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Uccidere la Natura, perché l’ecocidio è una questione che riguarda tutti

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Uccidere la Natura, perché l’ecocidio è una questione che riguarda tutti ultima modifica: 2025-07-31T00:08:39+02:00 da Davide Mazzocco
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Uccidere la Natura di Stefania Divertito racconta le battaglie combattute per la salvaguardia degli ecosistemi, sfidando l’idea di progresso fondata su predazione e inquinamento dell’ambiente

Stefania Divertito è una delle firme più autorevoli del giornalismo ambientale italiano. Uccidere la Natura, pubblicato da Il Saggiatore, è la summa di oltre due decenni di lavoro svolto dalla parte dei più deboli, in territori martoriati dall’industria, talvolta con la connivenza della politica che dovrebbe proteggere i propri cittadini.

Alla base del testo – strutturato in quattro sezioni, tante quanti sono gli elementi fondamentali per la vita – vi è il concetto di ecocidio ovverosia qualsiasi atto commesso “con la consapevolezza che vi sia un’elevata probabilità di causare danni gravi, estesi o duraturi, agli ecosistemi”. Questo tipo di reato “è qualcosa che prescinde dal danno alla nostra salute, perché al centro c’è quello ambientale, che viene elevato a disastro internazionale e imperituro. Un atto commesso oggi potrà mostrare il suo volto oscuro nell’aria, nella terra, nell’acqua che le future generazioni riceveranno in eredità”.

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L’origine del concetto di ecocidio

Il primo a utilizzare questo termine fu il biologo e bioeticista Arthur W. Galston quando si accorse che le sue ricerche scientifiche erano state sfruttate dall’esercito statunitense per sviluppare l’Agent Orange, arma chimica utilizzata come defoliante durante la guerra del Vietnam. Già nel 1970, nel corso di una conferenza tenutasi a Washington, Galston propose le Nazioni Unite come organismo deputato alla formulazione di una proposta legislativa sull’ecocidio.

Sono passati 55 anni da quel giorno e le corporation hanno continuato a inquinare fiumi, laghi, mari e terreni. Gli incidenti di Chernobyl, Bhopal e Fukushima, lo sversamento di greggio nel Golfo del Messico e le deforestazioni in Amazzonia non sono che gli esempi più noti della tendenza all’autodistruzione che ha caratterizzato l’attività umana negli ultimi 75 anni.

In una congiuntura socio-economica incapace di guardare al domani, in cui esiste solamente la legge del presente e qualsiasi ambiente è una risorsa dalla quale estrarre profitti, migliaia di persone si stanno battendo in giro per il mondo perché stati e multinazionali possano essere chiamati a giudizio per i danni perpetrati agli ecosistemi e, di conseguenza, a tutte le persone che di queste alterazioni ecosistemiche sono vittime.

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Il lato oscuro del progresso

“L’inferno arriva sempre con un paio di uomini vestiti in giacca e cravatta” spiega Divertito,  sottolineando come il disastro ecologico esordisca sempre con promesse di progresso, occupazione e ricchezza. Purtroppo, in giro per il mondo, miliardi di persone vivono sulla loro pelle le conseguenze di queste menzogne.

Dai campi del Mugello resi aridi dai lavori per i tunnel transappenninici della TAV alle terre avvelenate dagli oltre 320mila ordigni esplosi nei primi due anni di conflitto in Ucraina, dalle invisibili scorribande del deep sea mining  agli smaltimenti illegali di rifiuti nella Terra dei Fuochi, dalle deforestazioni in Amazzonia al corexit con il quale BP ha annichilito la vita marina di una porzione del Golfo del Messico dopo l’incidente della Deepwater Horizon, la lista degli ecocidi citati da Divertito è lunghissima.

L’approvazione della legge 68, detta “ecoreati”, ha fatto dell’Italia uno dei modelli a livello continentale e globale nel contrasto ai crimini contro l’ambiente. Nell’ultimo decennio è stata applicata migliaia di volte, 600 nel solo 2023. La maggior parte dei crimini ambientali, però, non è circoscrivibile a confini nazionali ed è quindi necessaria una legislazione internazionale che garantisca la tutela degli ecosistemi.

Gli ecocidi provocati per il profitto di pochi hanno conseguenze globali per tutti. L’inquinamento atmosferico fa oltre 300mila vittime all’anno in Europa, ma le sue conseguenze economiche vanno ben oltre la semplice spesa sanitaria; in India, nel 2019, ha causato perdite economiche per 95miliardi di dollari dovute principalmente alla diminuzione della produttività, all’aumento delle assenze dal lavoro e ai decessi prematuri.

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Uno degli aspetti più paradossali è che oggi sono le multinazionali che inquinano a protestare contro le leggi europee frutto, secondo loro, di un “livore ideologico” che rallenta il progresso. Queste multinazionali  “non vedono la realtà, non leggono i dati, non consultano le statistiche. Professano una verità acritica, quella della loro categoria, e la portano avanti nonostante la scienza dimostri, ogni giorno, che si sono trasformati nei violinisti del Titanic”.

È necessario continuare a far circolare le informazioni, sorvegliare l’attività dei potentati economici e monitorarne le conseguenze ambientali. Libri come Uccidere la Natura sono un importante contributo nell’ottica della rivoluzione auspicata nelle ultime righe del testo con le parole della giurista Mireille Delmas Marty: È arrivato il momento di trasformare la relazioni di dominio in una relazione di interdipendenza tra l’umano e tutto quanto non fa parte dell’uomo in senso  stretto”.

[Foto @Pixabay]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Materia Rinnovabile, La Revue Dessinée, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia", "Prime" e "Riconquistare il tempo".

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