Specie aliene invasive: cosa sono, come si diffondono e perché sono pericolose per gli ecosistemi

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Specie aliene invasive: cosa sono, come si diffondono e perché sono pericolose per gli ecosistemi ultima modifica: 2018-12-03T08:00:35+01:00 da Davide Mazzocco
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La prima edizione di Parchi da amare ha ospitato una conferenza per fare il punto della situazione sulla diffusione delle specie aliene invasive in Italia e nel mondo

Le specie aliene sono quelle specie animali e vegetali che vengono trasportate dall’uomo in modo volontario o accidentale al di fuori della loro area d’origine. Fra le piante vi sono la robinia (o acacia) e la panace di Mantegazza, mentre per quanto riguarda la fauna possiamo citare il pesce siluro, la zanzara tigre, la nutria e lo scoiattolo grigio.

Alcune fra le specie invasive che si insediano con successo nell’area in cui vengono introdotte si diffondono in maniera molto rapida con gravi danni per le specie e per gli ecosistemi originari di quel luogo: gli studiosi le chiamano specie aliene invasive o IAS, acronimo dell’inglese Invasive Alien Species.

Alle specie aliene invasive è stata dedicata un’interessante conferenza tenutasi venerdì 23 novembre a Torino, nell’ambito della prima edizione di Parchi da amare.

Piero Genovesi, zoologo dell’Ispra, ha aperto sottolineando la complessità delle sfide poste dalla “globalizzazione” delle specie: “La biodiversità è un elemento essenziale del nostro mondo ed è in forte diminuzione. Nonostante gli sforzi profusi negli ultimi anni non si riesce a contrastare la decrescita della biodiversità”.

Per sintetizzare le cause della perdita di biodiversità gli scienziati parlano di HIPPO dilemma laddove l’acronimo equino sta per: 1) Habitat loss (perdita degli habitat), 2) Introduced species (specie aliene invasive), 3) Pollution (inquinamento), 4) Population growth (aumento della popolazione), 5) Over-consumption (sovrasfruttamento delle risorse).

Fra questi cinque fattori quello che ha la maggiore incidenza sulla diminuzione della biodiversità è proprio il ruolo delle specie aliene invasive: nel 16,2% dei casi è la sola causa delle estinzioni, nel 40,5% dei casi è una delle cause e soltanto nel 43,3% non ha alcuna responsabilità. Ci sono, poi, dei casi particolari come quelli degli ecosistemi insulari: il 90% delle estinzioni di uccelli sulle isole è dovuta alla diffusione di specie aliene. Uno degli esempi più recenti è quello dell’Isola di Montecristo dove la diffusione dei ratti stava minacciando la sopravvivenza della berta minore e solamente un’eradicazione dei primi ha potuto evitare l’estinzione di questa specie aviaria.

La nutria è molto diffusa nelle aree fluviali e rurali del Nord Italia
La nutria è molto diffusa nelle aree fluviali e rurali del Nord Italia

Il programma europeo Life ASAP (Alien Species Awareness Program) presentato da Genovesi insieme ad Andrea Monaco, ecologo della Regione Lazio, è finalizzato a diffondere la consapevolezza in merito ai pericoli connessi alla diffusione delle specie invasive. Troppo spesso le attività di conservazione devono scontrarsi con le posizioni più radicali dell’animalismo che difendono la fauna a prescindere da una visione complessiva degli equilibri ecosistemici.

Secondo i censimenti più recenti le specie aliene nel mondo sarebbero 12mila con un aumento del 76% negli ultimi trent’anni; se ci si limita al territorio italiano le specie aliene sono tremila con un aumento del 96% negli ultimi tre decenni. L’aumento delle specie aliene è direttamente proporzionale allo sviluppo di un’economia globale: “Maggiore è la presenza dell’uomo, maggiori sono le specie aliene – spiega Andrea Monaco -. Ecco perché sono proprio i centri urbani le zone maggiormente interessate da questo fenomeno. Il repentino aumento delle specie aliene invasive è dovuto alla globalizzazione, alla crescita esponenziale delle persone e delle merci che viaggiano”.

A questo punto la domanda sorge spontanea: come fanno gli uomini a trasportare involontariamente queste specie? Le navi cargo sono i vettori ideali sia per le chiglie che per le acque stagnanti che servono a bilanciare i pesi, ma anche le piante giocano un ruolo determinante e… le suole delle scarpe!

Secondo uno studio del 2011 (fonte: Mc Neil et al., Biological Invasions) le suole delle nostre scarpe possono contenere in media circa 3 grammi di terra in cui possono nascondersi fino a 120 vermi parassiti, 139mila funghi, 14 milioni di batteri e 7 semi.

infografica specie aliene invasive

Un discorso analogo riguarda le specie invasive trovate sui prodotti vegetali trasportati nei bagagli: nelle 450mila intercettazioni effettuate fra il 1984 e il 2000 negli Stati Uniti il 76% conteneva insetti, il 14% batteri, funghi o virus, il 9% piante infestanti e l’1% molluschi, acari e nematodi.

Il successo dell’invasione è dovuto a una combinazione di fattori che vanno dalle caratteristiche biologiche ed ecologiche proprie della specie entrante e che possono renderla più competitiva di quelle native, ad ambienti favorevoli o più vulnerabili ad essa, quali spesso sono le isole o le acque interne. Altri fattori possono essere del tutto casuali come ad esempio le temperature o le precipitazioni che si verificano nel periodo di arrivo della nuova specie.

L’impatto sull’economia europea delle specie aliene invasive è stimato in 12,5 miliardi di euro l’anno (una cifra pari al PIL del Montenegro): si tratta di danni alle infrastrutture, all’agricoltura e alla pesca, più i costi delle spese sanitarie per le malattie veicolate dalle specie aliene. La sola zanzara tigre – giunta in Europa nelle acque stagnanti di copertoni provenienti dalla Cina – è veicolo di venti agenti patogeni. Secondo le stime più recenti sono almeno un centinaio le specie animali che hanno impatti negativi sulla salute umana.

Perché il problema delle specie aliene invasive venga affrontato con efficacia occorre diffondere nella cittadinanza una consapevolezza dei rischi che si corrono con la perdita della biodiversità. Per chi si occupa di conservazione il contesto è molto cambiato: i social network e la crisi degli organi di informazione hanno reso sempre più difficile il rapporto fra scienza e cittadinanza.

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L’Ibis sacro si è diffuso in Italia a causa di liberazioni o fughe da zoo e da collezioni private

“La ‘morte dell’esperto’, la diffidenza verso i dati, il complottismo, le opinioni di influencer ed hater che valgono quanto quelle di uno studioso, l’adesione a posizioni ideologiche fondate sull’emotività, la crescita del negazionismo e la difficoltà nel comunicare che anche il bello può essere cattivo sono i principali ostacoli ai quali si trova di fronte chi esegue e deve comunicare operazioni di conservazione” continua Andrea Monaco.

L’esempio dello scoiattolo grigio è emblematico. Nel sostrato psicologico di chi è cresciuto nel secolo scorso  c’è l’immagine di Cip e Ciop ovverosia l’immagine disneyana e antropoformizzata dei roditori che abitano nelle aree boschive e nei giardini urbani. La simpatia suscitata da questi roditori è un ostacolo all’eradicazione degli esemplari che mettono in pericolo gli ecosistemi forestali e la sopravvivenza dello scoiattolo rosso che alcuni abitanti del Regno Unito ormai ritengono essere un animale fantastico. Oltre ad annientare gli scoiattoli di taglia più piccola e meno prolifici, lo scoiattolo nordamericano si nutre dei semi e scorteccia le piante portando sul medio e lungo termine alla devastazione delle foreste.

Fra le attività di Life ASAP sono previste campagne di comunicazione per i cittadini con azioni mirate per le scuole, i visitatori dei parchi e i viaggiatori in transito negli aeroporti, attraverso eventi di citizen science, lo sviluppo e la diffusione di un edugame e di una Smart App, l’organizzazione di eventi e concorsi fotografici, l’allestimento di info-point presso gli aeroporti, l’utilizzo dei social media. Il calendario degli eventi si trova sul sito del progetto.

Foto di Jim Ferguson, Hovev Landoy – GFDL, Charlesjsharp

Infografica Life ASAP

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

3 Commenti

  1. Il motivo semplicissimo per cui si è sviluppata diffidenza verso gli studiosi è che l’esperienza ha dimostrato che gli stessi non sono affatto alieni dal manipolare l’informazione verso il pubblico per perseguire propri scopi e non di rado per trarre personali utilità economiche o di altro tipo.
    Per quanto tempo per esempio si è parlato degli scoiattoli grigi come pericolosi untori propagatori di un virus letale per gli scoiattoli rossi? Si veda per esempio questo articolo:
    http://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/natura/2012/09/28/Scomparsa-scoiattoli-rossi-Italia-causata-cugini-grigi_7546343.html
    Peccato che il virus in Italia e in Europa continentale non sia mai esistito, come del resto già si sapeva, e come ha confermato una successiva ricerca (successiva alla ben remunerata strage di scoiattoli grigi nel frattempo intercorsa in Italia, si intende):
    https://zslpublications.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/acv.12433
    Anche l’idea che gli scoiattoli grigi devastino (nientemeno!) le foreste è ridicola, e del resto non risulta che il Nord America sia ridotto ad un deserto; per quanto riguarda specificamente l’Italia anche studiosi favorevoli allo sterminio degli scoiattoli grigi riconoscono che “Although grey squirrels in the UK are known to debark and kill forest trees, this behaviour has not been observed in Italy” (https://link.springer.com/article/10.1007%2Fs10530-014-0668-3#Abs1)
    Ovviamente nessuno studioso interessato per un motivo o per l’altro all’eliminazione degli scoiattoli grigi si è preso invece la briga di ricordare la loro importanza per la rigenerazione delle foreste… (http://i-csrs.com/sites/default/files/pdf/analysis-forests_0.pdf)
    Il fatto è che ormai viviamo in un clima di “xenofobia verde”, non sorprendentemente cara a chi la pratica anche in campo umano, le cui fondamenta però sono assai discutibili, si veda per es. https://www.independent.co.uk/environment/nature/tackling-britains-green-xenophobia-over-alien-plants-and-animals-our-ecological-systems-can-be-10174455.html

    • Gent. sig. Andrea Argenton il suo intervento è molto interessante ma direi di parte in quanto non evidenzia gli aspetti negativi causati dall’introduzione in Italia dello scoiattolo grigio; per dirne uno, la forte diminuzione dello scoiattolo europeo sopraffatto dalla competizione con la nuova specie, decisamente più forte.

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