Point Break, l’ambientalista e l’ambiente lontani dal red carpet

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Point Break, l’ambientalista e l’ambiente lontani dal red carpet ultima modifica: 2016-02-07T08:30:06+01:00 da Emanuel Trotto
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Chi è l’ambientalista secondo Hollywood? Un esaltato pronto a tutto più per farsi vedere che per la causa. Il nuovo Point Break ne è la prova.

Il fatto

In seguito a una tragedia avvenuta nella sua ultima impresa, Johnny Utah abbandona gli sport estremi, di cui era campione. Sette anni dopo, da recluta dell’FBI si trova ad indagare su una banda di rapinatori esperta di sport estremi: sarà lui a scoprire che le loro azioni non sono motivate dal denaro, ma dalla ricerca di un rapporto più completo con la Natura. Attraverso prove al limite del possibile…

Il commento

Se si può dare una definizione del cinema di questi sedici anni zero, li si può definire “gli anni del riciclo”. Infatti, molto più che in passato, si riciclano, si riprendono storie già trattate in film che sono diventati, con il passare del tempo, degli autentici oggetti di culto. Perché, nonostante siano stati realizzati dieci, quindici, venti o trent’anni fa, non hanno mai dato alcun segno del tempo che è passato: sono stati innovativi per la tecnica, per il messaggio trasposto, o semplicemente mostrano lo spaccato di una generazione che in quei fotogrammi si è rispecchiata maggiormente. Sono anni di vita, un pezzo della vita di ciascuno di noi che si ingloba in vicende lontanissime, eppure vicinissime.

Point Break (locandina)
Point Break la locandina

Point Break – Punto di rottura di Katryn Bigelow del 1991 era uno di questi. Era la storia di una banda di surfisti rapinatori con lo sfizio occasionale del paracadutismo. Rappresentava perfettamente una fetta del mondo post-anni Ottanta, quegli anni Novanta che non si erano ancora abbandonati al grunge e al minimalismo, ma che, “vittime” degli eccessi del decennio precedente, cercavano qualcosa di più, qualcosa di eccessivo per potersi sentire vivi. Ed ecco che l’adrenalina diventa una droga, violenza e denaro la moneta per poterla comprare. La sfida della Natura e delle Istituzioni è un simbolo di libertà. Il rapporto fra Johnny Utah (Keanu Reeves) e Bodhi (Patrick Swayze) era un gioco di fascinazione/ repulsione di questo simbolo. Questo lo ha reso un culto da venticinque anni.

Point Break (Clip)
Spettacolare scena fra onde alte trenta metri

Venticinque anni sono troppo distanti per essere “vicini” ai giovani di oggi, si saranno detti a Hollywood, ed ecco che scodellano in men che non si dica il maledetto “remake”, uscito il Italia il 27 di Gennaio, in anteprima gratuita il 18. Del film originale (eccetto i nomi dei protagonisti e qualche citazione ridicola) rimane ben poco, come poco quello che funziona: dai personaggi, alla recitazione, alla storia.

È proprio quest’ultima che fa il suo scivolone più grosso perché viene dato alla gang di rapinatori un movente che poteva essere molto interessante, ma viene sfruttato malissimo. Nei loro colpi non rubano nulla, compiono qua e là degli atti sabotatori che mirano a restituire alla Terra quanto l’Uomo le ha tolto, allo scopo di compiere le “Otto prove di Osakhi”: prove di sport estreme teorizzate dall’eco-guerriero Ono Osaki perché l’uomo entri in comunicazione e onori le forze della Natura. Un autentico sentiero verso l’illuminazione panica dell’uomo con essa.

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Questo presupposto poteva essere molto forte, inedito specie in fatto di “action movies”. Peccato che viene svilito nel corso del film, annullando l’illusione che queste leggendarie prove potessero essere state realmente scritte. Successivamente viene creato un “antagonista” nel nuovo Bodhi (Edgar Ramirez) che è un autentico cliché: un cliché di un’idea portata alle estreme conseguenze. Quello di un ambientalista. Ma un ambientalista esasperato che fa sua la filosofia di un sedicente guru, trova altri che la pensano come lui e si convincono che l’unico modo perché la gente finalmente apra gli occhi e veda è fare gesti eclatanti. Se qualche innocente viene coinvolto, meglio, così il loro gesto verrà notato più facilmente.

È proprio con questa convinzione che, nel cinema hollywoodiano, viene rappresentato l’ecologista, l’animalista, l’ambientalista in genere. Un eccentrico a volte da prendere in giro per via delle sue abitudini e idee, oppure un pazzo, pericoloso per il modo di pensare corrente, da far tacere a qualunque costo. Quanto più lontano ci sia dalla realtà, visto che, di gesti eclatanti in nome dell’ambiente ci sono stati: vivere su una sequoia millenaria perché non venga abbattuta; incatenarsi agli alberi per evitare la deforestazione. Tutti fatti veri, documentati ma per nulla violenti.

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La tendenza del cinema hollywoodiano di esagerare (pure nel recente The Green Inferno di Eli Roth) ha portato a rendere gli ambientalisti dei fanatici più attenti alla visibilità del loro gesto sui social che alla causa per cui dovrebbero combattere. Non c’è indignazione se una miniera produce liquami che inquinano fonti acquifere per chilometri, non c’è la rabbia che un cantiere rischi di distruggere un ecosistema ancora sconosciuto: una motivazione nobile, insomma. I loro gesti sono ancora una volta un gesto dell’egocentrismo e di quel culto di sé e di quello che si fa di questi anni “del riciclo” delle idee. L’ambientalismo, amare l’ambiente, tutelarlo e difenderlo sono ben altra cosa.

 Scheda film

  •  Regia: Ericson Core
  • Soggetto e Sceneggiatura: Kurt Wimmer (da una storia di Rick King, W. Peter Liff)
  • Anno di produzione: 2015
  • Interpreti: Luke Bracey (Johnny Utah), Edgar Ramìrez (Bodhi), Ray Winstone (Angelo Pappas), Teresa Palmer (Samsara “Sam” Dietz), Delroy Lindo (Agente Hall), Max Thierot (Jeff), Nikolai Kinski (Pascal Al Fariq);
  • Durata: 113′
  • Temi: CINEMA, NATURA, RAPPORTO UOMO-AMBIENTE

Il regista

Ericson Core dopo la laurea all’Università della California e un diploma all’Art Center College of Design, comincia la sua carriera come direttore della fotografia di pellicole principalmente action e poliziesche: da Payback- La rivincita di Porter (1999 Brian Helgeland), a Fast and Furious (2001, Rob Cohen) a Daredevil (2003, Mark Steven Johnson) e tanta pubblicità. Il suo primo lavoro da regista sono tre episodi della serie TV In tribunale con Lynn (2000) . Il suo primo film, prodotto dalla Disney, è Imbattibile (2006), biografia del giocatore di football Vincent “Vince” Papale. Point Break è il suo secondo lungometraggio: come con l’esordio, anche di questo ne ha curato la fotografia.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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