Prendersi cura del proprio bambino nel modo più semplice del mondo: tenendolo il più possibile vicino a sé. Anzi, addosso. Il babywearing consente di farlo quotidianamente, in casa o all’esterno, grazie all’ausilio di fasce portabebé e marsupi ergonomici. Ci siamo rivolti a Elena Alessandra Zo, consulente del portare certificata e ideatrice del metodo di danza cuore a cuore per gestanti e mamme in fascia, per saperne di più.
Babywearing, una parola affascinante che definisce un intero universo, altrettanto affascinante. Che cosa significa?
Babywearing è un termine inglese che significa “indossare il proprio bimbo”, più precisamente si tratta di “indossare”, portare, come diciamo noi italiani, il proprio bimbo con l’ausilio di fasce portabébé o supporti ergonomici.
Sei consulente della Scuola del Portare: di che cosa si tratta?
Il Centro Studi Scuola del Portare da 10 anni si occupa di Babywearing formando consulenti con professionalità e passione. Fondata da Antonella Gennatiempo, dottoressa in Psicologia, persegue lo scopo di sostenere e diffondere una genitorialità consapevole e, come definisce la stessa Gennatiempo, “a contatto”: a contatto con le proprie emozioni e a contatto col proprio piccolo, riconoscendo quelli che lei chiama “i bisogni paralleli” e, in caso di “alta medicalizzazione”, riconoscendo il bisogno per ambedue (madre-figlio) di Re- Bonding.
Quali sono le principali criticità che rendono consigliabile una consulenza?
Approcciarsi al Babywearing tramite consulenza è sicuramente il modo migliore, perché la consulente attraverso la conoscenza della diade mamma bimbo, il dialogo e l’osservazione, saprà prevenire o risolvere eventuali criticità. Ogni epoca ha diverse esigenze, sia per il genitore che per il piccino, e il giusto supporto utilizzato nel modo corretto permette di avere un lungo e soddisfacente percorso col proprio piccolo sul cuore.
Un modo di muoversi/fare/vivere basato sul contatto fisico tra genitore e figlio. Quali sono i benefici?
I benefici del portare sono moltissimi, sia per il bimbo che per i genitori. Il bimbo in fascia si ritrova in una situazione estremamente simile a quella vissuta fino a pochi giorni prima nell’utero materno, come posizione, vicinanza, rumori percepiti, calore, suoni e luci filtrati, movimento. Questo fa sì che l’esogestazione avvenga in un modo estremamente dolce e simile all’endogestazione, creando un ambiente perfetto per completare lo sviluppo del piccolo.
Portare il proprio bimbo fa sì che pianga meno, che dorma di più, che venga consolato in caso di fastidi o malanni (denti, mal di pancia, febbre, vaccini…), che abbia gli stimoli filtrati attraverso il corpo della mamma, che apprenda il movimento e la vita da una posizione privilegiata e protetta e tramite i neuroni specchio elabori ciò che vede e vive sul corpo del genitore, e che lo apprenda velocemente. Tutto questo in ambedue produce non solo l’ormone chiamato ossitocina, deputato al benessere e all’amore, ma abbassa anche i livelli di cortisolo, ormone dello stress. I bambini le cui esigenze anche e soprattutto emotive vengono riconosciute e soddisfatte sono bambini più sereni, che costruiscono col genitore un rapporto di fiducia, che crescono sicuri di sé e indipendenti.
Il genitore che porta ha più libertà di movimento, non ha limiti dati dalle barriere architettoniche, in alcuni casi può addirittura tornare a lavorare col proprio piccolo. E le coccole piene di amore che ne scaturiscono non fanno bene solo al piccolo, ma anche al genitore che porta.
Da quando e fino a quando si possono portare i bimbi in fascia?
I bambini si possono portare in fascia fin dalla nascita, molte mamme escono direttamente dall’ospedale in fascia invece che con la navicella.
Addirittura è possibile portare il pancione le ultime settimane di gravidanza, per alleviarne il peso sulla schiena con delicatezza e naturalezza, per prendersi un momento tutto per sé di coccola e attenzione, per contenere se stesse prima ancora che il proprio bambino, per dare anche il proprio odore a quella fascia che pochi giorni dopo avvolgerà il piccolo.
Non esiste una data di termine del percorso. Si porta fino a quando ne abbiano piacere entrambe le parti! Certo, il portare si modificherà molto durante il percorso, partendo dal pancia a pancia, si passerà al fianco quando il bambino sosterrà la testa e mostrerà interesse verso il mondo, per arrivare alla schiena e giocare guardando nella stessa direzione della mamma.