Il suolo di alcuni Paesi africani risulta più ricco e in grado di sostenere un’agricoltura intensiva grazie a un’antica tecnica vecchia di quasi 700 anni, che consiste nell’aggiungere carbone e avanzi alimentari nei terreni. Questa in sintesi è la conclusione di uno studio iniziato da ricercatori dell’Università del Sussex tra cui il professor James Fairhead, antropologo, che in passato si era interessato a terreni con caratteristiche simili ma situati molto lontano, in Amazzonia.

Lo studio in questione si è interessato a terreni dell’Africa occidentale, in particolare in Liberia e Ghana con suoli caratterizzati da foreste pluviali poco adatti alla coltivazione. Ebbene, l’uso di arricchirli con carbone e avanzi alimentari ha portato questi terreni a essere produttivi e facilmente coltivabili. Il carbone utilizzato è a grana fine, poroso, prodotto a partire da materiale vegetale. La porosità permette all’aria di passare nonostante il carbone venga sistemato sulla superficie del terreno, ma nello stesso tempo manterrà nel suolo acqua e sostanze nutritive che verranno poi fornite alle piante. Ulteriore vantaggio di questa tecnica è la durata: una volta sistemato, il carbone potrà rimanere centinaia di anni senza decomporsi producendo diossido di carbonio.
I ricercatori hanno chiamato i terreni così trattati African Dark Earth, dal colore che prendono grazie al carbone, così come i terreni sudamericani- che hanno forti somiglianze di trattamento- sono stati denominati Amazonian Dark Earth.

Il professor Fairhead, nel commentare gli esiti della ricerca, ha evidenziato come nella sua semplicità, questa tecnica potrebbe essere replicata in altre zone povere dell’Africa, dove si stenta a produrre ciò di cui la popolazione ha bisogno per la propria sussistenza alimentare. Un modo per contrastare con metodi naturali e tradizionali le problematiche indotte dai cambiamenti climatici.
