Un gruppo di studentesse delle IED di Roma ha dato vita alla campagna Sei complice, con l’obiettivo di sensibilizzare sul revenge porn e creare disagio in chi fruisce di contenuti diffusi in modo non consensuale.
Sei Complice è un progetto nato da un gruppo di studentesse dello IED che si propone di parlare a chi guarda e fruisce dei contenuti di revenge porn.
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“Tutti si concentrano sulle vittime, ma nessuno punta il dito su chi alimenta il sistema. Vogliamo interrompere l’indifferenza, generare disagio e trasformare la curiosità in consapevolezza –fanno sapere le creatrici del progetto- A tutti diciamo una cosa sola: se guardi, sei complice”.
Che cos’è il revenge porn?
Il revenge porn è un reato previsto dall’art 612-ter del Codice Penale e consiste nella diffusione in rete di immagini sessualmente esplicite, senza il consenso della persona raffigurata. La vittima è solitamente una donna, mentre il reato viene realizzato spesso dagli ex partner mediante la diffusione di video o immagini. La Cassazione (n. 14927/2023) ha precisato che il reato in questione sussiste anche quando sono condivise altre parti erogene del corpo umano in condizioni e contesti tali da evocarne la sessualità.
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Il progetto
Il gruppo di studentesse ha posizionato una serie di volantini con dei QR code in punti nevralgici di Roma, con accanto frasi provocatorie che suggerivano l’accesso a nudes di ex fidanzate. Ma una volta scannerizzato, nessuna immagine: solo un video che ti mette di fronte alla realtà. “Se guardi, sei complice”. L’obiettivo del progetto è quello di interrompere l’indifferenza, generare disagio e trasformare la curiosità in consapevolezza.
“Il revenge porn esiste perché qualcuno sceglie di guardare –proseguono le ideatrici- Condividere materiale pornografico senza il consenso dell’altro è reato. Il revenge porn non è solo un contenuto, è una violenza e chi guarda non è uno spettatore innocente”.
I numeri del fenomeno
5 milioni sono le persone che sono state vittime di revenge porn in Italia, solo negli ultimi anni. 14 milioni sono le persone invece che hanno visualizzato contenuti privati non consensuali di altre persone; l’84% di chi ha ricevuto quelle immagini e a sua volta le ha condivise si è detto incline a rifarlo, qualora gli capitasse.
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