Oceano di Steve Mentz, edito da Wetlands, è un libro che pone l’accento sulla centralità del mare nella vita degli esseri umani
Oceano di Steve Mentz, è un libro difficile da catalogare, in bilico com’è fra saggio letterario, analisi delle dinamiche socio-economiche e opera filosofica che sconfina nelle scienze naturali. Sin dalle prime pagine Mentz ci introduce alla costellazione di pensiero di cui il suo lavoro fa parte, le Blue Humanities che propongono un ripensamento del nostro linguaggio “terrestre”: “la maggior parte della superficie della Terra è costituita da acqua. Le nostre metafore devono galleggiare sull’acqua piuttosto che poggiare sul suolo”. Il 70% del nostro Pianeta è ricoperto dall’acqua? Coerentemente con questo numero sarebbe più giusto chiamarlo Oceano piuttosto che Terra. Mentz propone due tesi sull’origine dell’acqua sulla Terra: l’ipotesi Alien (una cometa di ghiaccio che ha attraversato lo spazio per schiantarsi sulle rocce sterili) oppure l’ipotesi Core (le acque sarebbero rimaste intrappolate nel nucleo del Pianeta in formazione per poi fuoriuscire in un secondo tempo).
Dalla dipendenza dall’acqua delle comunità preistoriche alla politica industriale che ha depredato le risorse marine nel XX e XXI secolo, la narrazione di Mentz affronta l’importanza del mare nei rituali religiosi e nei miti, per poi dedicarsi alle urgenze del reale, dall’acidificazione delle acque marine al riscaldamento globale.
Uno dei dati più sbalorditivi contenuti in Oceano è quello che riguarda la popolazione globale: l’80% della popolazione umana vive in un raggio di 100 chilometri dal mare: “Abbiamo avuto bisogno del mare fin dalla preistoria. Le acque salate forniscono cibo e possibilità di trasporto. Servono come confini e luoghi sacri. Nonostante il fascino simbolico di deserti e montagne, non c’è storia umana senza il mare”.
Secondo lo storico John Gillis, autore di The Human Shore, “l’accesso alle risorse del mare, e di conseguenza agli acidi grassi contenuti nei pesci e nei molluschi, ha contribuito a un’accelerazione dello sviluppo cerebrale prima che gli esseri umani lasciassero l’Africa 50.000 anni fa. Con l’aiuto di questo cervello, l’homo sapiens ha colonizzato il mondo, soppiantando altre specie umane come il Neanderthal e cacciando la megafauna fino a portarla all’estinzione”. A riprova di questa tesi recenti studi dimostrano come solo i delfini e altri mammiferi marini che hanno accesso alle risorse del mare possono vantare un rapporto dimensionale cervello/corpo simile a quello umano.
Dalle colonizzazioni del XV secolo all’ipercinesi del neoliberismo contemporaneo è sul mare che si muovono le merci e si costruisce la globalizzazione. Vettore di economie, l’oceano è anche lo spazio nel quale l’umanità ha collocato le proprie storie. Mentz, professore di letteratura inglese alla St. John’s University di New York, sceglie le più rappresentative: l’Odissea di Omero, le Lusiadi di Luís Vaz de Camões, Moby Dick di Herman Melville, Lord Jim di Joseph Conrad, le poesie dedicate al mare di Emily Dickinson.
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L’ideale confluenza fra l’anima letteraria e quella saggistica di questo prezioso libro portato in Italia da Wetlands, con la traduzione di Luca Cosentino, è il capitolo dedicato a Rachel Carson, la biologa marina che ha elevato i suoi scritti sul mare a letteratura e ha capito, con decenni di anticipo, l’impatto che le reti a strascico della pesca industriale avrebbero avuto sulla vita dei mari.
Oceano è una lettura consigliata a tutti, anche a coloro, per citare un nostro poeta, “della razza di chi rimane a terra”.
