Tra la crisi climatica e lo scioglimento dei ghiacciai, il 22% delle piante alpine italiane è a rischio estinzione. Le previsioni dicono che i ghiacciai scompariranno entro il prossimo decennio e le conseguenze per la flora e la fauna sono ancora incerte
Quasi un quarto delle piante alpine italiane è a rischio estinzione dopo la scomparsa dei ghiacciai. Questa è la conclusione del nuovo studio della Stanford University -con i contributi dell’Università dell’Insubria, dell’Università di Milano e il Museo delle Scienze di Trento– intitolato “The Consequences of Glacier Retreat Are Uneven Between Plant Species”.
Il documento, pubblicato su “Frontiers in ecology and evolution”, prevede che i ghiacciai di tutto il mondo scompariranno entro il prossimo decennio e le conseguenze per le piante, gli animali e per il territorio circostante sono ancora incerte.
“I nostri risultati indicano che fino al 22% delle specie analizzate potrebbe scomparire localmente o addirittura estinguersi una volta che i ghiacciai se ne saranno andati”, sostiene l’autore principale Gianalberto Losapio in un’intervista a The Guardian.
Infatti, si tratta di una questione di vita o di morte. Mentre ci sono alcune specie che beneficiano del riscaldamento, i cosiddetti “vincitori”, altre soffrono e possono sparire, ovvero i “perdenti”.
“Sebbene la biodiversità delle piante possa inizialmente aumentare con il ritiro dei ghiacciai, molte di queste specie potrebbero presto essere in pericolo”, aggiunge il ricercatore. I risultati dello studio hanno permesso di vedere i cambiamenti all’interno delle comunità vegetali. Benché alcune specie come l’Artemisia genipi siano state le prime a colonizzare il terreno, le loro popolazioni diminuirebbero entro soli 100 anni.
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Il team ha utilizzato documenti geologici per ricostruire le posizioni di quattro ghiacciai nelle Alpi italiane e sono riusciti ad approssimare l’età delle comunità a valle. Con queste informazioni e lo studio su 117 specie di piante, i ricercatori hanno calcolato come è cambiata la distribuzione della flora negli ultimi cinque millenni.
Lo studio è di notevole importanza perché è uno dei contributi che verranno utilizzati dalla Convention on Biological Diversity e dall’United Nations Strategic Plan for Biodiversity 2011-2020. Secondo i ricercatori, tali risultati potranno aiutare a guidare gli sforzi per salvaguardare le specie vegetali minacciate.
