Mission Z: al MAcA si insegna agli adolescenti la cooperazione per la sopravvivenza del Pianeta attraverso il gioco

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Mission Z: al MAcA si insegna agli adolescenti la cooperazione per la sopravvivenza del Pianeta attraverso il gioco ultima modifica: 2018-03-16T08:00:45+01:00 da Mariangela Campo
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Domenica 25 febbraio, presso il MAcA, il Museo A come Ambiente, si è svolto il laboratorio Mission Z, un gioco da tavolo interattivo che sviluppa le capacità di gestione delle risorse in un tempo limitato rispettando, ciascuna squadra, i valori dell’altra. Il laboratorio, condotto da Simona Molari, è dedicato agli adolescenti dai 14 anni in poi, e consigliato anche agli adulti.

Mission Z
Il gioco Mission Z

Mission Z: un gioco che insegna a gestire i conflitti

Il gioco consiste nella cooperazione tra cinque popolazioni, che devono sopravvivere con risorse limitate e trovare un equilibrio tra loro, per condividere il destino del nuovo pianeta “Mission Z”. A spiegarci nei dettagli il gioco è stato il direttore del museo, Paolo Legato:

«Mission Z è un esercizio di apprendimento basato sul gioco, che mira a sfidare i partecipanti e a riflettere sulle cause del conflitto.

Il gioco simula molti dei meccanismi che spingono le persone a prendere decisioni difficili nei rapporti con i propri “vicini”, comprendendo anche la pressione di tempo, le tensioni, le informazioni ingannevoli o incomplete, e molto di più.

L’esercizio finisce per simulare la guerra su una mappa, e dimostra quanto sia difficile trovare un percorso alternativo per raggiungere i propri obiettivi. L’apprendimento è ricomposto attraverso una valutazione finale».

I conflitti si risolvono con la cooperazione

Il tema principale del laboratorio riguarda appunto i conflitti e la cooperazione: su questi concetti fondamentali, ragiona ancora il direttore:

«Il conflitto è una forza positiva per la cooperazione […] Conflitto significa che non si è d’accordo su qualcosa, o che si interpreta una situazione in modi diversi. Ci aiuta a scoprire ulteriori informazioni, senza le quali non è possibile prendere le decisioni migliori. Per esempio, non ci potrebbe essere democrazia senza conflitto. Ma questi disaccordi – i conflitti – devono essere gestiti senza violenza. In altre parole, attraverso la cooperazione».

Il messaggio che Mission Z vuole veicolare, secondo le parole di Paolo Legato, è questo:

«Stiamo cercando di mostrare ai nostri partecipanti che noi esseri umani siamo in grado di agire in modo altamente distruttivo, a volte anche senza rendercene conto, quando siamo sotto pressione e influenzati da qualcuno.

Mission Z tende a mostrarci cosa succede quando il conflitto non è gestito bene, e scoppia la guerra. Abbiamo condotto l’attività in questo modo di proposito, per dare ai nostri partecipanti un po’ di shock, e vivere un’esperienza che ricorderanno per lungo tempo.

Tra l’altro, l’obiettivo 17 degli SDG, Sustainable Development Goals, (ovvero Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile) tratta il tema in maniera esplicita, e dunque mi sembra utile richiamarlo».

mission Z
giocatori impegnati in Mission Z

La cooperazione interculturale per la sopravvivenza del Pianeta

L’appartenenza ad un gruppo con determinate caratteristiche legate al sesso, all’età, alla classe sociale e alla professione, genera delle regole di comportamento e dei pregiudizi – opinioni basate non sull’esperienza ma su luoghi comuni – che contribuiscono a creare situazioni di conflitto tra gruppi diversi.

Conflitti e ostilità tra gruppi sono una conseguenza quasi fisiologica di situazioni in cui gli individui interagiscono come membri di due gruppi diversi e, soprattutto, in competizione tra loro.

L’unica condizione necessaria per migliorare la relazione fra i due gruppi, è quella di favorire la cooperazione fra i membri per un obiettivo comune, raggiungibile solo con una reciproca collaborazione.

Ed è proprio quest’ultimo concetto che bisogna far interiorizzare alle nuove generazioni, per una convivenza proiettata verso la multiculturalità e la conservazione del nostro Pianeta; motivo per cui il direttore del MAcA vorrebbe includere questo laboratorio nell’offerta formativa delle scuole per il prossimo anno scolastico.

 

 

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Classe 1981, siciliana di origini e lombarda di adozione. È giornalista pubblicista, scrive per diverse testate online, svolge dei laboratori di giornalismo digitale nelle scuole medie ed elementari. Ha due bambini che le hanno insegnato a vivere green e a voler diffondere le buone pratiche della sostenibilità ovunque, soprattutto attraverso la scrittura. Ha studiato lettere, specializzandosi in scienze linguistiche italiane, perché è sempre stata convinta che solo imparando a parlare e a scrivere correttamente si possono diffondere messaggi che non si fraintendano. Ama leggere storie ai suoi figli e scovare sempre nuovi libri.

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