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Attività mineraria in acque profonde, l’Autorità internazionale per i fondali marini è a un bivio

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Attività mineraria in acque profonde, l’Autorità internazionale per i fondali marini è a un bivio ultima modifica: 2025-04-30T00:01:22+02:00 da Marco Grilli
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L’attività mineraria in acque profonde suscita divergenze fra vari Stati, l’Autorità internazionale per i fondali marini (ISA) è chiamata a bilanciare o risolvere interessi contrastanti

L’attività mineraria nelle acque profonde site nell’Area – ovvero i fondali marini ed oceanici ed il loro sottosuolo oltre i limiti delle giurisdizioni nazionali – sta generando forti divergenze di vedute. A fine marzo scorso si è conclusa la prima parte della 30ª sessione annuale dell’Autorità internazionale dei fondali marini (ISA), che ha rivelato l’importanza dei negoziati su norme, regolamenti e procedure (RRP) per disciplinare questa materia così delicata.

Restano in campo due visioni nettamente contrastanti: da una parte 32 membri dell’ISA chiedono una moratoria od una sospensione precauzionale dell’attività mineraria in acque profonde, dall’altra altri Stati reclamano la necessità di avviare il prima possibile lo sfruttamento commerciale delle risorse minerarie. All’ISA spetta il mandato di “organizzare, controllare e regolamentare le attività nell’Area”, ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Il suo difficile compito, oggi, è quello di cercare di fare da ago della bilancia, per appianare o risolvere questi differenti approcci ed interessi.

“Qualsiasi azione unilaterale costituirebbe una violazione del diritto internazionale e violerebbe fondamentalmente i principi del multilateralismo e il quadro collettivo previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”, ha tuonato la brasiliana Leticia Reis de Carvalho al termine della sua prima sessione come Segretaria generale dell’ISA. Parole forti che riflettono una preoccupazione ancora più grande.

La minaccia statunitense

Gli Stati Uniti non hanno mai sottoscritto l’UNCLOS ma la Metals Company USA LLC (TMC USA) ha annunciato di aver formalmente avviato una procedura con la National oceanic and atmospheric administration (NOAA) del Dipartimento del commercio degli Stati Uniti, al fine di richiedere licenze di esplorazione e permessi di recupero commerciale ai sensi della legislazione statunitense vigente, ovvero la legge sulle risorse minerali dure dei fondali marini profondi del 1980.

Questa notizia rappresenta un vero rischio per i negoziati nell’ambito dell’Isa e sia Carvalho che molti delegati hanno ribadito che l’Area e le sue risorse sono patrimonio comune dell’umanità: un principio ampiamente sostenuto dalla comunità internazionale che deve restare alla base della governance degli oceani.

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Molti membri hanno espresso profonda preoccupazione per l’annuncio del TMC USA, sottolineando sia le decisioni del Consiglio del 2023 – secondo cui le attività di sfruttamento non dovrebbero iniziare fino a quando non saranno stati predisposti i necessari RRP – sia il loro impegno nei confronti dell’Accordo di attuazione del 1994 relativo alla Parte XI dell’UNCLOS e dell’ISA. Nulla dunque senza un quadro normativo comune e concordato.

UNCLOS e ISA

Sottoscritta nel 1982 ed entrata in vigore il 16 novembre 1994, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce i diritti e gli obblighi degli Stati in materia di utilizzo dell’oceano e delle sue risorse e protezione dell’ambiente marino e costiero. Tutte le parti dell’UNCLOS sono automaticamente membri dell’ISA, che  ad oggi comprende 169 Stati e l’Unione europea.

Come già accennato, la pietra miliare dell’UNCLOS è che l’Area e le sue risorse sono patrimonio comune dell’umanità. In base a tale principio la Convenzione prevede che: nessuno Stato può rivendicare o esercitare sovranità o diritti sovrani su alcuna parte dell’Area o delle sue risorse; le attività nell’Area devono essere svolte a beneficio dell’umanità nel suo complesso; l’Area e le sue risorse sono aperte all’uso esclusivo per scopi pacifici da parte di tutti gli Stati, costieri o senza sbocco sul mare, senza discriminazioni; i benefici finanziari e gli altri benefici economici derivanti dalle attività svolte nell’Area devono essere equamente ripartiti, sempre senza discriminazioni.

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Ma quali sono più nello specifico queste risorse? Sui fondali marini profondi i noduli polimetallici furono rilevati per la prima volta nel 1873, in occasione della spedizione HMS Challenger. Contengono vari metalli tra cui nichel, rame, cobalto e manganese e sono situati  principalmente nella zona di Clarion-Clipperton (Oceano Pacifico), distribuiti in superficie o semisepolti sul fondale. Oltre a questi, nel corso del tempo nell’Area sono state rinvenute altre importanti risorse minerarie, quali: le croste di ferromanganese ricche di cobalto; gli accumuli di nichel, rame, cobalto, molibdeno e terre rare sui monti sottomarini, ed infine i solfuri polimetallici formatisi per reazioni chimica attorno ai siti delle sorgenti idrotermali, contenenti rame, zinco, piombo, argento e oro.

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Ai sensi della Parte XI dell’UNCLOS e dell’Accordo di attuazione del 1994 è stata creata l’ISA, un’istituzione autonoma volta ad organizzare e controllare le attività nell’Area, in primis al fine di amministrarne le risorse e garantire la protezione degli ambienti marini dagli effetti nocivi delle eventuali attività minerarie. Gli organi dell’ISA sono l’Assemblea, il Consiglio, la Commissione Finanze, la Commissione Legale e Tecnica (LTC) ed il Segretariato. Al momento l’ISA ha già elaborato un Codice minerario che prevede una serie di norme e procedure per regolamentare la prospezione, l’esplorazione e lo sfruttamento dei minerali marini nell’Area, oltre ad altri tre Regolamenti.

La prima parte della 30ª sessione

La riunione del Consiglio dell’ISA per la prima parte della sua 30ª sessione si è tenuta a Kingston (Giamaica), dal 17 al 28 marzo. Ha attirato oltre 250 delegati e osservatori, tra cui rappresentanti di tutti i 36 membri del Consiglio.

I minerali critici sono uno dei fattori cruciali per l’avvio della transizione verde: alcuni membri ritengono essenziale l’estrazione commerciale delle risorse minerarie dei fondali marini profondi per riuscire a soddisfare la domanda attuale e prevista, mentre altri evidenziano i notevoli rischi collegati agli impatti potenzialmente irreversibili su uno degli ecosistemi più sconosciuti, selvaggi ed incontaminati.

I contrari allo sfruttamento, attenendosi alle risultanze di numerosi studi scientifici, ribadiscono  che “il riciclo e altre strategie di economia circolare possono svolgere un ruolo significativo nel ridurre la domanda di minerali essenziali e dovrebbero essere al centro degli sforzi delle industrie e dei governi”. Al momento ben 32 Stati  hanno chiesto una moratoria od una sospensione precauzionale dell’attività mineraria in acque profonde.

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Il tema principale di discussione del Consiglio è stato l’esame della bozza di regolamento per lo sfruttamento minerario commerciale in acque profonde. A fronte di progressi in alcune disposizioni (tra queste l’accordo per fare riferimento alla prevenzione di “effetti nocivi” anziché a “danni gravi per l’ambiente marino” – in conformità con l’UNCLOS –  e la proposta congiunta sull’attività estrattiva pilota e sperimentale), restano ancora irrisolte molte importanti questioni. Tra quelle discusse figurano le normative che garantiscono l’efficace protezione e conservazione dell’ambiente marino (comprese le valutazioni di impatto ambientale); le disposizioni in materia di responsabilità civile ed assicurazione; il coordinamento con altri quadri ed iniziative internazionali esistenti in materia di governance degli oceani; i diritti e gli interessi legittimi degli Stati costieri ed infine il patrimonio culturale subacqueo.

In generale, alle difficoltà correlate alla regolamentazione degli svariati aspetti di una nuova attività estrattiva mai sperimentata prima nella storia umana, si uniscono le incertezze intrinseche ed il limitato stato delle conoscenze scientifiche – seppur in continua evoluzione – sugli ecosistemi di acque profonde.

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Al di là del caso statunitense, l’altra mina vagante è rappresentata da uno Stato membro ISA, Nauru,  che ha nuovamente espresso la sua intenzione di collaborare con la sua entità sponsorizzata, Nauru Ocean Resources Inc. (NORI), al fine di presentare una domanda per un piano di sfruttamento a giugno 2025. Tutto ciò dopo la cosiddetta “regola dei due anni” fatta scattare da Nauru nel 2021, al termine della quale i membri del Consiglio ribadirono in una decisione che “lo sfruttamento commerciale delle risorse minerarie nell’Area non dovrebbe essere effettuato in assenza di norme, regolamenti e procedure relative allo sfruttamento”. Per molti delegati l’annuncio di Nauru è estremamente preoccupante perché, essendo sia TMC USA che NORI  sussidiarie di TMC, saremmo di fronte ad una precisa tattica per esercitare pressioni sull’ISA sia dall’interno tramite NORI, che dall’esterno per mezzo di TMC USA.

Nel consiglio i delegati si sono divisi tra chi sostiene che l’attività mineraria in acque profonde non può iniziare senza RRP in vigore, ed altri secondo cui – al momento di presentazione di una domanda per un piano di lavoro di sfruttamento – il Consiglio debba esaminarla ed approvarla provvisoriamente in base all’Accordo del 1994. Non vi è però chiarezza su cosa significhi esame ed approvazione provvisoria, perché in questo contesto i delegati si basano su interpretazioni giuridiche divergenti.

La sessione di luglio del Consiglio e dell’Assemblea dell’ISA rappresenterà dunque un bivio. “NORI e TMC USA porteranno avanti la loro intenzione di presentare domanda per l’estrazione mineraria commerciale in acque profonde? Cosa significherà per il futuro dell’ISA avere un richiedente nell’ambito di competenza dell’UNCLOS e dell’ISA e un altro al di fuori? I delegati riusciranno nel loro monumentale compito di sviluppare un solido quadro normativo, garantendo che i potenziali impatti sull’ambiente marino siano pienamente considerati e che gli obblighi di condivisione dei benefici siano rispettati?”, si legge nel rapporto sintetico del Consiglio.

“Se questo tentativo clandestino di estrazione mineraria in acque profonde dovesse avere successo, questa azione unilaterale potrebbe sconvolgere radicalmente il delicato equilibrio in aree al di fuori della giurisdizione nazionale, non solo corrodendo i fondamenti dell’UNCLOS, ma anche influenzando profondamente la stabilità del sistema internazionale, la cooperazione e la pace, la conclusione poco rassicurante.

[Credits foto: nico49 su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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