“Abbandonate il fucile e prendete il binocolo.” Questo il suggerimento della Lipu dato in occasione della riapertura della stagione di caccia, avvenuta ufficialmente il 17 settembre.
Una stagione iniziata, secondo l’associazione, in un quadro tutt’altro che roseo.
Senza insistere sull’aspetto etico e morale di un’attività volta all’uccisione di animali liberi e innocui per puro divertimento, quello che preoccupa è soprattutto la carenza di un piano venatorio adeguato a livello nazionale.
Undici Regioni non hanno un piano faunistico venatorio e se ce l’hanno non è aggiornato. Il Lazio, ad esempio, ha un piano che risale a venti anni fa.
Ma cosa prevede il piano faunistico venatorio? In breve è uno strumento indispensabile per regolarizzare la caccia e lo fa prevedendo delle zone di protezione in cui è vietata la caccia e le modalità in cui svolgere l’attività venatoria tenendo conto delle esigenze legate alla conservazione della natura.
Non avere un programma aggiornato non solo lede la fauna del nostro Paese, ma può avere una ricaduta negativa su tutto il territorio dell’Unione Europea.
Il piano faunistico venatorio infatti, deve essere sottoposto a una valutazione di incidenza che mira, dal punto di vista procedurale e sostanziale, al raggiungimento di un rapporto equilibrato tra la conservazione degli habitat e degli animali e l’uso sostenibile del territorio.
Una valutazione di incidenza obsoleta va a incidere negativamente sulla rete Natura 2000. Questo strumento, utilizzato dall’Unione Europea, è stato istituito dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat” per il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna.
Nonostante la volontà, da parte dell’Unione Europea di tutelare la biodiversità, in Italia sono solo tre le Regioni che hanno attivato una valutazione di incidenza aggiornata: Campania, Sicilia e Friuli Venezia Giulia.
Una delle molte conseguenze della mancanza di un piano venatorio adeguato, denuncia la Lipu, è che 18 specie di uccelli classificati come “in stato di conservazione sfavorevole” e 5 specie classificate come “minacciate a livello globale” vengono cacciate liberamente anche se andrebbero depennate dall’agenda venatoria e richiederebbero un intervento di tutela.
Purtroppo però né le Regioni, né lo Stato, né tanto meno l’Ispra hanno provveduto a creare un programma di conservazione.
Così ammirare la tortora selvatica, la coturnice, la pavoncella, il moriglione o il tordo tassello sarà sempre più difficile.
La Lipu ha già riportato l’infrazione della direttiva Habitat alla Commissione Europea denunciando la mancanza di una valutazione di incidenza aggiornata o adeguata per la maggior parte delle Regioni.
Nell’attesa che si prendano seri provvedimenti non resta che sperare che l’attività venatoria venga sostituita con il birdwatching, un’attività per amanti della natura e che coniuga in modo veramente sostenibile il rapporto tra sport e conservazione della fauna.