Stato del capitale naturale in Italia

Stato del capitale naturale in Italia, gli esiti del sesto rapporto

in Natura
Stato del capitale naturale in Italia, gli esiti del sesto rapporto ultima modifica: 2025-10-09T00:04:58+02:00 da Marco Grilli
da

Lo stato del capitale naturale in Italia è ritratto nel sesto rapporto che fornisce vari strumenti per il raggiungimento di numerosi obiettivi in linea con l’Agenda 2030

Previsto dalla legge 221 del 2015, il Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia contiene informazioni utili per la gestione sostenibile e la conservazione delle risorse naturali, promuovendo la contabilità ambientale a livello nazionale.

La sesta edizione, redatta dal Comitato per il capitale naturale presieduto dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), fornisce strumenti per il raggiungimento di obiettivi sociali, economici e ambientali, in linea con la programmazione finanziaria e di bilancio e con l’Agenda 2030 e gli altri impegni europei in materia di sostenibilità.

“Il Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale è uno strumento essenziale per integrare, monitorare e indirizzare le politiche pubbliche. Conoscere il nostro Capitale Naturale significa affermarne il ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, puntando sulla preziosa biodiversità nazionale”, ha commentato il ministro dell’Ambiente  Gilberto Pichetto Fratin.

L’edizione di quest’anno si sofferma soprattutto sulle tematiche riguardanti il valore della natura, i mercati finanziari ed i rischi legati alla perdita di biodiversità. “La nostra deve essere la prima generazione che lascia i sistemi naturali e la biodiversità in uno stato migliore di quello che ha ereditato”, l’appello  del Comitato per il capitale naturale.

COP16 bis, accordo storico per finanziare la conservazione della biodiversità

La tutela ambientale

Il comitato ha votato la definizione britannica per cui “il Capitale Naturale è l’intero stock di asset naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati”.

Nella Costituzione italiana è stata sancita all’articolo 9la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, mentre all’articolo 41 si contempla che l’iniziativa economica debba svolgersi “in modo da non recare danno alla salute e all’ambiente” e che possa essere indirizzata e coordinata a fini ambientali oltre che sociali.

“Una corretta gestione del capitale naturale passa anche per un buon bilanciamento tra le variegate esigenze di tipo culturale-ricreativo e funzionale regolativo, significando ampi benefici sotto il profilo cognitivo, estetico, spirituale, turistico, economico ed etico, con ricadute positive anche in termini di stimolo al senso civico, al rispetto del patrimonio naturale e del bene pubblico e, non ultimi, ai sentimenti di convivenza interspecifica, altruismo e giustizia ambientale, si legge nel rapporto. La preservazione del capitale naturale, dunque, amplia le opportunità economiche in chiave temporale ma anche lo spettro di benefici ricreativo-culturaliil cui valore non è monetizzabile in quanto esperienziale, soggettivo e non trasferibile interpersonalmente”, sottolinea il Comitato per il capitale naturale.

Il nuovo Quadro globale per la biodiversità (GBF) post-2020, adottato alla COP15 nel dicembre 2022 e firmato da ben 196 Paesi, ha fissato alcuni obiettivi prioritari quali la perdita netta zero per estensione e integrità degli ecosistemi di acqua dolce, marina e terrestre – ovvero un bilancio netto positivo tra ecosistemi acquisiti e persi –  entro il 2030, oltre al ripristino del 30% degli ecosistemi degradati ed alla protezione e gestione efficace del 30% della terra, del mare e delle acque interne. Il 3 agosto 2023 l’Italia ha adottato la nuova Strategia nazionale per la biodiversità al 2030 con il Decreto Ministeriale (DM) n. 252.

Obiettivi sulla biodiversità al 2030 a rischio in UE

Ecosistemi a rischio

Se questo è il quadro normativo di riferimento, la realtà del nostro Paese dice che su un totale di 85 ecosistemi ne sono a rischio 58 (di cui sette in condizioni critiche, 22 in pericolo e 29 vulnerabili) ed  altri 18 saranno possibilmente a rischio nel futuro, mentre solo cinque non sono considerabili a rischio e quattro non paiono incorrere in minacce future. Tutto questo  secondo le indicazioni della Red List degli ecosistemi fornite dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). La superficie nazionale sottoposta a diverse categorie e livelli di pressioni è stimata in generale al 19,6%.

In Europa vi è pure un problema di salute del suolo, perché nel territorio dell’Unione sono presenti circa 2,8 milioni di siti potenzialmente contaminati ed il 60-70% dei terreni non risulta sano anche a causa dell’aumento delle pressioni antropiche e della superficie destinata ad aree artificiali. “Il miglioramento della salute del suolo è fondamentale per migliorare la resilienza ambientale agli eventi avversi e l’adattamento ai cambiamenti climatici, per la sue funzioni di conservare e filtrare l’acqua e proteggere dall’erosione, di prevenire gli effetti avversi dell’intensità delle inondazioni e dei periodi di siccità”, scrive il Comitato per il capitale naturale.

Aumento dei prezzi alimentari, come contrastare il costo nascosto del degrado del suolo

La Commissione europea ha definito un quadro normativo armonico tramite la proposta legislativa “Soil Health Law”, al fine di ottenere suoli in perfetta salute entro il 2050. Il monitoraggio dell’impermeabilizzazione e del consumo di suolo verrà aggiornato annualmente sulla base di una metodologia condivisa che ha come riferimento il sistema adottato dalle Regioni italiane e dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra).

Ecologia ed economia

“La graduale transizione del modello economico è diretta verso un’economia decarbonizzata, circolare, rigenerativa e conservativa nei confronti del capitale naturale”, si legge nel rapporto.

La conservazione del capitale naturale è anche una questione di notevole importanza economica. Stando ad un’analisi realizzata dalla Banca Mondiale, il declino nella fornitura di tre servizi ecosistemici – ovvero l’impollinazione selvatica, la disponibilità di cibo proveniente dalle attività di pesca in mare e la fornitura di legname proveniente dalle foreste – comporterebbe una riduzione del prodotto interno lordo globale di circa 2,7 trilioni di dollari entro il 2030. “Non è dunque solo un problema di conservazione della natura: il deterioramento degli equilibri ecosistemici mette seriamente in pericolo le economie mondiali, la disponibilità di mezzi di sussistenza e di input produttivi, la sicurezza alimentare e la qualità della vita delle persone in tutto il pianeta”, commentano gli autori del rapporto.

Le funzioni a cui assolvono i servizi ecosistemici si rivelano difficilmente sostituibili. Secondo la Commissione europea, gli investimenti nel ripristino della natura aggiungono da quattro a 38 euro di valore per ogni euro speso. In Italia la riqualificazione ecologica potrebbe generare benefici pari a 2,4 miliardi di euro con soli 261 milioni di euro di costi: un rapporto molto vantaggioso che risulta superiore a quello medio europeo sia in valore assoluto che in riferimento alla popolazione residente.

Nature Positive Network, la rete di imprese a favore della natura

Non dovremmo più ragionare nell’ottica del profitto nel breve periodo ma in quella della redditività in archi temporali ben più ampi. Lo conferma un’altra analisi citata nel rapporto, quella della Banca centrale europea (BCE) del 2023, secondo cui il 72% di 4,2 milioni di aziende non finanziarie nei 20 Paesi dell’area euro dipendono strettamente da almeno un servizio ecosistemico e quasi il 75% dei prestiti bancari a imprese non finanziarie sono concessi ad aziende fortemente dipendenti da almeno un servizio ecosistemico. Il deterioramento degli equilibri ecosistemici e la perdita di biodiversità indeboliscono la stabilità finanziaria, riducendo al contempo la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Un circolo vizioso da spezzare.

Finanza e sostenibilità

Il World Economic Forum ha indicato la perdita di biodiversità ed il collasso degli ecosistemi come il terzo fattore di rischio più intenso nell’arco temporale di dieci anni.

Calo della biodiversità catastrofico, il Living Planet Report del WWF lancia l’allarme

Oramai le imprese stanno misurando la propria dipendenza dal capitale naturale e mirano ad ottenere nuovi ricavi dagli investimenti finalizzati al ripristino degli ecosistemi. La direttiva europea sulla sostenibilità delle imprese, entrata in vigore nel 2024, prevede la compilazione del report di sostenibilità come parte della relazione finanziaria annuale, mentre “i criteri di eco-sostenibilità della Tassonomia sono già diventati un punto di riferimento delle procedure di assegnazione dei finanziamenti pubblici e avranno un impatto diretto anche sul sistema bancario”, specifica il rapporto.

Il target 15 del GBF delinea il ruolo delle imprese e delle istituzioni finanziarie nell’arrestare ed invertire la perdita della natura. In generale, le risorse annue da destinare alle soluzioni basate sulla natura per raggiungere gli obiettivi della Convenzione di Rio devono più che raddoppiare rispetto agli attuali 200 miliardi di dollari: stime recenti valutano l’ammontare di tali investimenti ad oltre 540 miliardi di dollari entro il 2030 e 730 entro il 2050. I vari governi possono ottenere risorse tramite strumenti economici come i pagamenti per i servizi ecosistemici (PES), incentivando la nascita di mercati di offset degli impatti naturali, emettendo obbligazioni tematiche (green bonds ecc.) oppure tassando le attività più inquinanti o riducendogli i sussidi.

Soluzioni basate sulla natura, fino a 32 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030

In Italia, le risorse destinate alla spesa primaria per la protezione dell’ambiente e per l’uso e la gestione delle risorse naturali ammontano a 33,9 miliardi di euro, pari al 3,4% della spesa primaria complessiva del bilancio dello Stato (dati Ecorendiconto 2022). La nuova missione 7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – dedicata a REPowerEU – introduce la riforma 2 che impegna il Governo alla riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente.

La revisione dell’IVA in base alla direttiva di modifica (UE) 2022/542 riformerà invece le regole sulle aliquote fiscali con l’allineamento alle politiche europee, tra cui il Green Deal. “Nell’elenco dei beni e servizi ai quali si potranno applicare aliquote IVA ridotte o esenzioni ci sono i pannelli solari, i servizi di riciclaggio dei rifiuti e il trasporto di passeggeri. L’articolo 105-bis, paragrafo 4, prevede l’eliminazione delle aliquote IVA agevolate sui combustibili fossili entro il 2030 e sui pesticidi chimici e sui fertilizzanti chimici entro il 2032”, si legge nel rapporto.

Le raccomandazioni

Ai decisori politici il Comitato per il capitale naturale raccomanda di:

  • rafforzare le esigenze di tutela della natura e del capitale naturale con politiche coerenti;
  • rafforzare e armonizzare gli strumenti di gestione e monitoraggio dei programmi per la biodiversità;
  • dare attuazione a livello nazionale agli impegni globali sottoscritti dall’Italia alla COP15 sulla biodiversità;
  • coinvolgere il mondo dell’economia e delle imprese nelle azioni di ripristino della natura e tutela della biodiversità;
  • potenziare la contabilità ambientale e lo sviluppo delle necessarie basi di dati elementari;
  • considerare i positivi rapporti benefici-costi a medio ed a lungo termine che derivano dalla valorizzazione del capitale naturale,
  • ed infine, estendere l’approccio e la metodologia del Do no significant harm (DNSH) a tutti gli interventi con rilevanti ricadute territoriali e ambientali.

Ripristinare e conservare: i verbi più adatti per la salute dei nostri ecosistemi.

[Credits foto ©eleonora anello]

Stato del capitale naturale in Italia, gli esiti del sesto rapporto ultima modifica: 2025-10-09T00:04:58+02:00 da Marco Grilli
Tags:
Stato del capitale naturale in Italia, gli esiti del sesto rapporto ultima modifica: 2025-10-09T00:04:58+02:00 da Marco Grilli

Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verra pubblicato

*

Ultimi articolo di Natura

Go to Top