Tarassaco, riso, arancia: tentativi di sostenibilità per gli pneumatici

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Tarassaco, riso, arancia: tentativi di sostenibilità per gli pneumatici ultima modifica: 2015-06-07T08:30:11+02:00 da Veronica Ottria
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Pneumatici ecologici, sperimentazioni per ridurne l’impatto ambientale: dal riciclo alle nuove piante da gomma.

Si possono produrre pneumatici ecologici?

Chi pensa all’automobile come mezzo di trasporto poco sostenibile, di certo l’associa come prima cosa alle enormi quantità di “schifezze” che escono dal suo tubo di scappamento. Ma l’insostenibilità dell’automobile passa anche dagli pneumatici. La maggior parte di essi sono infatti costruiti con materiali di derivazione petrolifera, con un consumo di greggio che si aggira tra i 20 e i 28 litri per un solo pneumatico, oltre all’utilizzo di metalli pesanti come zinco, cadmio, rame e piombo. Anche se la gomma utilizzata è naturale, i problemi non vanno certo a dissolversi: l’Hevea brasiliensis, infatti, è un albero originario dell’Amazzonia ma cresce ormai quasi soltanto nel Sud-Est asiatico; l’approvvigionamento è sempre più difficile, a causa delle coltivazioni di palme da olio che gli stanno rubando terreno e anche a causa di un’infestazione a livello radicale di molti alberi, che ne rende necessario l’abbattimento.

pneumatici ecologici
Pneumatici ecologici sono in atto sperimentazioni per ridurne l’impatto ambientale

Durante l’utilizzo dello pneumatico, dalla superficie si staccano inoltre minuscole particelle che entrano a far parte del calcolo delle polveri sottili.

Ma il problema più grande è lo smaltimento a fine vita: ogni anno infatti si calcola che nel mondo vengano dismessi quasi un miliardo di pneumatici, quantità che va costantemente crescendo; nella sola Unione Europea la cifra si aggira intorno ai 350 milioni (fonte: Ecopneus), di cui 380.000 tonnellate solo in Italia. Lo pneumatico è un rifiuto estremamente ingombrante, inquinante e di difficile smaltimento.

Gli pneumatici a fine vita vengono generalmente esportati, ridotti in granuli e impiegati nell’industria edilizia e in quella calzaturiera, ma anche in centrali termoelettriche e di riscaldamento, nell’attività portuaria e in quella agricola, negli asfalti modificati e nell’arredo urbano.

Se il copertone non è riutilizzabile o trasformabile finisce però in discarica, con tempi di decomposizione enormi (oltre i cent’anni) e rischio di inquinamento delle sottostanti falde acquifere (contiene xilene, benzene, idrocarburi policiclici) o di incendio, con relativa dispersione di enormi quantità di diossina e polveri sottili in atmosfera.

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Il declino dell’industria automobilistica a fronte di metodi di spostamento più sostenibili è ancora molto lontana, ma qualcosa si sta muovendo per ridurre per lo meno l’impatto degli pneumatici, senza comprometterne la durata, l’affidabilità e –ahimé- il profitto per le industrie produttrici.

Pneumatici ricostruiti e nuove gomme naturali

La prima grande innovazione in questo senso, già attiva da diverse decine d’anni, è lo pneumatico ricostruito, cioè un copertone il cui battistrada usurato è stato asportato e sostituito con materiale nuovo, mantenendo intatta la struttura originaria. Circa il 20% degli pneumatici dismessi viene ricostruito.

I vantaggi a livello ambientale sono notevoli: per la produzione bastano 5,5 litri di greggio (meno di un quinto rispetto a un pneumatico nuovo). Dello pneumatico vecchio si conserva l’80%, con notevole riduzione del rifiuto in discarica. Anche l’energia utilizzata per la produzione è notevolmente inferiore, fino al 70%, rispetto ad un copertone nuovo. Non ultimo, il fattore economico: uno pneumatico ricostruito viene a costare praticamente la metà di uno nuovo.

Raccolta pneumatici usati (PFU)
Raccolta pneumatici usati (PFU)

Ma le principali aziende produttrici di pneumatici si stanno mobilitando nel campo della ricerca per trovare nuove materie prime che sostituiscano i derivati petroliferi e la gomma da Hevea brasiliensis. Negli ultimi anni si sta sperimentando su nuove piante, fino ad ora inutilizzate per lo scopo, con risultati a dir poco stupefacenti.

I primi tentativi hanno riguardato il Guayule (Parthenium argentatum), un arbusto perenne originario del Messico, già utilizzato ampiamente durante la seconda guerra mondiale, la cui coltivazione è a basso impatto ambientale, richiedendo poca acqua e non necessitando di pesticidi. Il lattice da esso estratto è inoltre ipoallergenico (ampio il suo utilizzo in campo medicale).

Parthenium argentatum
Parthenium argentatum

Tra le più recenti sperimentazioni, prima tra tutte il Tarassaco: sì, proprio il nostro amico dai fiori gialli che diventano soffioni e le cui foglie tenere son tanto buone in insalata. Si tratta in realtà di un suo cugino russo, il Taraxacum kok-saghyz, pianta spontanea che produce un lattice molto simile alla gomma più nota. La grande innovazione, in termini di sostenibilità ambientale, è che la pianta, molto resistente, può essere coltivata in terreni precedentemente inutilizzati nelle regioni temperate di tutta Europa, quindi anche nei terreni che si trovano in prossimità degli stabilimenti di produzione degli pneumatici, riducendo notevolmente le distanze di trasporto della materia prima. Senza contare che, non essendo coltivata in terreni tipicamente agricoli, non andrebbe a competere con la coltivazione di piante destinate all’alimentazione umana. Il tarassaco, inoltre, raggiunge la sua maturità per la raccolta in due anni, a dispetto dei sette necessari per l’Hevea, riducendo anche i tempi di produzione.

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Ottimi risultati sono stati ottenuti anche grazie all’olio ottenuto dalle bucce d’arancia, che diminuisce l’attrito della gomma, riducendone di conseguenza l’usura e il consumo di carburante, migliorando l’efficienza dell’auto. Una miscela di gomma naturale e olio d’arancia riduce dell’80% il consumo di petrolio, rendendo inoltre lo pneumatico maggiormente leggero, aerodinamico e silenzioso.

Ma la sperimentazione non finisce qui, passando dall’amido di mais per la creazione di un polimero che sostituisca il nerofumo e la silice, riducendo i consumi e le emissioni di CO2 e rendendo inoltre il prodotto finale compostabile e biodegradabile. I costi ambientali rimangono però  alti, se si considera che per creare un chilogrammo del biopolimero sono necessarie 11 pannocchie.

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C’è chi poi ha provato a utilizzare la lolla del riso (la parte più esterna, totalmente scartata nell’industria alimentare), la cui cenere, derivata dalla combustione, produce silice che viene utilizzata nello pneumatico per ridurre la resistenza al rotolamento. Dal punto di vista ambientale è un ottimo riutilizzo di un sottoprodotto alimentare che altrimenti verrebbe sprecato: una risorsa già presente (si calcola che quasi la metà della popolazione mondiale ogni giorno consumi riso), che attende solo di essere utilizzata.

Riso maturo
La lolla del riso viene utilizzata per provare a produrre pneumatici ecologici

La ricerca in questi ambiti alternativi è in continuo sviluppo, provando a utilizzare anche l’olio di soia o di colza come sostitutivo degli oli fossili, oppure il rayon (fibra derivata dalla cellulosa) come sostituto del poliestere quale rinforzo per la carcassa dello pneumatico; o ancora sfalci e paglia di cereali, barbabietola e canna da zucchero al posto del butadiene.

Un universo di possibili nuove strade per gli pneumatici insomma… sperando che ci si abitui sempre meno ad usarli, se non come altalena appesa a un albero!

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Laureata in Comunicazione, un Master in Comunicazione per la Sostenibilità, una dose infinita di dilemmi etici. Con i bambini piccolissimi ha trovato la sua dimensione: baby-sitter da sempre ed educatrice di prima infanzia da poco. Bacchettona della raccolta differenziata, fissata con la cosmesi naturale, attenta lettrice di etichette, esploratrice di erbe, vegetariana, legge molto, cucina e cuce ancora di più... Una donna all'antica, insomma! Ama soffermarsi sulle piccole cose, scoprire odori e gusti nuovi, i flashback improvvisi, le facce delle persone, i bambini e gli animali: quell'empatia che con loro è così naturale. Il mondo che vorrebbe... nella sua testa esiste già!

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