Nasce Sweet Mountains, intervista a Enrico Camanni

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Nasce Sweet Mountains, intervista a Enrico Camanni ultima modifica: 2015-02-05T08:40:53+01:00 da Sara Panarella
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Anche voi pensate che la montagna non sia fatta solo di impianti sciistici e palazzi quasi cittadini? Bene, siete in linea con Sweet Mountains

Le Alpi, con il loro meraviglioso paesaggio e la cultura che per secoli le popolazioni locali hanno vissuto e difeso sono il fulcro di un ambizioso e interessante progetto denominato non a caso Sweet Mountains. Lo scopo è infatti la rivalutazione di questi luoghi per mezzo di un turismo più responsabile e leggero, sweet appunto. Un turismo diverso rispetto a quello che è stato praticato fino ad ora, tutto imperniato su piste da sci e complessi turistici che ben poco di montano avevano.

Enrico Camanni
Enrico Camanni

Promotore di Sweet Mountains è l’associazione Dislivelli, nata qualche anno fa, precisamente nel 2009, grazie all’incontro di professionalità diverse accomunate da un’identica passione: la montagna.

Ci parla di questo progetto Enrico Camanni, vicepresidente di Dislivelli e nome conosciuto del giornalismo montano. Redattore capo della “Rivista della montagna” dal 1977 al 1984, nel 1985 guida la nascita di “Alp, vita e avventura in montagna“, di cui diventa direttore fino al 1998. Nel 2000 invece, diventa direttore di “Alpe” e poi nel 2012 di “Turin“.

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Com’è nato il progetto Sweet Mountains?

“È un progetto dell’associazione Dislivelli. Ci siamo sempre occupati di ricerca e comunicazione ma qualche anno fa ci siamo chiesti se potevamo fare qualcosa di più concreto. Chiedendoci quale fosse il punto di contatto tra montagna e città avevamo individuato una decina di “luoghi” che secondo noi potevano essere considerati tali. Ospitavano nelle loro strutture secondo una certa ottica. Abbiamo iniziato a seguirli utilizzandoli come campione e ci siamo accorti dell’enorme lavoro che occorreva fare”.

Cos’è Sweet Mountains?

In primo luogo è una rete che si prefigge di promuovere gli immensi valori delle nostre Alpi. Al momento siamo presenti sull’arco occidentale, un territorio di 400 km circa – con l’ambizione, in futuro, di arrivare anche sulle altre Alpi. Si tratta di un territorio con una grandissima varietà di ambienti naturali e culturali. Da un punto di vista naturalistico basti pensare alla notevole biodiversità che possiamo trovare su un territorio che va dai 200 ai 4000 mt di altitudine. Anche sul versante culturale questa notevole ricchezza non viene meno, basti ricordare quante minoranze linguistiche troviamo nell’arco alpino.
Invece ad oggi tutta questa ricchezza non viene valorizzata. La montagna viene ancora proposta secondo vecchi clichè che si sono rivelati non solo perdenti da un punto di vista economico ma anche non sostenibili da un punto di vista ambientale. L’immagine che si ripropone è quella degli impianti sciistici d’alta quota, circondati da grossi palazzi moderni, una sorta di città trasferita in montagna.
La rete che stiamo costruendo vuole invece proporre la montagna nel suo insieme, promuovendo un turismo rispettoso, che non divora la montagna ma insegna alle persone a conoscerla e amarla proprio per la diversità che porta con sé. Diversità rispetto sia alla provenienza del turista, normalmente cittadino, sia rispetto i vari luoghi di questa montagna ognuno con un suo dialetto, propri cibi, usanze e paesaggi“.

Sweet Mountains logo

Anche le Basse Valli?

Certamente. Come già detto la montagna non è fatta solo dagli impianti sciistici d’alta quota. Anche questi luoghi, purtroppo non valorizzati e in alcuni casi anche tristemente svuotati di persone, sono in realtà potenziali volani di sviluppo“.

Sweet Mountains è un marchio quindi?

Più che un marchio vorremmo fosse una filosofia, una cultura nuova in grado di promuovere un turismo responsabile. Marchi ce ne sono fin troppi. Questa è un’idea, una filosofia appunto, che vede nella montagna un luogo ricco di potenzialità sotto tanti aspetti e che possa insegnare alle persone a conoscerlo ed apprezzarlo“.

Come avete trovato le strutture che adesso compongono la rete?

Abbiamo iniziato un anno fa con un test: trovare 15 strutture disponibili a partire con questo progetto, disposte anche a tassarsi per farlo partire. Le abbiamo trovate, la risposta fu molto positiva e abbiamo iniziato a costruire la rete .
I luoghi da cui siamo partiti erano quelli che conoscevamo meglio. Poi è stato necessario un lungo lavoro per conoscersi, è stato necessario passare tempo insieme, confrontarsi, fare lavoro di comunità. Questa è stata la parte più bella ma anche difficile.
Adesso la rete comprende situazioni diversissime tra loro: si va dal rifugio singolo a intere comunità, come Chamois, un villaggio senza automobili a cui si accede tramite funivia o percorrendo un lungo sentiero“.

Chamois aveva già del turismo suo. Si tratta di cambiarlo?

Anche, ma soprattutto incentivarlo. In realtà pochi lo conoscono, soprattutto fra gli stranieri e questo nonostante sia un luogo straordinario. Valorizzato e promosso nel modo giusto potrebbe diventare una metà turistica di tutto rispetto. Oltre Chamois anche Prali ha aderito come comunità. Negli anni 70 avevano puntato tutto sul settore sciistico. Adesso hanno le piste ma hanno anche molto altro“.

Altre comunità?

Anche Cumiana ha aderito. È un paese della bassa valle, senza particolare turismo ma con numerosi bed&breakfast che vorrebbero proporsi come luogo privilegiato per la mezza stagione“.

Le strutture che aderiscono al progetto sono rete tra di loro?

A volte si ma c’è ancora molto lavoro da fare. Ad esempio questo mese è uscita la prima Sweet Guide scaricabile gratuitamente tramite registrazione sul nostro sito. Questo mese il focus è sulla Valtournanche per celebrare i 150 anni dalla prima scalata del Cervino. Per l’occasione abbiamo proposto un trekking che partendo da Chamois, passi da Torgnon fino a Saint Denis. Tre giorni di camminata passando in quattro luoghi “Sweet”. Anche questo è un modo per fare rete e speriamo che da cosa positiva ne nascano altre.
Il cibo è un altro fattore molto importante per la rete. Per questo lavoriamo molto anche con Slow Food. A loro chiediamo di segnalarci prodotti e produttori tipici di ogni zona“.

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Quali saranno i prossimi passi?

Entro febbraio usciremo con il sito tradotto in altre 3 lingue, inglese, francese e tedesco iniziando con la promozione sul mercato straniero. Siamo convinti che all’estero ci sia una forte sensibilità per un turismo di questo tipo. Punteremo soprattutto sulla Germania, senza tralasciare gli altri paesi.
Il secondo passo importantissimo sarà quello di far entrare nella rete anche gli accompagnatori, guide alpine e naturalistiche. Diamo per scontato che per andare in montagna basta prendere e andare ma non è così. A tal proposito a breve ci incontreremo con il nuovo rappresentante delle guide del Piemonte“.

Allora non mi rimane che augurarvi buon lavoro!

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Vive a Torino, bibliotecaria. Si laurea in Filosofia interessandosi di bambini e multiculturalità e si avvicina alla psicoanalisi e alla cura del pensiero. Ha poi quattro bimbi e un cane che insieme a tanta effervescenza aggiungono interessi nuovi, maggior attenzione per l’ambiente e gli antichi mestieri e saperi, lavorazione dell’argilla, uncinetto, raccolta e utilizzo delle erbe. Una moderna “Strega in famiglia”!

2 Commenti

  1. Idea bellissima, al quale spero aderiranno tanti comuni e tante persone per valorizzare le nostre Alpi.
    Chissà che non potremo fare qualcosa insieme con il nostro progetto e gruppo di lavoro di pratica collaborativa?
    In campi diversi, tutti abbiamo a cuore la responsabilità.

    Ciao Nicoletta

  2. Bravo Enrico , appena avrete il sito in Inglese sono disponibile a farvi conoscere qui a SanFrancisco , e’ il luogo adatto per promuovere sweet mountain ( + slow food).
    Guido

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