Unlearning, uno stile di vita alternativo è possibile? Davvero vogliamo insegnare a sopravvivere alle future generazioni? O è meglio disimparare?
Tutti almeno una volta nella vita, vuoi come sfogo, vuoi come pensiero fugace, vuoi come naturale reazione di fronte all’ennesimo ostacolo della vita di tutti i giorni, ci siamo domandati: “Chi me lo ha fatto fare? Perché non scappo da tutto questo?” Ma, più importante ancora: “È questo che voglio trasmettere?” Mi rivolgo in particolare al genitore medio che leggerà questo articolo. Un pensiero fugace che rimane tale e non viene mai concretizzato, per cercare quel qualcosa di differente per se stessi, per i propri figli. Se le leggi della statistica non sono delle astrazioni, almeno uno di questi pensieri diventerà un vero e proprio desiderio: da qui a una decisione dell’atto pratico, la fuga di Unlearning.
Ed è esattamente quello che è successo a Lucio, Anna e Gaia, i protagonisti del documentario Unlearning- La vita comincia alla fine della tua zona comfort di Lucio Basadonne (2014) inserito, nel 18° Festival CinemAmbiente, all’interno di Panorama Italia. La storia di questo film è la storia di una viaggio ma, soprattutto, di una fuga: fuga da un modello di vita fatto di otto ore lavorative al giorno, nelle quali si mandano i bambini a scuola. Alla fine della giornata, davanti al tavolo della cena, ci si ritrova a dover discutere di bollette o mutui: di cercare, un giorno dopo l’altro, di sopravvivere, anziché vivere.

Lucio e Anna (rispettivamente, un regista televisivo e di videoclip navigato e un’insegnante di scuola superiore in aspettativa) si sono posti il problema se fosse realmente questo il modello di vita da tramandare alla loro bambina di cinque anni, Gaia: che bisogna “vivere” e lottare ogni giorno, seguendo (cito il presskit del film) un «modello comune […] che la maggior parte delle famiglie vive ogni giorno […] uno stile di vita che stiamo trasmettendo ai nostri figli come assunto di verità».
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Perché non scappare – si sono domandati – perché non “disimparare” (“unlearn”, appunto) i comfort della quotidianità, sfuggendo a quanto di negativo si portano dietro, per cercare un concetto diverso di famiglia da dare a Gaia. Ed è così cominciato per la famiglia Basadonne (che realizza il film al 100%) in un viaggio alla scoperta di stili di vita e di famiglia alternativi: dagli ecovillaggi alle comuni anarchiche; pulendo stalle o recuperando cibo scaduto dai container. Sei mesi di viaggio, 5000 km percorsi senza automobile, vivendo di baratto e di manodopera. Una fuga da una vita ripetitiva che è stata, da subito, sotto i riflettori della stampa (dalla Stampa a l’Internazionale), della televisione (Alle falde del Kilimangiaro, Geo & Geo, Unomattina), della radio (Radio DJ, Radio Capital) del web (GreenMe, Blablacar, Repubblica.it). Inoltre i tre divengono i “portavoce della sharing economy” alla Fiera Primavera di Genova.
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Stamattina davanti al caffè, ho letto qualcosa di intimamente connesso con la fuga di Lucio e Anna, come risposta al modo di vivere “consumistico”. Un assunto tanto elementare da essere un vero e proprio uovo di colombo. Ecco quanto ha detto al Congresso sulla Saggezza e sulla Conoscenza di Cordova l’ex presidente dell’Uruguay, José Mujica: «Abbiamo a disposizione l’eternità per non essere e solo un minuto per essere […] Io lotto contro l’idea che la felicità sia nel comprare cose nuove. Non siamo venuti al mondo solo per lavorare e comprare; siamo nati per vivere.»

Si può chiudere il cerchio con questa riflessione: Lucio e Anna non vogliono disobbedire, vogliono ritornare alla vita, uscire dalla gabbia delle convenzioni e dei metodi educativi preconfezionati e plastificati, perché la loro bambina possa sapere come è fatto un pollo. Perché, carezzando quelle candide piume e posando la mano sul piccolo cuore sotto di esse, Gaia impari a vivere, per davvero. Mai nome sarebbe stato più azzeccato.
