Con la prossima uscita al cinema di Generazione romantica di Jia Zhangke, si torna nella Cina dei grandi cambiamenti.
Tornare a casa dopo tanto tempo e non riconoscere i luoghi in cui si è cresciuti che, come noi, sono irrimediabilmente cambiati. Sentire sulla propria pelle il cambiamento che ci circonda, e diventare coscienti del proprio. Di essere o perfettamente amalgamati in esso o di non esserlo proprio. Sentirsi alieni, oggetti volanti non identificati che vagano in cerca di informazioni per capire e capirsi. Lo fanno assemblando un universo che non si comprende più: completando gli spazi bianchi che si sono creati. Gli ideali del passato che sembrano passati di moda e chi ne era portatore è ora una maschera grottesca, un’icona sbiadita.

Questa è la sensazione che si ha con il cinema di Jia Zhangke, nato in una piccola città della Cina (più precisamente vicino allo Shanxi) nel 1970. Troppo giovane per assistere alla Rivoluzione Culturale e il confino nelle campagne. L’unico vero evento della sua generazione sono gli episodi di Piazza Tiananmen (1989). Iscrittosi quasi per caso in una scuola d’arte negli anni Novanta, Jia scopre il cinema nel 1991. Si iscrive al dipartimento di Letteratura filmica nel 1993 all’Accademia di Pechino.

Scrive racconti, gira cortometraggi e infine lungometraggi. Così facendo esprime una sensazione che non è soltanto sua, ma di una generazione post Mao Zedong (presidente dal 1943 al 1976) e Deng Xiaopimg (1978 – 1997). Jia Zhangke non fa una rivisitazione nostalgica.
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La generazione che racconta non ha vissuto il periodo dei grandi ideali, è spaesata e li cerca altrove. Questa ricerca non è per nulla denigrata, anzi è proprio lo scheletro narrativo del cinema di Jia. Per questo la musica è molto importante: dalle canzoni popolari alle hit pop provenienti da Taiwan e Hong Kong. Sono un legame con il passato ma rappresentano anche la ricerca di una tematica comune, un nuovo sentire comune e globale. Soprattutto nelle province più remote, quelle che risentono maggiormente dei cambiamenti provenienti dai grandi centri. Questi sono lontani e irraggiungibili, a danno dei lavoratori ai margini, venduti dai capi in nome di un profitto altrettanto invisibile e inafferrabile.
Una Cina che decide di cambiare pelle. Lo Yangtze, il Fiume Azzurro con la Diga delle Tre Gole è il simbolo del cambiamento più di ogni altro. La costruzione dell’impianto ha portato al costante allagamento di abitati. Il paesaggio cambia e non lo riconosci più. Come ha modo di sperimentare Han, il protagonista di Still Life, Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2006 (anno di completamento della diga). Egli, dopo sedici anni non riesce a distinguere la gola che ha stampata sulla sua banconota con quella reale.
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È il paesaggio dello spaesamento che blocca le parole e impedisce di comunicare i propri disagi. Da Platform (2000) fino a Generazione romantica (2025) l’incomunicabilità per Jia Zhangke ha il volto di Zhao Tao, sua attrice, musa e moglie. Generazione romantica è stato presentato in anteprima al 77 Festival di Cannes. Uscirà nelle nostre sale il 17 di aprile da Tucker Film che ha curato tre anteprime con il regista a Torino, Milano e Roma il 28, il 30 e il 31 marzo.

Zhao Tao in Generazione romantica è Quiao. Quiao, compagna del suo manager che decide di lasciarla per cercare fortuna altrove. La parabola di Quiao è quella di chi deve restare e vivere fra tutti questi cambiamenti. Nel mezzo ci sta anche la Pandemia e le intelligenze artificiali. Laddove per gli uomini non è più possibile leggere la tristezza sui volti, ci pensano i robot. Una tristezza per i tempi che corrono che passano attraverso il patchwork di immagini e suggestioni. Generazione romantica è un viaggio iniziato nel 2001 che la pausa forzata dal COVID-19 ha portato Jia a rimetterci mano. E chiudere con nuove riprese, ambientate in un 2023 che sembra un futuro possibile più che un passato reale.
Tutto diventa silenzioso. Solo per i comunicati servono gli altoparlanti. Non c’è più neppure la musica in Black Dog di Guan Hu, distribuito dal 27 febbraio da Movies Inspired. Qua Jia è attore, ma sembra anche uno spirito guida. C’è di nuovo la Storia di una Cina che sta cambiando: è il 2008 e tutto è in fermento per la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino. Una frenesia che colpisce anche le province più limitrofe, ai confini con il Deserto del Gobi. Una serie di palazzi dove si aggirano i cani randagi. Questi vanno catturati per rendere la città più consona alle Olimpiadi.

Per questo viene assunto Lang (Eddie Peng) un ex cantante appena uscito di prigione. Si muove come un marziano fra i ruderi. Vede la fine della spensieratezza nei calli guariti di un suo amico, anche lui ex musicista. Chi ha più voglia di suonare con i tempi che corrono? Lang, durante la sua assenza ha sentito i confini della propria gabbia. Esattamente come gli animali chiusi nello zoo di famiglia, desolato come tutto il resto. La fuga, per Lang è nell’avvicinarsi a un riottoso whippet dal pelo nero, il cane nero. Dapprima inseguitore, preda e amico per Lang. Questo legame è la spinta giusta che serve per superare con un balzo in moto l’ultimo ostacolo, un ponte diroccato. Nella Cina di Guan Hu l’’individuo torna a contare, liberandosi dalla massa. Per Jia Zhangke invece il cambiamento avviene ritrovandosi all’interno di essa, ma trovando finalmente il proprio spazio.
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