La qualità dell’aria è in costante miglioramento in Europa ma servono ancora ulteriori misure per rispettare gli attuali e futuri standard Ue
È stato appena pubblicato il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) sullo stato della qualità dell’aria, che rivela un generale e costante miglioramento in tutto il Vecchio Continente, indicando però la necessità di attuare ulteriori misure – soprattutto nelle città – al fine di un allineamento in particolare ai futuri standard concordati in sede comunitaria per il 2030.
Il contesto
Questo importante documento ha analizzato i dati degli ultimi due anni (2023-2024) sui livelli dei principali inquinanti atmosferici in Europa, confrontando tali concentrazioni sia con gli attuali standard sulla qualità dell’aria dell’Unione europea (Ue) per il 2030, sia con le più severe linee guida per lo stesso parametro fissate dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Quest’ultime, stabilite nel 2021, si pongono l’obiettivo di limitare gli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana e sono più stringenti rispetto ai valori limite ed obiettivo Ue. Di recente fortunatamente qualcosa si è mosso pure nell’Unione, poiché la revisione della direttiva Ue sulla qualità dell’aria (AQ) ha inasprito significativamente gli standard AQ, proprio al fine di allinearli maggiormente alle raccomandazioni dell’Oms.
“La relazione di quest’anno include anche un’analisi dei dati più recenti rispetto a questi standard UE più rigorosi, che devono essere rispettati entro il 2030. Questa analisi preliminare intende fornire un’indicazione dell’attuale distanza dall’obiettivo e non costituisce una valutazione di conformità”, specifica l’EEA.
Il rapporto fornisce una prima indicazione sulla quantità di stazioni o zone che potrebbero richiedere ulteriori misure per raggiungere la conformità agli standard di qualità dell’aria del 2030. Nell’ottica dei nuovi obblighi previsti dalla direttiva (UE) 2024/2881 – entrata in vigore il 10 dicembre 2024 – questa valutazione di base aiuta anche ad identificare i potenziali punti critici in cui potrebbero essere necessarie tabelle di marcia per l’AQ a partire dal 2026.
Al di là di questo rapporto, il lavoro dell’EEA nell’ambito del pacchetto “Qualità dell’aria in Europa 2025” prosegue. Entro la fine dell’anno saranno pubblicati ulteriori briefing sulle emissioni di inquinanti atmosferici e sugli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana, che includeranno pure le stime di decessi prematuri e malattie attribuibili alla scarsa qualità dell’aria.
I cittadini del Vecchio Continente possono inoltre continuare a consultare l’Indice europeo della qualità dell’aria, uno strumento molto utile che consente agli utenti di visualizzare dati quasi in tempo reale su questo importante parametro, indirizzando la ricerca per Paese, regione o città.
Le rilevanze
“L’inquinamento atmosferico è diminuito costantemente in tutta Europa negli ultimi decenni, ma rimane il principale rischio ambientale per la salute nella regione, causando malattie, peggiorando la qualità della vita e portando a decessi evitabili”, comunica l’EEA.
Inquinamento atmosferico, in Italia lo smog uccide 165 persone al giorno
La qualità dell’aria in Europa è migliorata significativamente negli ultimi decenni per la maggior parte degli inquinanti. Se per alcuni – quali benzene e cadmio – i Paesi Ue stanno già rispettando gli standard fissati dalla direttiva, per altri – ad esempio anidride solforosa, monossido di carbonio, piombo, arsenico e nichel – si notano netti miglioramenti, con poche stazioni di monitoraggio che mostrano valori superiori agli standard Ue.
Nonostante tali progressi la guardia deve restare alta. Un numero significativo di località nell’Ue presenta infatti concentrazioni di altri inquinanti superiori agli standard attualmente in vigore, così come ai più severi valori guida dell’Oms. “Rispetto ai livelli indicati dalle linee guida dell’OMS, il numero di siti di monitoraggio nel 2023 in cui la qualità dell’aria è considerata sicura per la salute era relativamente basso, in particolare per il PM2,5 e l’ozono. Ciò significa un aumento del rischio di impatti sulla salute associati a questi inquinanti, come malattie respiratorie e cardiovascolari”, si legge nel rapporto.
Se prendiamo in considerazione l’inquinante atmosferico più nocivo per la salute, ovvero il particolato fine (PM2,5), ci accorgiamo che dal 2011 tutti i Paesi Ue hanno diminuito l’esposizione della popolazione urbana a queste particelle solide e liquide di diametro inferiore od uguale ai 2,5 μm e che gli standard Ue sono stati pienamente rispettati (99% delle stazioni). Tuttavia, la stragrande maggioranza degli stessi residenti nelle città (94%) rimane esposta a concentrazioni di PM2,5 superiori al livello indicato dall’Oms, evidenziando così la necessità di misure aggiuntive per ridurre i rischi per la salute.
Il particolato fine è dovuto soprattutto al riscaldamento domestico, alle attività industriali ed al traffico veicolare, anche se tali particelle possono provenire anche da fonti naturali e formarsi nell’atmosfera (così come per il PM10), senza dimenticare che le emissioni di ammoniaca di origine agricola contribuiscono in modo significativo alla loro formazione. Concentrazioni di PM2,5 superiori al valore limite annuale Ue sono state osservate in Italia, Turchia e nella maggior parte dei Paesi dei Balcani occidentali.
Ambiente urbano, male la qualità dell’aria bene il fotovoltaico
L’ozono (O3) si forma nell’atmosfera quando calore e luce causano reazioni chimiche tra gli ossidi di azoto ed i composti organici volatili (COV), incluso il metano, potente gas serra. Le emissioni di questi gas provengono da fonti antropiche ma possono essere anche biogeniche, come nel caso dei COV. Un ruolo importante è svolto anche dalla meteorologia, poiché l’ozono e i suoi inquinanti precursori vengono trasportati in Europa anche da altre parti dell’emisfero settentrionale e dall’alta atmosfera. Nel 2023 le concentrazioni più elevate di ozono sono state riscontrate nel Mar Mediterraneo orientale, in Italia, nella Penisola Iberica e nell’Europa centrale. Da notare che l’obiettivo a lungo termine dell’Ue per l’ozono di 120 µg/m3 è stato raggiunto solo dal 17% delle stazioni di monitoraggio nel 2023 e dal 22% nel 2024.
Il PM10 (particelle di diametro inferiore od uguale ai 10 μm) è emesso principalmente dalla combustione di combustibili solidi per il riscaldamento domestico, mentre altre fonti importanti sono le attività industriali, l’agricoltura ed il trasporto su strada.
“Concentrazioni superiori al valore limite giornaliero UE per il PM10 si riscontrano principalmente in Italia e in alcuni paesi dell’Europa orientale. In molti paesi dell’Europa centrale e orientale, combustibili solidi come carbone e legna vengono utilizzati per il riscaldamento domestico e in alcuni impianti industriali e centrali elettriche. La Pianura Padana, nell’Italia settentrionale, è un’area densamente popolata e industrializzata con condizioni meteorologiche e geografiche specifiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti atmosferici in atmosfera. Alcune concentrazioni superano il valore limite giornaliero UE anche nelle Isole Canarie, principalmente a causa dell’apporto naturale di polvere sahariana”, si legge nel rapporto. Nel 2023 l’11% delle stazioni di monitoraggio ha misurato concentrazioni di PM10 superiori al valore limite giornaliero dell’Ue.
La Pianura Padana è la zona dove si respira l’aria più inquinata d’Europa
Il biossido di azoto (NO2) deriva invece principalmente dal traffico veicolare, oltre che dalle attività industriali e dall’approvvigionamento energetico. Concentrazioni superiori al valore limite annuale sono state riscontrate in molte città turche ed in altri centri urbani caratterizzati da un intenso traffico stradale. Più in generale, nel 70% delle stazioni di monitoraggio sono stati registrati valori superiori al livello guida annuale dell’Oms.
Giungendo alle conclusioni, il rapporto ha analizzato la distanza dei dati attuali rispetto ai valori limite del 2030, in base all’aggiornamento della direttiva Ue sulla qualità dell’aria. Da ciò è emerso che una percentuale significativa delle stazioni di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico nel 2023 rispettava già gli standard del 2030 per tutti gli inquinanti, in particolare per il biossido di azoto. Il rispetto dei valori limite giornalieri è stato generalmente più elevato a confronto dei valori limite annuali.
“Tuttavia, per rispettare questi standard ovunque, e sulla base dei progressi attuali, è probabile che siano necessarie ulteriori misure per migliorare la qualità dell’aria, soprattutto nelle città”, si legge nel rapporto. La sfida riguarda pure il mantenimento delle concentrazioni di particolato e biossido di azoto al di sotto dei valori limite di esposizione professionale, visto che alcune stazioni hanno registrato livelli significativamente superiori agli standard del 2030 per questi due inquinanti. “L’attuazione integrale della legislazione vigente, comprese le azioni volte a soddisfare gli standard di qualità dell’aria rivisti, è fondamentale per le riduzioni dell’inquinamento atmosferico previste dal quarto rapporto Clean Air Outlook (CE, 2025)”, il consiglio conclusivo del rapporto.
[Credits foto: wal_172619 su Pixabay]
