La città delle sirene, documentario di Giovanni Pellegrini, è la meticolosa ricostruzione delle conseguenze dell’acqua alta del 12 novembre 2019 a Venezia
Nel suo La città delle sirene, il regista Giovanni Pellegrini spiega che “Venezia è solo un fragile avamposto”. La città lagunare, raccontata nei giorni successivi all’acqua alta del 12 novembre 2019, ci mostra gli effetti della crisi climatica in una delle manifestazioni più innegabili: l’innalzamento del livello marino.
Se si consultano le statistiche relative alle acque alte a Venezia negli ultimi 85 anni si scopre che il livello critico di 140 cm è stato superato in 20 occasioni, ma 11 di questi sforamenti (il 55%) sono avvenuti dal 2000 a oggi e rappresentano la cartina al tornasole degli effetti del riscaldamento globale sulle città costiere.
“Il mio film è un grido d’allarme, un invito a prendere sul serio i messaggi e gli avvisi che la natura sta mandando. È il racconto del modo in cui noi veneziani abbiamo vissuto durante l’ultima acqua alta. Sì, ora è arrivato il Mose, ma i veneziani hanno sempre gli stivali pronti, perché è sufficiente un blackout per mandare in tilt tutto” ha spiegato Pellegrini al termine della proiezione avvenuta lo scorso mese a CinemAmbiente, dove il documentario era inserito nella nuova sezione Made in Italy.
Con pragmatismo e fedeltà cronachistica, Pellegrini porta la sua videocamera nei ristoranti e nelle librerie, nelle biblioteche e nei piani bassi delle abitazioni, raccontando l’impatto dell’alluvione sulla vita delle persone. Ci sono i librai che devono buttare nell’immondizia i volumi danneggiati e i bibliotecari che, supportati dagli studenti, provano a salvare vecchi incunaboli. Nelle chiese i volontari aiutano i sacerdoti a salvare mosaici e pavimentazioni dall’erosione della salsedine.
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Nella routinaria convivenza con l’acqua irrompe con violenza l’anomalia climatica, ma a differenza dell’overtourism e della disneyficazione del capoluogo veneto, questo fenomeno mette in discussione il futuro stesso di una città costruita fra terra e mare che da quest’ultimo rischia di essere inghiottita.
“L’acqua rimescola gli equilibri fra uomo e natura” commenta la voice over di Pellegrini in quella che è una delle scene più forti del film, il pasto feroce di alcuni gabbiani in una piazza veneziana svuotata dall’alluvione, quasi un presagio della riappropriazione della città e dei canali da parte dei volatili e della fauna acquatica durante la pandemia.
Fra i fotogrammi de La città delle sirene si intravvede l’ambivalenza dell’acqua, elemento che costituisce l’attrattiva della città, la sua stessa identità e, allo stesso tempo, una minaccia per la sua esistenza.
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Ma, secondo Giovanni Pellegrini, “sotto il turismo che ci sta schiacciando esiste una città viva, fatta ormai non solo di veneziani, ma di studenti e di stranieri che hanno scelto di vivere in laguna”.
Un documentario girato con passione e rigore, una testimonianza che andrebbe diffusa il più possibile, perché quello che accade sempre più spesso al fragile avamposto veneziano non riguarda solamente i suoi abitanti.