Gli uccelli sono i grandi protagonisti del libro pubblicato da Piano B Edizioni in occasione del bicentenario della nascita del filosofo e scrittore statunitense
“Una volta, mentre zappavo in un orto del villaggio, un passerotto mi si posò per un attimo sulla spalla, e io mi sentii più onorato per quel fatto che per qualsiasi altra spallina gallonata avessi potuto indossare”. Nelle pagine di Tra cielo e terra, libro di Piano B Edizioni che raccoglie le osservazioni e i racconti dell’Henry David Thoreau “ornitologo”, il ribaltamento dall’antropocentrismo all’antispecismo ha una tale frequenza da divenire una sorta di marchio stilistico del filosofo, scrittore e poeta statunitense che molti identificano come capostipite del pensiero ecologista.
Aironi, albanelle reali, allodole, beccaccini, bobolinchi, caprimulghi, germani reali, lucherini, orioli di Baltimora, parule gialle, picchi muratori rondini comuni e strolaghe maggiori sono solo alcuni dei protagonisti di questa raccolta di testi che abbraccia un arco temporale di una ventina d’anni (1840-1861) ma che è circoscritta al territorio di Concord (Massachussets) dove Thoreau nacque, visse e morì all’età di 44 anni.
Birdwatcher ante litteram (“Nei boschi di Walden io vado a caccia con un cannocchiale perché un fucile ti dà solo il corpo, mentre un cannocchiale ti dà l’uccello”), Thoreau riconosceva gli uccelli come propri simili (“L’airone appartiene a una specie diversa dalla mia e del signor Frost. Ma sono lieto di considerarlo un nativo d’America e, perché no, un cittadino americano”), quando non una compagnia migliore degli uomini (“La cincia capinera e il picchio muratore sono una compagnia più stimolante di quella dei filosofi e statisti, dai quali ultimi torneremo come a compagni più rozzi e volgari”).
Le sue passeggiate nei boschi o sulle rive di fiumi, laghi e acquitrini sono una continua scoperta che non si esaurisce nell’osservazione e nell’ascolto, ma tenta di stabilire una sorta di “dialogo” interspecista: “L’altro giorno, provando a imitare lo starnazzare delle oche, mi sono ritrovato a percuotermi i fianchi con i gomiti, come sbattendo le ali, e a emettere qualcosa di simile alle sillabe mow-ack, con un suono nasale e una torsione della testa; e a detta del mio uditorio ho riprodotto così perfettamente il loro verso che ho pensato che avrei potuto attirare benissimo un intero stormo di oche”.
Nella selezione di testi curata da Stefano Paolucci la posizione antispecista di Thoreau approda a più riprese a un proto-vegetarianismo: “Non è una vergogna che l’uomo sia un animale carnivoro? È vero, l’uomo può vivere, e in effetti vive, per lo più cacciando altri animali; ma questo è un modo di vivere miserabile – come può apprendere chiunque vada a tendere trappole ai conigli o a macellare gli agnelli – e sarà considerato un benefattore chi insegnerà all’uomo a limitarsi a una dieta più innocente e più sana. A prescindere dalla mia pratica, non ho dubbi che appartenga al destino della razza umana, nel suo graduale miglioramento, smettere di mangiare animali”, spiega in un brano tratto da Walden.
La gioia prodotta dall’immersione nella natura è paradigmatica del piacere che il filosofo ricava nel paesaggio edenico di Concord: “Il mio desiderio è sempre quello di vivere traendo le mie soddisfazioni e ispirazioni dagli eventi più comuni, dai fenomeni di tutti i giorni affinché ciò che i miei sensi percepiscono di ora in ora, la mia passeggiata quotidiana, le conversazioni dei miei vicini possano ispirarmi e non mi facciano sognare un paradiso diverso da quello che mi circonda”.
Durante le lunghe passeggiate nei boschi del Massachussets e grazie all’ispirazione fornitagli dal canto degli uccelli sono nate alcune delle opere più innovative dell’Ottocento americano, testi che hanno ispirato grandi pensatori come Lev Tolstoj, Mahatma Gandhi e Martin Luther King, nonché molti dei movimenti ambientalisti o di disobbedienza civile sorti dalla seconda metà del Novecento a oggi.
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