Sogni di Akira Kurosawa – I sogni (e gli incubi) fanno vivere meglio

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Sogni di Akira Kurosawa – I sogni (e gli incubi) fanno vivere meglio ultima modifica: 2015-11-08T09:00:46+01:00 da Emanuel Trotto
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Sogni di Akira Kurosawa (1990), nella sua frammentarietà, può vantare il primato di film completamente “onirico”.

Sogni di Akira Kurosawa consta di otto episodi, cinque sogni, tre incubi. Lo spettatore si muove, legato dal racconto della vita di un uomo, in ogni sua tappa: le favole dell’ infanzia; il fantasma della guerra; l’incubo del nucleare, che non porta altro se non distruzione, sia del mondo che dell’essere umani; lo spettro della morte. Ma dopo la fine, può esserci un nuovo inizio, l’amore per la natura e una vita serena senza le follie della quotidianità.

locandina

Il commento

I sogni sono una parte importante nelle nostre esistenze: non sono solo parte dell’inconscio di freudiana memoria, ma qualcosa di più. A volte i sogni raccontano di desideri; spesso, come la notte, portano consiglio. I sogni possono anche raccontare la vita di una persona. A qualcuno piace annotarsi i sogni più vividi, più intensi, gli incubi più dolorosi, perché possono essere utili per affrontare il domani, spesso vincendolo anche solo scarabocchiando un taccuino. Naturalmente le arti, dalla letteratura, alla musica, al teatro non sono rimaste indifferenti al potere dei sogni. Il cinema e i cineasti se ne sono nutriti fino a scoppiare: tanto cinema non si spiegherebbe se non attraverso i contorni del sogno e dell’incubo. Sogni di Akira Kurosawa (1990), nella sua frammentarietà, può vantare il primato di film completamente “onirico”.

Sogni rappresenta l’avvenire di una apocalisse profetizzata, temuta, immaginata: in uno degli episodi del film il monte Fuji erutta, e la distruzione colpisce le grandi centrali nucleari, facendole esplodere, con la conseguenza di tremende ondate radioattive. Gli effetti, come mostra la storia successiva, sono devastanti: gli uomini si trasformano in cannibali mutanti, le specie animali e vegetali si estinguono, le acque diventano specchi di sangue. Questi due episodi fanno correre, rivisti quasi vent’anni dopo, un brivido gelido lungo la schiena allo spettatore che ha assistito al recente disastro della centrale di Fukushima (2011). Questi viene considerato il peggior disastro nucleare dai tempi di Chernobyl con ingenti danni sulla fauna ittica e sulla vegetazione per molti mesi. Non solo, Fukushima ha sollevato discussioni sull’utilizzo dell’energia nucleare in tutto il mondo.

Fuji in rosso

Un fantasma, quello del nucleare, che dai tempi di Hiroshima non ha mai abbandonato il Giappone, paese da sempre preparato alle più gravi catastrofi naturali, qualora esse furono, secoli addietro, la salvezza dell’isola – i kamikaze sono, in origine, i potenti venti marini che hanno fatto desistere molti invasori. La paura e il rispetto reverenziale per la Natura e la sua potenza ha generato una stirpe di mostri in pellicola: Godzilla e il suo raggio fluorescente.

Ma non è solo questo Sogni: è anche la storia di un’infanzia vista mediante un contatto favoloso con la Natura, nella quale si piange il taglio di un bosco di ciliegi; si va a scoprire cosa nasconde una foresta misteriosa. Oppure si auspica un ritorno in età adulta a una nuova infanzia, nella vecchiaia. Questo vuole insegnare l’ultimo, idilliaco episodio nel quale a vivere bene, sostanzialmente, si campa cent’anni. Nelle acque limpide e verdastre di un ruscello di campagna si chiude uno straordinario apologo alla vita e alla spensieratezza. Con esso, pure il film.

Cos’è un film, se non una fabbrica di sogni ad occhi aperti. Era di qualche critico l’affermazione che il cinema funziona come la nostra mente. Quindi anche dei nostri sogni, potremmo aggiungere. E il cinema, come i sogni d’altra parte, ci può insegnare a vivere meglio.

Scheda del film

  • Titolo originale: 夢 Yume
  • Regia, soggetto, sceneggiatura: Akira Kurosawa
  • Anno di produzione: Giappone, 1990
  • Interpreti: Akira Terao (Io), Mitsuko Baisho (la madre), Mieko Harada (la fata), Mitsunori Isaki (adolescente), Mieko Suzuki (sorella di Io), Chosuke Ikariya (demone piangente), Chisu Ryu (vecchio centenario), Martin Scorsese (Vincent Van Gogh)
  • Durata: 120′
  • Temi: CINEMA, NATURA, ENERGIA

Il regista

Akira KurosawaAkira Kurosawa (Tokyo, 1910-1998) discende da una nobile famiglia di samurai. A scuola incomincia a interessarsi al disegno, alla pittura, al teatro, alla scherma giapponese e al golf. La passione per l’arte verrà trasmessa al giovane Akira dal fratello maggiore Heigo. Quest’ultimo è responsabile di alcuni dei momenti più importanti della formazione del futuro cineasta: sarà Heigo a fargli scoprire Shakespeare; sarà Heigo che obbligherà il fratello a visitare le rovine di Tokyo dopo il Grande Terremoto del Kantō (1923). Nel suo cinema, Kurosawa utilizzerà la Natura e il clima come riflessi della natura dei suoi personaggi: dall’esordio, Sugata Sanshiro (1943) l’eroe affronterà il suo antagonista in un campo erboso battuto dal vento; lo smarrimento degli shakespeariani protagonisti de Il trono di sangue (1957), viene mostrato facendoli vagare a lungo in una fitta coltre di nebbia; ma è soprattutto l’acqua, a essere simbolo di purificazione assoluta: dalla pioggia de I sette samurai (1954), ai ruscelli, alla neve di Dersu Uzala (1975). Kurosawa si contraddistingue per un cinema che alterna il serio e il comico, un’epica senza fronzoli. Si spegne nel 1998 amato, omaggiato e plagiato (Per un pugno di dollari, 1964 da La sfida del samurai, 1961) da registi di tutto il mondo.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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