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Ocean State Report 8, allarme di Copernicus sullo stato dell’oceano

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Ocean State Report 8, allarme di Copernicus sullo stato dell’oceano ultima modifica: 2024-11-04T05:14:16+01:00 da Marco Grilli
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L’Ocean State Report 8 elaborato dal Copernicus Marine Service rivela che l’oceano sta affrontando eventi estremi da record

Ondate di calore marine profonde e intense, inaspettate fioriture di fitoplancton, scioglimento dei ghiacci marini ed un riscaldamento crescente: sono questi i principali eventi estremi da record rilevati dal Copernicus Marine Service nell’ottavo Ocean State Report (OSR 8), la pubblicazione annuale che fornisce una panoramica completa sullo stato attuale dell’oceano, le tendenze in corso e le variazioni naturali.

“L’OSR 8 è il culmine di un importante sforzo scientifico internazionale, che coinvolge oltre 120 esperti provenienti da istituzioni in tutta Europa e nel mondo. I risultati passano attraverso un processo indipendente di revisione paritaria in collaborazione con la rivista scientifica State of the Planet e sono supportati da osservazioni satellitari, misurazioni in situ e modelli informatici all’avanguardia, specifica il Copernicus Marine Service.

Rivolto alla comunità scientifica, ai decisori politici, agli attori dell’economia blu ed al pubblico in generale, l’OSR 8 – implementato da Mercator Ocean International – fornisce informazioni affidabili e scientificamente garantite, attingendo ai dati dagli anni Settanta ad oggi. Si tratta dunque di un rapporto di punta che fornisce una base scientifica per la gestione responsabile del nostro oceano, parte integrante della missione dell’Unione europea Restore our Ocean and Waters”.

L’OSR 8 fornisce un’analisi completa a quattro dimensioni (latitudine, longitudine, profondità e tempo) dell’oceano blu (stato fisico), verde (stato biologico e biogeochimico) e bianco (ghiaccio marino).

Lo stato dell’oceano

Il report esplora lo stato dell’oceano negli ultimi decenni, focalizzando particolarmente l’attenzione sugli anni 2022 e 2023. A preoccupare sono soprattutto le temperature sempre più elevate registrate globalmente.

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Due soli esempi: nel 2022 quasi due terzi del Mar Baltico hanno subito ondate di calore marino, mentre in estate ed in autunno le temperature sono state le terze più calde dal 1997; nel 2023 almeno un’ondata di calore marino da grave ad estrema ha riguardato ben il 22% della superficie oceanica globale.

“Le acque costiere attorno alle Isole Baleari hanno raggiunto i 29,2ºC nell’agosto 2022. Questa temperatura da record è stata la più alta raggiunta in questa regione negli ultimi quarant’anni. Altri record sono stati battuti nella regione Iberico-Biscaglia-Irlanda nel 2022, dove le ondate di calore marino (eventi di acqua calda temporanei, prolungati e anomali) sono durate in media 145 giorni, con temperature che hanno raggiunto 6°C in più rispetto alla norma”, si legge nel report.

Più in generale, la frazione di superficie globale oceanica che ha sperimentato un’ondata di calore marino è passata dal 50% nel 1982 all’80% nel 2023.

La situazione è abbastanza preoccupante anche per il Mare Nostrumdove nel 2022 le ondate di calore marino si sono estese lungo la colonna d’acqua per raggiungere addirittura una profondità fino a 1.500 metri sotto la superficie. Questo fenomeno ha poi interessato in particolare le acque di superficie, che al di sotto dei 15o metri hanno fatto registrare le temperature più elevate e durature.

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Se vi state chiedendo perché queste ondate di calore marino debbano esser considerate una minaccia, basta sappiate che tali eventi estremi conducono alla migrazione delle specie (ed al problema di quelle aliene), ad eventi di morìa di massa ed al degrado degli ecosistemi, compromettendo la biodiversità e mettendo a rischio la sicurezza alimentare globale. Ci sono inoltre ripercussioni sulla stratificazione oceanica, poiché in alcune regioni ed in certi periodi le ondate di calore marino riducono la capacità degli strati dell’oceano di mescolare i nutrienti, ostacolandone la distribuzione.

Interessante l’ulteriore rivelazione dell’OSR 8, secondo il quale il 5% delle onde più alte è cresciuto ulteriormente in altezza negli ultimi anni. Lo dimostra quanto successo a Melilla (Spagna) nell’aprile 2022, quando le onde alte oltre sette metri – durate più di nove secondi – hanno colpito il porto nel corso di una violenta tempesta, battendo contemporaneamente diversi record.

Altra conseguenza di eventi estremi è l’eccessiva fioritura di fitoplancton, come quella provocata da un’insolita ondata di freddo a sud-est di Creta (Grecia) nel 2022, all’origine di una fioritura precoce di un mese e del 50% più intensa.

Vi è poi l’annoso problema dello scioglimento dei ghiacci marini che riguarda entrambi i poli del pianeta. “Nell’Artico, è stata osservata una perdita di quasi 2,2 milioni di km² di ghiaccio marino dal 1979, con temperature dell’acqua in aumento di oltre 4°C dagli anni ’80. In Antartide, i livelli di ghiaccio marino hanno raggiunto minimi mai visti da quando sono iniziate le registrazioni satellitari, con perdite corrispondenti a un’area tre volte più grande della Francia”, chiarisce il Copernicus Marine Service.

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Interazioni oceano-clima

Le interazioni tra l’oceano e l’atmosfera influenzano le condizioni climatiche globali. Conoscere i processi oceanici che guidano questi scambi così complessi e dinamici si rivela dunque un aspetto cruciale per predire l’impatto del cambiamento climatico e suggerire i necessari adattamenti.

Il riscaldamento globale dell’oceano risale all’incirca al 1960 ma il suo ritmo è quasi raddoppiato a partire dal 2005. Si è passati infatti dagli 0,58 Watt per metro quadrato (W/mq) del 1960 agli 1,08 W/mq degli ultimi due decenni. Si tratta di un aumento costante riscontrabile nei dati provenienti da diverse fonti e che pare interessare, seppur con intensità variabili, tutte le regioni dell’oceano globale.

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Il riscaldamento sempre più accentuato delle acque ha ripercussioni profonde su ogni aspetto della vita dell’oceano, influenzando i processi fisici, gli equilibri biogeochimici, la biodiversità marina e gli ecosistemi. Più in generale, vi sono conseguenze pesanti sul sistema climatico, poiché il bilancio energetico della Terra non è più in equilibrio, a causa delle emissioni di gas serra di origine antropica che fanno sì che il calore accumulato nel nostro pianeta sia di molto maggiore rispetto a quello che viene rilasciato nello spazio.

L’OSR 8 conferma che lo squilibrio energetico della Terra è cresciuto di 0,29 W/mq per decennio tra il 1993 e il 2022. “La Terra è fuori equilibrio energetico, poiché le emissioni di gas serra antropogeniche stanno intrappolando il calore in eccesso e impedendone il rilascio nello spazio. Ciò sta causando un accumulo di calore nel sistema climatico della Terra, la maggior parte del quale viene assorbito dall’oceano”. Quest’ultimo assorbe infatti il 90% dell’accumulo di energia in eccesso, rispetto al 5% della Terra, al 4% dei ghiacci ed all’1% dell’atmosfera.

Le variazioni del bilancio energetico della Terra sono davvero minime e difficili da misurare, l’OSR 8 ha presentato però un nuovo metodo basato su lievi variazioni nella superficie dell’oceano percepite da misurazioni satellitari (geodesia spaziale), che può fornire stime accurate, a lungo termine ed ampie.

Innovazioni

Le nuove tecnologie e le innovazioni presentate nell’OSR 8 possono aiutare a comprendere le variazioni nello stato dell’oceano, consentendone una gestione responsabile e migliorando le nostre modalità di interazione con questa risorsa così preziosa.

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Per fare un esempio, “un’analisi dettagliata delle onde può aiutare a identificare minacce future, rafforzare la protezione costiera e supportare i servizi marittimi. Ciò include la progettazione di future strutture portuali, tenendo conto delle possibili minacce derivanti da eventi estremi”, spiega il Copernicus Marine Service.

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Abbiamo già citato la tempesta di Melilla: dall’analisi accurata delle onde e delle condizioni atmosferiche nei tre decenni precedenti, i ricercatori hanno appurato che in questo arco temporale gli eventi estremi hanno triplicato la loro intensità, mentre la probabilità che tale evento eccezionale possa ripetersi è purtroppo scesa da 53 a 25 anni.

Il report ha analizzato anche le condizioni delle onde del Baltico, dimostrando le loro variazioni a seconda delle stagioni ed all’interno di ognuna di esse, con la massima altezza che tende a verificarsi a fine autunno o ad inizio inverno. “Questa regione vede eventi di onde di 7 metri che possono durare fino a 15 ore, anche se si verificano meno di una volta all’anno. Tuttavia, anche onde alte solo 1 metro possono interrompere l’allevamento ittico e il numero di tali onde può potenzialmente raddoppiare durante la stagione di crescita se gli allevamenti vengono spostati più lontano dalla riva”, si legge nel report, che dimostra l’importanza di tali conoscenze.

Infine, particolarmente interessante è anche il caso di studio condotto nella baia di Tallinn (Estonia), considerata particolarmente adatta per l’estrazione di energia termica dall’oceano. Quest’ultimo ghiaccia in condizioni particolari in molte parti del mondo: nella baia di Tallin, dai 30 ai 50 metri al di sotto della superficie oceanica si verificano condizioni adatte all’estrazione di calore, “attingere a questa fonte di energia potrebbe alimentare impianti energetici di nuova generazione, come pompe di calore su larga scala”. 

[Credits foto: Pexels su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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