Secondo la stima di Munich Re il valore assicurato ammonterebbe a 135 miliardi di dollari
I cambiamenti climatici non stanno solamente battendo tutti i record possibili e immaginabili, estremizzando le temperature massime e minime, scatenando tornadi e uragani di intensità sempre maggiori e asciugando i bacini idrici a causa di siccità mai viste, da qualche anno a questa parte il riscaldamento globale sta diventando un costo pesantissimo per tutte quelle economie che entrano in contatto con la forza incontrollabile della natura.
Il conto che la natura ci ha presentato in questo 2017 è salatissimo. Secondo un report pubblicato dalla compagnia assicurativa Munich Re, le perdite economiche causate da calamità naturali ammonterebbero a 330 miliardi di dollari, ma solamente 135 miliardi sarebbero coperti da polizze assicurative e, dunque, rimborsabili.
Soltanto il 2011 ha avuto un bilancio peggiore dell’anno che ci siamo appena messi alle spalle: 354 miliardi di dollari di perdite. Sette anni fa furono il terremoto e lo tsunami in Giappone a far lievitare la cifra delle perdite economiche dovute a calamità naturali. Come è già stato constatato da più parti, più un territorio è attrezzato con strutture e infrastrutture in grado di limitare le vittime, maggiori sono le perdite economiche. Non è una regola assoluta, naturalmente, ma basta confrontare le cifre di due uragani per evidenziare come il rapporto fra perdite umane e perdite economiche sia spesso inversamente proporzionale: il tifone Haiyan del novembre 2013 ha fatto 6329 vittime e danni per 4,55 miliardi di dollari, l’uragano Harvey ha fatto 91 vittime e, sempre secondo le stime di Munich Re, danni per 85 miliardi di dollari.
Non è dunque la maggiore o minore potenza dell’uragano a determinare il numero delle vittime o la quantità di perdite economiche: l’intensità massima di Haiyan è stata di 230 km/h, quella di Harvey di 215 km/h. Le variabili che fanno sì che le conseguenze siano così diverse sono soprattutto la densità della popolazione, la capacità di mettere in atto strategie di evacuazione e messa in sicurezza adeguate e, naturalmente, la complessità di edifici e infrastrutture.
La conferma è proprio nei dati citati in precedenza: i due anni peggiori sono stati il 2011 e il 2017 perché le maggiori calamità si sono abbattute su due Paesi come Giappone e Stati Uniti in cui i costi di edificazione e eventuale ristrutturazione sono più elevati. È economia spicciola, ma molto spesso si tende a pensare il contrario e cioè che il dato delle vittime e quello delle perdite economiche siano correlati, quando non proporzionali.
Anche alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane sulla Costa Atlantica di Stati Uniti e Canada, sembra evidente come i cambiamenti climatici scateneranno fenomeni sempre più estremi, con conseguenze sempre più costose: “Alcuni degli eventi catastrofici, come la serie di tre uragani estremamente dannosi o le gravissime inondazioni nell’Asia meridionale dopo le piogge monsoniche straordinariamente violente, stanno anticipandoci ciò che verrà” ha dichiarato Torsten Jeworrek di Munich Re.
Nel 2017 gli Stati Uniti hanno rappresentato il 50% delle perdite assicurate globali, una cifra superiore al 30% della solita media annua. Le perdite di Harvey sono state stimate in 85 miliardi (30 miliardi con assicurazione), quelle dell’uragano Irma in 67 miliardi di dollari (32 miliardi con assicurazione) e quelle dell’uragano Maria in 63 miliardi di dollari (30 miliardi con assicurazione). Gli incendi che hanno devastato la California hanno causato perdite assicurate per 8 miliardi. Un altro miliardo di perdite economiche è stato causato da temporali, tornadi e grandine.
Nell’Asia Meridionale la stagione dei monsoni è durata quattro settimane più della media facendo 2700 vittime e causando 3,5 miliardi di dollari di perdite totali. La pianura del Terai, in cui risiede metà della popolazione del Nepal, è stata la regione maggiormente colpita da questi eccezionali eventi climatici.
E anche l’Europa non è esente da ingenti perdite economiche: le temperature insolitamente basse nel mese di aprile e le prolungate siccità estive e autunnali hanno causato, anche nel Vecchio Continente, danni per miliardi di dollari.
Il nostro pianeta presenta il conto e solo i negazionisti più radicali possono negare l’evidenza: le conseguenze dei cambiamenti climatici stanno diventando una pesante voce di spesa per qualsiasi Paese, dalle superpotenze agli Stati più fragili e meno preparati ad affrontare le catastrofi naturali.
Grafico: Munich Re | Immagini: Pixabay