Gunda – A TFF38 gli animali ci guardano e noi guardiamo loro

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Gunda – A TFF38 gli animali ci guardano e noi guardiamo loro ultima modifica: 2020-12-06T08:00:51+01:00 da Emanuel Trotto
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Gunda il film del regista Victor Kossakovsky e  prodotto da Joaquin Phoenix è uno sguardo ravvicinato alla resilienza e alla sensibilità animale

Gunda, film documentario del 2020, si apre con la prima fotografia della storia che è ad opera di Joseph Nicéphore Niépce che, nel 1826, è stata chiamata Vista alla finestra di Le Gras. Niépce viene considerato fra i fondatori della fotografia (anche se brevetti ed esperimenti risalgono già ai principi del XIX secolo). Egli, a partire dal 1814, si preoccupava di riprodurre incisioni preesistenti, a cui sono seguiti vari tentativi di fissazione dell’immagine positiva permanente.Vista è stato il frutto di una esposizione ai reagenti per oltre otto ore. L’immagine è alquanto vaga, soprattutto con il passare del tempo. Ma quello che conta è il risultato. Ovvero l’inizio per una nuova visione del mondo. Che avrebbe rivoluzionato sia le arti figurative, che fonte di nuove forme artistiche. Fra le quali, appunto il cinema.

Con questa immagine, il regista Victor Kossakovsky, ha deciso di iniziare il suo ultimo lavoro, Gunda. Il film è stato presentato nella sezione Fuori Concorso nella categoria TFFDoc al da poco conclusosi 38° Torino Film Festival.

Il regista di Gunda e Aquarela, Victor Kossakovsky.

Gunda arriva al Torino Film Festival dopo essere stato presentato al 70° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Si tratta del tassello più recente  di un percorso che, dal 2016, il Torino Film Festival, sta percorrendo per indagare il rapporto uomo – animale. Una delle tappe è stata, fra le altre, la creazione di una vera e propria sezione nel 2017 chiamata Non Umano.

Victor Kossakovsky ci aveva lasciato con il suo ultimo lungometraggio, Aquarela (presentato a Venezia75 Fuori Concorso) con un racconto barocco. Una esperienza epica e d’immersione nella potenza dell’acqua. Avevamo cattedrali di ghiaccio che si staccavano dalle calotte e crollavano con uno schianto. Avevamo onde immense come palazzi che precipitavano inesorabilmente. Il silenzio era spesso interrotto da riff di basso che rendevano ancor di più la potenza di quello che vedevamo. Un’opera tanto barocca e visionaria quanto Gunda lavora di sottrazione.

Aquarela – La potenza e la bellezza dell’acqua sono sbarcate al Lido

Gunda vanta, fra i produttori esecutivi, il Premio Oscar Joaquin Phoenix. L’attore, vegano dall’età di tre anni, è un paladino per le cause dei diritti degli animali. Ha partecipato a campagne di consapevolezza nei confronti del colosso Walmart circa il maltrattamento di maiali d’allevamento. Proprio per questo motivo Kossakovsky e i produttori di Gunda hanno ricercato il suo sostegno per realizzare il progetto. Un progetto che Kossakovksy aveva in mente da quando ha iniziato a fare cinema.

La protagonista, Gunda, con uno dei piccoli.

Quindi un principio ideologico e pratico. Il regista utilizza la prima foto, la prima impressione ufficiale di un’immagine. Ci appone sopra il suo nome, prima di entrare nel vivo del racconto. È una vera dichiarazione d’intenti. Un’autentica visione nuova del mondo. Mondo che viene visto da dentro un capanno pieno di paglia. C’è solo una porticina verso l’esterno. A essa è affacciata una scrofa. La macchina da presa si sofferma lungamente su questo muso che si affaccia sul mondo. Dopo di che, uno per volta, dei lattonzoli neonati si arrampicano sul corpo della madre. E iniziano a zampettare man mano che vengono al mondo. Gunda è il nome di questa scrofa. Il film racconta, fra le altre, la sua storia e quella dei suoi piccoli.

Le vicende della famiglia di Gunda si srotolano nell’arco di pochi mesi. Anche se sembra essere tutto in un eterno presente. Solo pochi indizi ci fanno percepire lo scorrere del tempo. Assieme ai maiali ci sono dei polli che vengono per la prima volta liberati dalle gabbie in un bosco. Ci sono anche mucche che escono anche loro dai recinti. Per tutti c’è in comune una scoperta verso l’esterno. La scoperta di una nuova e insolita libertà anche se solo apparente. Una libertà delimitata dalle reti metalliche e recinti elettrificati. Una esplorazione del mondo che diviene una silenziosa avventura. Esplicativo è quando Kossakovsky si sofferma su di un pollo privo di una zampa. A ogni salto deve decidere dove andare e bilanciar il corpo prima di muoversi.

Joaquin Phoenix, dietro il sorriso di Joker batte un cuore da attivista per i diritti degli animali

Una scena come questa ci ricorda l’incredibile resilienza della Natura. La capacità di riprendersi e di ripartire. Soprattutto dopo un periodo di crisi come quello attuale. Una situazione così semplice permette di capire quanto la nostra specie è indiscutibilmente fragile. Capace di riprendersi e prendere coscienza di se stessa. O perlomeno ci riesce a costo di notevoli stravolgimenti culturali e intellettivi. Questa forza gli animali la possiedono già dentro di loro. Questi maiali, queste mucche e questi polli presenti in Gunda possiedono questa forza e questa resilienza.

I nostri protagonisti mostrano non solo la loro forza, ma anche la loro spensieratezza. La macchina da presa segue i lattonzoli nel corso della loro crescita mentre corrono liberi nel prato. Oppure mentre, riparandosi dalla pioggia, cercano di raccogliere con la lingua l’acqua che cade. 

Il regista nel corso della conferenza stampa del Festival torinese, ha dichiarato: «Il cinema mostra una storia, ma forse anche no. Mostra cose che decidi di non vedere. Perché sappiamo che gli animali soffrono, ma prendiamo il cappuccino con il latte. Non vogliamo vedere animali capaci di sacrificarsi. Il cinema ci mostra cose che non vogliamo vedere (…) La maggior parte delle informazioni vengono raccolte con gli occhi, grazie all’evoluzione. Capiamo il mondo semplicemente guardandolo. Al cinema non serve un narratore, il cinema è uno strumento di cui ci si può fidare».

La visione dell’obiettivo cinematografico è intima. L’animale non è un Altro estraneo. Lo spettatore si pone invece in questa posizione. Spia i movimenti, le azioni comuni, scorge delle emozioni su quei musi, in quegli occhi. Emozioni che si esprimono in tutta la loro intensità quando i protagonisti si rivolgono verso di noi. Noi scambiamo gli sguardi con loro e loro fanno altrettanto con noi. Loro guardano noi mentre noi li guardiamo. E rimaniamo destabilizzati perché non riusciamo a trovare delle differenze reali che ci distinguono. Noi siamo come loro. Nel bene e nel male.

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Gunda – A TFF38 gli animali ci guardano e noi guardiamo loro ultima modifica: 2020-12-06T08:00:51+01:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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