per attività didattiche con la guida di biologi e agronomi esperti. Si possono anche gustare varietà antiche di frutta piemontese “all’interno dell’Oasi c’era una zona dove passano i vecchi fili elettrici della centrale – racconta Pietro Gallo – infrastruttura perfetta per far crescere un frutteto. Siamo andati a cercare varietà che oggi sono andate in disuso come la “Rus Giambun”, la “Ranzè”, la “Pum Marcun”, la “Muretti”, la “Tumin”, anche per lasciare una testimonianza alle generazioni future. Dal ’98 ad oggi le piante sono cresciute e aumentate molto, ora abbiamo anche i ciliegi, e la frutta è a disposizione degli animali e di chi la vuole andare a raccogliere”.
Per collaborare è possibile adottare un albero e intestarlo a un neonato o a qualsiasi cosa si voglia, oppure adottare l’intero bosco andando a fare manutenzione, o ancora partecipare alle attività dell’associazione che servono a finanziare il progetto, come spiega il Presidente “le tessere associative e le gite escursionistiche ci aiutano a far fronte alle spese di manutenzione e ci danno un po’ di liquidità per comprare nuovi terreni e nuove piante ma resta essenziale il lavoro che i soci settimanalmente, a rotazione, praticano sul campo“. Per chi fosse interessato il calendario delle attività è molto ricco, ce n’è per tutti i gusti, dalla gita enogastronomica in giornata, alla settimana bianca in inverno, e quella verde in estate.
Un esempio, questo, di recupero del territorio e protezione dell’ambiente che ricorda la storia di Elzéard Bouffier raccontata da Jean Giono ne “L’uomo che piantava gli alberi”, la missione di un pastore che in circa 40 anni coltivò una foresta di 11 km che ha ripopolato un paese abbandonato, riattivato vecchi corsi d’acqua e risollevato un territorio dal degrado. Siete un po’ curiosi? Andate a vedere coi vostri occhi… non dimenticatevi di tornare però!