Cambiamo rotta è la guida realizzata da Cittadini per l’aria sull’inquinamento prodotto dalle navi che illustra criticità e soluzioni
Respirare aria pulita e vivere meglio nelle città di porto è possibile. Dal 2015 “Cittadini per l’aria” fa parte di una rete di associazioni europee che mirano ad istituire un’area a controllo delle emissioni navali (ECA) nel mar Mediterraneo, già presente ad esempio nel Baltico, nel mare del Nord e nel canale della Manica. In Italia associazioni, comitati e cittadini hanno dato vita alla rete “Facciamo respirare il Mediterraneo”. Tale impegno ha portato alla redazione di una guida, “Cambiamo rotta”, già diffusa ai cittadini ed alle autorità competenti in molte città di porto, al fine di evidenziare le criticità irrisolte nella gestione delle aree portuali, così come le soluzioni già sperimentate che possono migliorare la qualità dell’aria e ridurre l’impatto ambientale.
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“I porti rappresentano, oltre che una risorsa economica, un elemento di forte criticità ambientale il cui buon governo è essenziale a tutela della popolazione delle città che li ospitano, che non può e non deve essere affrontata unicamente nella prospettiva del lavoro, come troppo spesso accade”, si legge nella lettera che accompagna la guida.
“È chiaro che le competenze nel governo delle problematiche ambientali derivanti dai porti sono diverse e molteplici e che serve maggiore determinazione a livello nazionale, regionale e locale per proteggere la salute di chi vive nelle città di porto respirando aria, troppo spesso, tossica. Purtroppo la cronica insufficienza di misure, azioni e decisioni si ripercuote sulla salute, quando non sulla stessa vita, di chi vive e lavora nelle città di porto”, afferma Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria.
L’inquinamento nelle città di porto
Fumi neri dispersi nell’aria, sostanze nocive disciolte in mare, rumori assordanti nei cantieri navali, accessi al mare ridotti a causa delle infrastrutture portuali: tutti aspetti non proprio invidiabili che contraddistinguono la vita nelle città portuali.
“Tuttavia, c’è speranza: con azioni concrete da chi ha la responsabilità di governare il cambiamento di questo settore, un serio impegno dei protagonisti dell’industria marittima, investimenti in tecnologie pulite e, infine, un cambiamento delle nostre abitudini, possiamo ridurre l’inquinamento e proteggere la nostra salute preservando anche la bellezza del nostro ambiente e la sua biodiversità”, si legge nella guida.
Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico alcune ricerche hanno dimostrato che, ad esempio, a Genova le navi sono responsabili delle emissioni del 50% del biossido di azoto e del 20% delle polveri fini (PM 2.5), che provocano 270 morti premature all’anno in città, mentre a Civitavecchia coloro che vivono entro 500 metri dal porto incorrono in un maggior rischio di mortalità per malattie neurologiche (+51%) e cancro al polmone (+31%). In generale, l’aria più inquinata in città a causa delle attività portuali causa patologie varie (asma, tumori, malattie cardiorespiratorie) e disturbi nello sviluppo dei bambini.
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Dato che l’inquinamento atmosferico nei porti è dovuto non solo alle navi ma anche ai macchinari ed ai veicoli utilizzati per il trasporto di merci e persone, i Cittadini per l’aria invitano a utilizzare solo quelli a basso impatto ed a ridurre il ricorso alle fonti fossili, “attraverso la produzione e l’utilizzo di energia pulita in porto, l’efficientamento dell’infrastruttura portuale, l’ottimizzazione e l’intermodalità della logistica dei flussi di merci e la digitalizzazione”.
Spostando invece l’attenzione all’inquinamento del mare, la guida evidenzia che da quando è stato adottato a livello globale il limite allo zolfo nei carburanti marittimi (2020), invece che adottarne altri più puliti gli armatori sono ricorsi all’espediente degli scrubber, ovvero agli impianti che ripuliscono i fumi derivati dalla combustione con acqua marina, rilasciando così in mare metalli, inquinanti acidi, idrocarburi policiclici aromatici ed altre sostanze chimiche ad alto impatto sugli ecosistemi marini. Negli ultimi dieci anni il numero delle navi che effettuano questa pratica è quintuplicato.
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Decisamente non trascurabile è pure l’inquinamento acustico, basti pensare che in Italia è ancora indietro il collegamento elettrico delle navi in banchina e quest’ultime trascorrono quindi ore all’ormeggio per produrre energia necessaria ai servizi di bordo. “Questo fa sì che, anche a grande distanza ed in un ampio raggio intorno al porto, si propaghi nell’aria un rumore continuo e a bassa frequenza, che disturba il sonno dei residenti”, si legge nella guida.
L’impatto delle navi
Prima di tutto, le leggi che regolamentano le emissioni sulla terraferma non si applicano ancora al trasporto marittimo e le concentrazioni di zolfo dei carburanti utilizzati dalle navi nel Mediterraneo sono quindi 5o0 volte più alte rispetto a quelle dei veicoli su strada.
Ancora, il carburante delle navi preferito per la sua economicità, ovvero l’olio pesante (HFO), è prodotto con scarti di raffinazione e con la sua combustione emette anidride carbonica, particolato, ossidi di azoto (NOx), black carbon, idrocarburi policiclici aromatici ed altre sostanze cancerogene per l’uomo. Senza dimenticare che le navi non usano filtri per il particolato o sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto.
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I Cittadini per l’aria criticano pure il carburante ultimamente utilizzato dagli armatori per le nuove navi e ritenuto più pulito, il gas naturale liquefatto (GNL), che causa in realtà perdite significative di metano in atmosfera (oltre al 6% secondo gli ultimi studi) ed ha un potere climalterante rispettivamente 82 e 30 volte più alto della CO2 nel breve (20 anni) e nel medio periodo (100 anni). Dal 2019 al 2022 sono quintuplicate le emissioni di metano da parte delle navi da crociera.
Soluzioni proposte da Cambiamo rotta
Per migliorare la qualità dell’aria nelle aree portuali la guida propone l’adozione di carburanti più puliti, che consentirebbero pure di installare filtri per il particolato e sistemi di riduzione degli ossidi di azoto (NOx).
Inoltre, un’area a controllo delle emissioni navali (ECA) nel Mediterraneo “salverebbe 12.000 vite umane all’anno in questa area, con un beneficio economico di oltre 7 volte maggiore del costo della misura”. Fondamentali sono dunque i sistemi di riduzione degli ossidi di azoto e di quelli di zolfo: in Norvegia ad esempio, nel 2008, sono stati adottati i primi su mille navi che hanno ridotto le emissioni di NOx di ben 35.000 tonnellate.
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Una novità importante si avrà nel maggio 2025, quando entrerà in vigore l’area SECA Mediterranea, che obbligherà le navi a utilizzare carburanti a ridotta concentrazione di zolfo (0,1%). “È un passo avanti, ma non risolve il problema delle emissioni di particolato e di ossidi di azoto (NOx). Sulla scorta delle esperienze fatte nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, per questi ultimi inquinanti è necessaria l’adozione, al più presto, di un’Area NECA Mediterranea”, si legge nella guida.
Per far circolare navi più efficienti e meno inquinanti basterebbero inoltre semplici misure, quali: la riduzione della velocità di navigazione a 12 nodi (che abbatte il consumo di carburante del 70% limitando anche le collisioni con gli animali marini); il design, il recupero di perdite di energia e la scelta delle rotte, che possono aumentare l’efficienza delle navi del 30-50%. In molti Paesi europei navigano già traghetti elettrici capaci di trasportare migliaia di passeggeri e centinaia di veicoli per oltre 20 miglia marine.
Sono in grado di fare la differenza pure le banchine elettrificate, che consentono alle navi in porto di allacciarsi alla rete elettrica terrestre, diminuendo così i livelli di inquinamento atmosferico ed acustico. Una misura fondamentale per la decarbonizzazione del settore marittimo, eppure il recente Regolamento Ue 2023/1804 prevede l’obbligo di allacciamento alle banchine solo dal 2030 ed esclusivamente per le navi di oltre 5mila tonnellate. Nella guida si chiede di anticipare l’obbligo e di ridurre il costo dell’energia elettrica in banchina, rendendola più rinnovabile, “pale eoliche e pannelli fotovoltaici possono essere collocati direttamente in porto, come hanno già fatto i porti di Rotterdam, Anversa e Amburgo”.
I Cittadini per l’aria chiedono inoltre di intensificare i controlli sui carburanti delle navi, troppo blandi in Italia, ricorrendo anche all’utilizzo di sistemi di monitoraggio da remoto e aumentando la trasparenza. Per questo aspetto la guida cita il caso virtuoso della Danimarca, che dal 2019 pubblica i nomi delle compagnie che violano le norme sulle emissioni navali a tutela della salute pubblica.
Infine, i Cittadini per l’aria lodano i programmi per le tariffe portuali ispirati al concetto “meno inquini, meno paghi”, già attuati in alcuni porti, ed invitano i cittadini ad essere più responsabili, scegliendo vacanze a minore impatto ambientale di una crociera e preferendo prodotti che non necessitano di trasporti intercontinentali.
[Credits foto: Adlerauge su Pixabay]