Elle Hunt ha condotto su The Guardian un’interessante inchiesta sul divario di genere nelle battaglie per la salvaguardia del Pianeta. Perché la responsabilità sembra ricadere per la maggior parte sulle donne? Esiste un eco gender gap?
Su The Guardian, quotidiano all’avanguardia sulle tematiche ambientali, la giornalista Elle Hunt ha condotto un’articolata inchiesta sul gap di genere nelle battaglie dell’ecologia e nella diffusione delle pratiche a basso impatto ambientale. Hunt è partita da un dato di fatto: dalle shopper riutilizzabili alle coppette mestruali, dalla calzetteria ai contenitori dei cosmetici, la maggior parte dei prodotti ecologici hanno come target le consumatrici.
Un report pubblicato da Mintel nel 2018 dimostra come vi sia un ampio divario di genere per quanto concerne le scelte di acquisto: le donne che provano a consumare più eticamente sono il 71%, mentre gli uomini si fermano al 59%. Il gap non è certo sfuggito agli analisti e la conseguenza sono campagne pubblicitarie e prodotti di consumo in gran parte orientati verso il pubblico femminile.
Nella ricerca emerge in maniera lampante la maggiore tendenza delle donne a essere prosociali, altruiste ed empatiche, a mostrare un’etica di cura più forte e ad assumere una prospettiva orientata al futuro. Questa maggiore propensione verso gli altri e verso la cura si traduce in un impegno più forte e concreto verso la preservazione dell’ambiente. Ciò ha fatto sì che femminilità e cura per l’ambiente siano stati collegati culturalmente e cognitivamente, tanto che un altro studio, pubblicato nel 2019 su Sex Roles ha evidenziato come molti uomini siano poco inclini a portare una borsa della spesa riutilizzabile (o a riutilizzare quella in plastica) oppure a mettere in pratica attività eco-compatibili per la paura di essere percepiti come gay o effeminati. Un dato che conferma quanto emerso in un articolo pubblicato dal Journal of Consumer Research nel 2016, vale a dire che gli uomini sarebbero demotivati nell’adottare comportamenti ecologici e nel compiere scelte di consumo sostenibili per il timore di vedere compromessa la propria identità di genere.

Il capitalismo resta una roccaforte del patriarcato e della misoginia, una fortezza alla quale troppo poche aziende danno l’assalto. Fra queste vi sono Plastic Freedom e Package Free Shop, due popolari rivenditori online a impatto zero. Ebbene, secondo i dati in possesso delle due aziende la clientela che opta per acquisti plastic free e a basso impatto ambientale è composta al 90% da donne!
Puntare sulla sostenibilità può servire a distinguersi in un mercato sovraffollato, ma non può essere una tattica per vendere più prodotti. Perché un’azienda possa dirsi veramente “green” occorre che l’attenzione alla sostenibilità sia estesa a tutti i livelli della propria attività.
In un altro studio pubblicato da Global Environmental Change nel 2019 è emerso come gli uomini, focalizzati su tecnica, scienza e affari, tendano ad “attribuire tratti femminili negativi” agli altri uomini che discutono di questioni sociali sulla base dell’etica e della giustizia ambientale. Rispetto agli uomini, le donne sono più diffidenti nei confronti delle istituzioni e nella capacità di politica, scienza e tecnologia di far fronte alle problematiche ambientali.

Come dimostrano le periodiche campagne denigratorie nei confronti di Greta Thunberg, la misoginia è una componente connaturata alla narrazione negazionista. Oltre alla diciassettenne svedese qual è l’altra figura emergente nella lotta globale alla crisi climatica? La trentenne Alexandria Ocasio-Cortez. Qual è, invece, l’emblema umano del negazionismo? Il boomer bianco di potere come Donald Trump. Impermeabile alle devastanti conseguenze della crisi climatica, il patriarcato sente la minaccia che una nuova presa di coscienza collettiva rappresenta per la società industriale moderna costruita sulla mascolinità.

Ecco, allora, che Thunberg e Ocasio-Cortez diventano obiettivo di campagne denigratorie guidate da anziani conservatori. Ma qualcosa sta cambiando, soprattutto grazie ai movimenti Fridays for Future ed Extinction Rebellion; le giovani generazioni hanno dimostrato di sapersi allineare in maniera compatta e senza alcun divario di genere nella lotta per la giustizia climatica. I cortei e i sit-in che negli ultimi due anni hanno riempito le strade e le piazze del mondo intero e dimostrano come il gap di genere sia molto più sottile. Forse il mondo sta per cambiare, forse la crepa nella fortezza del patriarcato può diventare più ampia.
[Foto Pixabay, Franmarie Metzler (U.S. House Office of Photography) e Davide Mazzocco]
