Copernicus Land Monitoring Service

Copernicus Land Monitoring Service, un alleato per il Regolamento europeo sul ripristino della natura

in Biodiversità|Natura
Copernicus Land Monitoring Service, un alleato per il Regolamento europeo sul ripristino della natura ultima modifica: 2025-05-05T00:01:54+02:00 da Marco Grilli
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Copernicus Land Monitoring Service è pronto a supportare il Regolamento europeo sul ripristino della natura grazie al suo set di dati standardizzati

Un prezioso aiuto per l’attuazione del Regolamento europeo sul ripristino della natura può arrivare dal Copernicus Land Monitoring Service (CLMS). L’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) sullo stato della natura in Europa, datato 2020, è stato fin troppo esplicito: oltre l’80% degli habitat del Vecchio Continente è stato classificato in stato di conservazione “scadente” o “cattivo”.

Oltre ai cambiamenti climatici, l’inquinamento, la crescita dell’urbanizzazione e l’espansione dell’agricoltura intensiva sono le principali attività umane che stanno impattando significativamente su larga parte degli habitat naturali europei.

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Habitat come praterie, dune e zone umide continuano a deteriorarsi. Le torbiere, tra i più efficaci serbatoi di carbonio terrestre del pianeta, continuano a essere prosciugate e distrutte. Gli habitat marini sono particolarmente colpiti, con solo il 14% in uno stato di conservazione ‘buono’. Tutto ciò contribuisce direttamente a una crisi della biodiversità, esemplificata dal fatto che il 73% delle specie in Europa è minacciato o in grave declino”, l’allarme lanciato da Copernicus. È giunta l’ora di invertire questo trend  ed il CLMS è pronto a fare la sua parte. La natura ha un alleato in più, in attesa del nuovo rapporto dell’EEA (la cadenza è quinquennale) che uscirà nel corso di questo anno.

Il Regolamento europeo sul ripristino della natura

Quale risposta alla crisi sopra descritta, nel 2020 la Commissione europea ha lanciato la strategia per la biodiversità 2030, che mira a rafforzare ed a ripristinare gli ecosistemi naturali del Vecchio Continente.

Il risultato più importante di questo lungo e ambizioso progetto è stato il Regolamento sul ripristino della natura (NRR), che è entrato ufficialmente in vigore alla fine dello scorso anno. Quest’ultimo ha obiettivi chiari – il ripristino di almeno il 20% delle superfici terrestri e marine entro il 2030 e del 100% degli ecosistemi degradati entro il 2050 – oltre che obblighi giuridicamente vincolanti, riguardanti una serie di ecosistemi terrestri, costieri, di acqua dolce, forestali, agricoli e urbani.

Il regolamento impone agli Stati membri di elaborare e presentare i piani nazionali di ripristino entro il 1° settembre 2026, dove devono essere descritte dettagliatamente le modalità per il raggiungimento degli obiettivi indicati. L’intero processo prevede inoltre il monitoraggio dei risultati raggiunti, con i singoli Paesi Ue chiamati a riferire regolarmente alla Commissione europea.

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“Le nuove norme contribuiranno a ripristinare gli ecosistemi degradati in tutti gli habitat terrestri e marini degli Stati membri, a conseguire gli obiettivi generali dell’UE in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento agli stessi e a rafforzare la sicurezza alimentare”, chiarisce il Consiglio europeo.

Tra le molte misure previste vi sono: la piantumazione di tre miliardi di alberi entro il 2030; il ripristino del 30% delle torbiere drenate entro il 2030 (e del 50% entro il 2040); la rimozione delle barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali per far sì che almeno 25mila km di fiumi siano a scorrimento libero entro il 2030, oltre a  varie iniziative di forestazione urbana, incremento di biodiversità, ripristino di aree marine ed altro ancora.

Gli indicatori

Al fine di monitorare i progressi compiuti da ogni Stato membro nel raggiungimento degli obiettivi di ripristino, l’NRR prevede la combinazione di indicatori fissi e flessibili.

Per gli ecosistemi forestali, ad esempio, i Paesi Ue sono chiamati a dimostrare miglioramenti in almeno sei dei sette indicatori individuati, quali il volume di legno morto in piedi, la connettività forestale e la densità della copertura arborea. Un approccio di questo genere permette una certa adattabilità a livello nazionale ma al contempo mantiene la coerenza nella misurazione dei progressi verso gli obiettivi di ripristino a livello comunitario.

Il contributo che può dare il CLMS nell’ambito di questi indicatori è notevole, poiché la maggior parte di questi  si basa in larga misura sui dati di Osservazione della Terra (EO) e, come abbiamo visto, il Regolamento sul ripristino della natura prevede un sistema di monitoraggio degli ecosistemi di notevole portata.

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Monitorare i cambiamenti in foreste, zone umide, praterie e habitat marini su vaste aree richiede dati coerenti, ad alta risoluzione e aggiornati frequentemente, una sfida che il tradizionale monitoraggio sul campo non è in grado di affrontare da solo. Nell’articolo 20, il regolamento incoraggia esplicitamente l’uso dei dati di Osservazione della Terra – citando espressamente i servizi Copernicus – come pilastro degli sforzi di monitoraggio nazionali”, precisa il CLMS.

Quest’ultimo riesce infatti a fornire un set di dati standardizzati, consultabili gratuitamente e ad alta risoluzione spaziale, che coprono l’intero territorio dell’Ue. Lo stesso NRR nel testo della normativa li cita in merito a due indicatori, lo “spazio verde urbano” e la “copertura arborea urbana”. “Entrambe le definizioni specificano ulteriormente il fatto che il CLMS dovrebbe essere la fonte di dati primaria per la misurazione di questi indicatori. Il regolamento collega la copertura arborea urbana al set di dati CLMS High Resolution Layer Tree Cover Density, stabilendo una base di riferimento standardizzata per il monitoraggio della copertura arborea nelle città europee. Ciò garantisce che tutti gli Stati membri utilizzino una fonte di riferimento coerente a livello UE per la valutazione della copertura arborea urbana, consentendo al contempo l’integrazione dei set di dati nazionali quando e dove disponibili”, chiarisce il CLMS.

L’NRR impone il calcolo sulla base dei dati CLMS anche per l’indicatore “spazio verde urbano”, senza però specificare un set definito e consentendo sempre l’utilizzo di dati nazionali supplementari quando applicabili. Nel contesto quindi di una certa flessibilità di fondo, il CLMS dispone di set di dati particolarmente utili  per la valutazione della copertura del suolo, tra cui gli strati ad alta risoluzione vegetati (HRL), l’Atlante urbano e soprattutto il Backbone CLCplus (BB), che include la maggior parte delle classi di copertura del suolo richieste e riesce a mappare l’intera Europa. “Sfruttando il Backbone CLCplus insieme ad altri set di dati CLMS, gli Stati membri possono garantire un monitoraggio coerente e affidabile degli spazi verdi urbani, in linea sia con le esigenze di rendicontazione nazionali sia con gli obiettivi di ripristino a livello dell’UE”, comunica il CLMS.

Se per lo “spazio verde urbano” e la “copertura arborea urbana” si fa esplicito riferimento al set di dati CLMS, quelli per monitorare gli altri indicatori NRR non sono specificati nel testo del regolamento. Questa flessibilità di fondo è di per sé vantaggiosa poiché consente ai singoli Paesi di poter utilizzare i set di dati nazionali ed i quadri di monitoraggio in modo coerente con le proprie strategie di ripristino individuate. Il CLMS però può intervenire proficuamente in favore di quei Paesi privi di sistemi nazionali di monitoraggio completi – incapaci dunque di produrre una rendicontazione coerente e di alta qualità – mettendo a disposizione set di dati armonizzati a livello Ue, che riescono a colmare le lacune ed a supportare valutazioni accurate e comparabili dei progressi del ripristino.

Il monitoraggio a valle

Al di là del loro utilizzo diretto, i dati CLMS sono concepiti anche come elementi costitutivi per applicazioni di monitoraggio a valle. Un esempio calzante è l’EU Grassland Watch, un’iniziativa di monitoraggio dei pascoli che ricorre a tecniche basate sull’Osservazione della Terra per valutare il loro degrado nei siti Natura 2000. “EU Grassland Watch sta sviluppando un servizio operativo per fornire informazioni tempestive sullo stato, i cambiamenti e le pressioni nei siti Natura 2000, concentrandosi sugli habitat delle praterie”, specifica il CLMS.

Grazie a questo prezioso strumento i Paesi Ue possono valutare le pressioni sugli ecosistemi dei pascoli e monitorare i progressi nel ripristino di quest’ultimi nell’ambito dei rispettivi piani nazionali, migliorando così il processo decisionale basato sui dati nel ripristino degli ecosistemi.

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Oltre a queste iniziative di livello europeo ve ne sono altre in ambito nazionale, tra cui la mappa italiana di copertura e uso del suolo (LCLU), prodotta annualmente dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Integrando vari dataset, la LCLU crea una classificazione nazionale ad alta risoluzione della copertura del suolo e dei cambiamenti nell’uso del suolo, molto utile per il monitoraggio del consumo di suolo, gli inventari dei gas serra e le valutazioni degli spazi verdi urbani. In sintesi si tratta di uno strumento cruciale  per monitorare i progressi del ripristino nell’ambito del programma nazionale.

Il CLMS avrà dunque un ruolo fondamentale per garantire sia rendicontazioni trasparenti e basate sull’evidenza, sia risultati efficaci in termini di ripristino. “In quanto primo regolamento giuridicamente vincolante del suo genere, l’NRR crea un precedente per il recupero degli ecosistemi su larga scala, che promette di rimodellare il continente europeo entro il 2050. Il suo successo non solo plasmerà il futuro dell’ambiente europeo, ma potrebbe anche fungere da modello per iniziative di ripristino globali, dimostrando come politiche basate sulla scienza possano guidare un recupero ecologico significativo su scala continentale”, commenta il CLMS.

[Credits foto: Unione europea, immagini Copernicus Sentinel-2]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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