Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese

Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, 44 anni di richieste di diritti

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Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, 44 anni di richieste di diritti ultima modifica: 2021-11-29T00:01:03+01:00 da Carla Clúa Alcón
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Oggi 29 novembre si celebra la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese

Come ogni anno in tutto il mondo, oggi si parla di diritti e di rivendicazioni per la Palestina. Oggi è la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1977 per ricordare la risoluzione del 29 novembre 1947 sulla partizione della Palestina e la creazione di due Stati indipendenti, uno arabo e uno ebraico.

Più di 70 anni dopo la partizione, la Palestina continua a non avere uno Stato. La Giornata per la Solidarietà con il Popolo Palestinese ha come obiettivo, infatti, sensibilizzare la comunità internazionale su questa questione ancora aperta, ricordando il rispetto dei diritti che l’Assemblea Generale ha definito per il popolo palestinese, ovvero il diritto all’autodeterminazione senza interferenze esterne, il diritto all’indipendenza e alla sovranità nazionale e il diritto a recuperare le proprietà abbandonate a causa dei conflitti.

Breve cenno storico del conflitto

La questione della Palestina è stata portata alle Nazioni Unite poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante ciò, le origini del problema palestinese come questione internazionale risiedono negli eventi avvenuti verso la fine della Prima Guerra Mondiale, che portarono alla decisione della Società delle Nazioni di porre la Palestina sotto l’amministrazione della Gran Bretagna come potenza mandataria. Questo mandato doveva essere una fase transitoria fino a quando la Palestina non avesse raggiunto lo status di nazione completamente indipendente. Ma la decisione sul mandato non ha tenuto conto dei desideri del popolo palestinese. La Gran Bretagna decise di istituire a Est la Transgiordania e a Ovest, tutelò gli insediamenti ebraici, pur rassicurando gli arabi presenti, cioè i palestinesi.

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L’Olocausto deteriorò l’Aliyah, il pellegrinaggio ebraico fino alla terra promessa della Bibbia, e il Regno Unito optò per il suo ritiro dalla Palestina, delegando la faccenda all’ONU. La risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU del 1947 approvò la partizione della Palestina, lasciando due Stati sulla stessa terra: uno ebraico -coprendo il 56% del territorio e ospitando anche 400 mila palestinesi- e un altro arabo -meno esteso e quasi totalmente musulmano-, lasciando Gerusalemme sotto il controllo internazionale, con una funzione di “separatore” delle due zone. I leader ebrei accettarono la proposta, mentre quelli palestinesi, che erano quasi il doppio di quelli ebrei, no.

Il risultato di tale decisione non fu il migliore: all’interno del 56% di territorio affidato allo stato sionista, rimaneva il 45% della popolazione formata da arabi e l’80% delle terre appartenevano a loro. Mentre per i palestinesi questo era visto come un’usurpazione di una parte del loro territorio da tempo immemorabile, per i sionisti era una minaccia per la realizzazione dei loro piani.

Scoppiò allora una guerra civile che provocò l’espulsione o la fuga di due terzi della popolazione palestinese. Il 14 maggio 1948, in coincidenza con la Dichiarazione di indipendenza di Israele, i vicini stati arabi dichiararono guerra al nuovo Stato di Israele, sebbene furono sconfitti dagli israeliani. Alla fine della guerra, Israele rifiutò di accettare il ritorno degli oltre 700.000 rifugiati palestinesi, che da allora hanno vissuto in campi profughi in Libano, Siria, Giordania, Striscia di Gaza e Cisgiordania, tra gli altri luoghi.

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Una crisi irrisolta

Il conflitto tra Israele e Palestina è tutt’altro che chiuso: la tensione tra le due parti si è prolungata fino al XXI secolo. Recentemente c’è stato un altro capitolo della crisi, iniziato il 10 maggio di quest’anno che ha lasciato centinaia di morti, soprattutto a causa dei bombardamenti dell’aviazione israeliana sulla Striscia di Gaza.

La tensione, iniziata durante il mese di Ramadan, è stata molto più rapida, devastante e di vasta portata e ha scatenato la peggiore violenza tra israeliani e palestinesi degli ultimi anni: lo scontro tra l’esercito israeliano e Hamas nella Striscia di Gaza ha raggiunto un livello di aggressività che non si vedeva dal 2014.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (HRW), il lancio di missili verso Israele effettuato dal gruppo islamico Hamas è stato classificato come “crimine di guerra”, così come anche alcuni dei bombardamenti israeliani, poiché non sono stati trovati obiettivi militari nelle vicinanze e gli attacchi hanno costituito una “flagrante violazione” delle leggi di guerra.

Attualmente, 138 Stati membri delle Nazioni Unite riconoscono la sovranità dello Stato di Palestina, oltre alla Santa Sede e alla Repubblica Saharawi, mentre una dozzina di altri Paesi hanno relazioni informali con essa. Nel 2011, la Palestina ha chiesto l’ammissione come Stato osservatore alle Nazioni Unite, la quale è stata accettata l’anno successivo dall’Assemblea Generale con 138 voti favorevoli su un totale di 193.

Ci sono importanti attori internazionali coinvolti nel conflitto israelo-palestinese, i quali hanno avviato molti tentativi per negoziare una soluzione tra i due Stati. Questa soluzione comporterebbe la creazione, finalmente, di uno Stato di Palestina indipendente accanto a quello di Israele. Tuttavia, anche all’interno delle società israeliane e palestinesi, il conflitto genera molteplici punti di vista e di opinioni. Un fatto che mette in luce le profonde divisioni che esistono non solo tra i due attori, ma anche all’interno di ciascuna società.

Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, 44 anni di richieste di diritti ultima modifica: 2021-11-29T00:01:03+01:00 da Carla Clúa Alcón

Laureata in giornalismo, vive a cavallo tra l'Italia e la Spagna. Nata nel 1996 a Tarragona (Catalogna), sta conseguendo una Laurea Magistrale in Scienze Internazionali all'Università di Torino. Ha lavorato in diversi media spagnoli, televisione, radio e giornali. Le sue passioni sono viaggiare, scrivere, conoscere la politica e imparare le lingue –ne parla sei!-. Amante del buon cibo, è sempre alla ricerca del sole e del mare.

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