La sacralità del cibo, un settore monopolizzato da 10 aziende in tutto il mondo. Come fare? A Firenze ci si è confrontati per trovare nuove soluzioni per il futuro
Ultimamente, specie in concomitanza con l’apertura di EXPO 2015, il tema alimentare è divenuto argomento di discussione quotidiana.
Giornali, campagne pubblicitarie e aziende si interrogano sul cibo, simbolo di quotidianità e di tradizione culturale, oltre che elemento basilare e primaria necessità per ciò che ogni società si pone come obiettivo fondamentale: la sopravvivenza.
Su questo, a Firenze lo scorso aprile si sono interrogate varie personalità del mondo scientifico, culturale e sociale che, in occasione del convegno organizzato dall’associazione BIBLIA dal titolo “Per sora nostra madre terra” hanno scelto di confrontarsi con lo scopo di offrire una lettura esaustiva e condivisa anche dal punto di vista culturale ed inter-religioso.
Tra gli ospiti anche don Luigi Ciotti (fondatore di Libera e Gruppo Abele) che, con il coraggio che lo contraddistingue ha saputo mettere in luce la gravità della situazione nel campo delle ecomafie e della speculazione internazionale, in particolare rispetto al diritto fondamentale di ogni individuo: l’alimentazione.
Nel suo intervento, oltre a puntare il dito contro il nuovo fiorente mercato dei clan camorristi e mafiosi, ha anche ricordato quanto sia importante la scelta di ogni singolo consumatore in questo ambito. Infatti, se da una parte è vero che le dieci aziende aventi il monopolio del mercato alimentare mondiale hanno un fortissimo potere su molti di noi, è anche vero che sono gli stessi consumatori a poter scegliere ciò che comprano e che, selezionando un prodotto piuttosto che un altro, eleggono quindi il futuro che vogliono.
Cambiare questo meccanismo per riappropriarsi del diritto all’alimentazione è, quindi, una questione di scelte: bisogna rimettere l’essere umano ed il suo diritto alla vita al centro del processo produttivo, in modo da abbandonare le logiche di mercato e guadagno fine a se stesso, elementi fondanti del consumismo e liberismo contemporaneo, ricordando che “nessun essere vivente è in grado di nutrirsi di Oro, Petrolio o Pesticidi” necessari alla coltivazione intensiva.
Su questa stessa linea di pensiero si sono ritrovano i relatori dell‘incontro conclusivo del convegno, Enzo Bianchi – priore della comunità monastica di Bose (Biella) – e Carlo Petrini – presidente di Slow Food e fondatore dell’Università di scienze Gastronomiche. Nel loro confronto pongono ulteriormente l’accento sull’importanza di scelte consapevoli, mettendo altresì in luce un aspetto sempre troppo poco ricordato: il diritto al gusto ed al piacere della tavola come momento di condivisione di storie, valori e scambio culturale.
Afferma Carlo Petrini: “(…) il cibo da sempre ha rappresentato per tutti i popoli e tutte le culture molto più del carburante necessario alla vita, al contrario il cibo è la mediazione con il sacro, è strumento e metronomo di relazioni sociali, di ritualità e di costruzione di senso comune, è definizione e disegno di spiritualità. “
Non è infatti possibile costruire un corretto rapporto con il mondo alimentare e, di conseguenza, con le risorse in esso impiegate, se non si parte da una primaria valorizzazione della sua Sacralità, intesa come portatrice del valore della vita, qualsiasi sia la concezione filosofica, religiosa o etica che ad essa si voglia dare.
Prosegue infatti Enzo Bianchi: “Chiedere a Dio il pane è dunque innanzitutto una presa di coscienza della nostra realtà: siamo esseri che hanno bisogno di nutrirsi per vivere. Il “pane” inoltre – Gesù non dice «cibo»! – è ciò che abbiamo seminato, fatto crescere, raccolto, trasformato in farina, impastato e cotto; è frutto della terra lavorata dall’ uomo (…).”
Nel mondo di oggi è diventato necessario chiedersi quale Cibo vogliamo dare alle future generazioni e, prima di tutto, consumare noi stessi: quello macchiato dagli interessi mafiosi, speculato, coltivato uccidendo popolazioni e ambienti, mettendo a repentaglio il futuro della Terra, unico pianeta popolato di vita umana, o quello non mercificato, realmente impastato di cultura, mezzo di trasmissione di valori e storie, che accomuna tutti nella necessità di essere, prima di tutto, Uomini e abitanti della sorella Casa Terra?