Davvero una splendida giornata di bel tempo quel 22 aprile del 1993 per gli scalatori dell’Himalaya; ma, si sa, in montagna le cose cambiano in fretta.
Non era il primo tentativo per Pasang Lhamu, una sherpa molto risoluta, di arrivare sulla cima all’Everest. I precedenti non avevano avuto successo. Stavolta era con altri 5 sherpa, maschi, e degli alpinisti. E stavolta, alla fine delle loro fatiche, Pasang si potè godere il panorama più bello della sua vita: era finalmente sugli 8.848 metri dell’Everest.
Quanto aveva desiderato questo momento? Quanto lo aveva sognato? Quanto aveva invidiato gli uomini che già l’avevano fatto? Quante volte si era sentita derisa e schernita proprio da questi ultimi per questo suo profondo desiderio?
Non lo ricordava. Forse da sempre. Fin da quando era bambina.
Ed ora era lì. Quanto erano belle le sue montagne? C’era da perderci lo sguardo…
Ma quel prolungato momento di estasi fu interrotto davvero troppo presto: proprio sulla vetta il compagno di cordata Sonam Tshering, un “veterano”, già cinque volte sull’Everest, si sentì male. Disperati, Pasang e gli altri cercarono di soccorrerlo mentre precipitava tra le pareti di ghiaccio. Ma non ci fu nulla da pare: l’uomo morì. Era davvero un tristissimo presagio.
Durante la susseguente discesa il tempo poi peggiorò di molto. Il team dei climbers venne investito da una bufera improvvisa e di rara potenza. Gli sherpa persero il contatto visivo tra loro; nel caos infine anche Pasang Lhamu purtroppo mancarono gli appoggi e precipitò. Il suo corpo esanime venne trascinato dagli altri a valle. La scalata dell’Everest, il giorno più bello per lei, concise drammaticamente con la fine della sua vita.
Pasang Lhamu: minuta, povera e figlia di poveri, ma determinata, occhi come il fuoco voleva riuscire, in modo naturale, senza proclami di sorta (non aveva mai potuto imparare a leggere e scrivere, discriminata come tutte le altre donne) a dimostrare la forza ed il coraggio delle donne sherpa. E ci riuscì. Ora Pasang è un’eroina del suo popolo.
Divenne da subito un esempio di riscatto per molte donne del Nepal per la sua forza di carattere.
La storia di Pasang, che è per lo più sconosciuta al di fuori del Nepal, ora verrà raccontata da un film.
La regista del progetto divenuto realtà, Nancy Svendsen, il cui cognato è il fratello maggiore di Pasang, sta attualmente lavorando alacremente, con un equipe basata in California, al montaggio del documentario su Pasang Lhamu, intitolato “The Glass Ceiling”. Il film, che sarà pronto per il marzo 2018, si sostiene con un crowdfunding. “The Glass Ceiling” ha questo claim pieno di suggestioni: “One woman, one dream and an Everest climb that changed a nation”.
La regista, in un’intervista rilasciata all’alpinista Alan Arnette nel suo blog, così ha dichiarato: “Quando mio cognato Ang Dorjee Sherpa mi ha raccontato la storia di sua sorella, ho sentito immediatamente un forte legame con lei. La sua passione e determinazione nel fare quello che le avevano detto di non poter fare è stata per me fonte di ispirazione. Pasang è la più grande eroina nepalese contemporanea, con una statua a Kathmandu, scuole, strade, un ospedale e persino una montagna che portano il suo nome – eppure nessuno ha mai raccontato la sua storia al di fuori del Nepal. Questo era sorprendente per me. Proprio in quel preciso momento, ho deciso che volevo fare questo film.”
In ricordo di Pasang Lhamu e dei suoi ideali è stata istituita una Fondazione che ha l’obiettivo di dare dignità alle donne ed ai bambini delle regioni montuose e collinari del Nepal, ancor oggi emarginati e discriminati.
Cover Image: Huffingtonpost