Atlante dell'Antropocene

Giornata Mondiale del Libro 2021, perché l’Atlante dell’Antropocene è il testo migliore che potete leggere oggi

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Giornata Mondiale del Libro 2021, perché l’Atlante dell’Antropocene è il testo migliore che potete leggere oggi ultima modifica: 2021-04-23T00:01:40+02:00 da Davide Mazzocco
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Atlante dell’Antropocene, il libro che propone sette percorsi che consentono ai lettori di conoscere le interconnessioni fra le cause e le conseguenze delle attuali crisi ecologiche e socioeconomiche. Il miglior libro che possiate leggere oggi nella Giornata mondiale del libro

François Gemenne, Aleksandar Rankovic e l’Atelier de cartographie de Sciences Po hanno realizzato l’Atlante dell’Antropocene, un testo che si propone come il supporto ideale per chiunque voglia approfondire le proprie conoscenze sulle crisi ambientali in atto.

Una delle cose che si imparano studiando i meccanismi delle crisi che si sovrappongono nel nostro complicato presente è che un testo è tanto più efficace quanto più riesce a creare connessioni fra i dati e i fatti, fra i luoghi e i fenomeni, riuscendo a spiegare con chiarezza la complessità del reale. Nella Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’autore, noi di eHabitat non potremmo consigliarvi un testo migliore.

Apparentemente, l’Atlante edito da Mimesis e inserito nella collana Katastrophé diretta da Luca Mercalli sembra essere simile alle migliaia di testi che lo hanno preceduto, quelli che ci hanno fatto innamorare della geografia e su cui abbiamo imparato a conoscere il nostro Pianeta. Una volta che si inizia a leggere e si consultano mappe e grafici, però, si prende coscienza del fatto che la crisi degli Stati-Nazione, il surriscaldamento globale, i cambiamenti climatici e la perdita della biodiversità rendono anacronistico il racconto di un mondo fatto di confini. Fra i tanti errori che stanno facendo galoppare i nostri ecosistemi verso molteplici punti di non ritorno vi è, senza dubbio, il vizio di forma di pensare in termini locali a problemi globali. L’altro errore è pensare che le questioni ambientali possano essere risolte esclusivamente con soluzioni ambientali e non intervenendo a livelli sistemici.

Ciò che fa la differenza fra questo testo e altri libri che vi abbiamo recensito in passato è proprio la capacità di proporre una sintesi interdisciplinare che mette insieme geopolitica, economia, demografia, sociologia, biologia, chimica, antropologia, facendo un sapiente uso del testo, delle mappe e delle infografiche. In perfetto equilibrio fra scienze naturali e scienze sociali, l’Atlante dell’Antropocene propone sette percorsi che consentono ai lettori di conoscere le interconnessioni fra le cause e le conseguenze delle attuali crisi ecologiche e socioeconomiche.

Nella prima parte del libro viene definito il concetto stesso di Antropocene, ovverosia il termine proposto da Paul Crutzen nel 2000 per definire l’era geologica nella quale l’attività umana è riuscita, attraverso modifiche territoriali, strutturali e climatiche, a incidere sui processi geologici. In questo capitolo abbondano i grafici “a mazza da golf” che mostrano gli aumenti esponenziali della maggior parte degli indicatori ecologici (perdita della foresta tropicale, degrado della biosfera terrestre, acidificazione degli oceani, ciclo del carbone, pesca, ecc ecc…) e socioeconomici (popolazione urbana, utilizzo delle risorse idriche, turismo internazionale, consumo di fertilizzanti, telecomunicazioni, ecc ecc…) a suffragio della definizione proposta da Crutzen.

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La seconda parte è dedicata al buco dell’ozono, fenomeno che rappresenta il primo tentativo di gestione internazionale di un problema ambientale. La terza parte affronta la questione del cambiamento climatico, con una rassegna delle sue conseguenze più evidenti: dal surriscaldamento globale alla fusione dei ghiacci, dall’innalzamento del livello del mare all’acidificazione degli oceani, dalle guerre climatiche alle sfide sanitarie.

La salute del Pianeta e dei suoi abitanti dipende dalla biodiversità, un argomento che è stato messo spesso in secondo piano, ma che negli ultimi anni – anche a causa della pandemia di Covid 19 – sembra ritrovare spazio nel dibattito pubblico. La quarta parte del libro indaga la pressione che gli esseri umani stanno esercitando sugli ecosistemi, dalle foreste agli oceani, innescando dei feed back estremamente dannosi per le stesse attività che li generano, pensiamo per esempio alla mancata impollinazione causata dall’utilizzo di pesticidi, alla difficoltà di rinnovamento della popolazione ittica dovuta alla pesca industriale o alle drammatiche conseguenze dello sviluppo di specie invasive.

La quinta parte è dedicata all’inquinamento in tutte le sue declinazioni: la difficoltà nello smaltimento dei rifiuti, la crescente quantità di plastica in mare, la complessità del trattamento delle scorie nucleari, le polveri sottili, le maree nere e le sostanze inquinanti. In questo capitolo gli autori citano i maggiori disastri ambientali provocati dall’industria: dagli incidenti nucleari di Chernobyl (1986) e Fukushima (2011) alla fuoriuscita di diossina di Seveso (1976), dalla nube tossica di Bhopal (1984) all’esplosione dello stabilimento chimico AZF di Tolosa (2001).

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La sesta parte è dedicata alla demografia, alla crescita della popolazione globale e a come questa si scontra con la limitatezza delle risorse. Il settimo e ultimo capitolo prende in esame le politiche dell’Antropocene, il ruolo che la diplomazia internazionale, le organizzazioni non governative, i centri di ricerca scientifica, le lobby delle energie fossili, i negazionisti e i partiti Verdi hanno nel dibattito sulla salvaguardia del Pianeta.

Nella postfazione l’antropologo Bruno Latour invita a ribaltare con coraggio la prospettiva, trasformando la criticità in un’opportunità: “Il grande vantaggio di trovarsi dinnanzi all’Antropocene è che non si ha più a che fare con un problema naturale, davanti al quale saremmo senza forza e senza risorse, ma siamo davanti a decisioni sociali alle quali possiamo tranquillamente opporci”.

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Latour invita a riflettere sulle storture della globalizzazione e su una nuova concezione del regime climatico: “Oggi, all’inizio del XXI secolo, il Paese in cui ogni lettore e ogni lettrice si sente cittadino, e il terreno, la terra, il territorio dal quale ciascun lettore trae la propria ricchezza sono infinitamente lontani l’uno dall’altro. Leggere un Atlante dell’Antropocene vuol dire rendersi conto dell’abisso che separa il mondo in cui viviamo, in maniera più o meno confortevole, e quello dal quale dipendiamo e con il quale bisogna, in un modo o nell’altro, conciliarsi”. Anche per questa ragione, non c’è titolo più adatto per la Giornata Mondiale del Libro.

[Foto Pixabay]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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