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Riqualificare o demolire? L’impronta di carbonio nascosta del ‘nuovo’ e il valore del recupero energetico

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Riqualificare o demolire? L’impronta di carbonio nascosta del ‘nuovo’ e il valore del recupero energetico ultima modifica: 2025-09-25T00:01:55+02:00 da Redazione eHabitat.it
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Nel dibattito sulla crisi climatica e la transizione ecologica, l’efficienza energetica degli edifici gioca un ruolo da protagonista. Di fronte a un patrimonio immobiliare, come quello italiano, in gran parte obsoleto dal punto di vista energetico, la domanda sorge spontanea: per raggiungere i nostri obiettivi di sostenibilità, è meglio demolire e ricostruire con criteri moderni o riqualificare e recuperare ciò che già esiste?

La risposta istintiva potrebbe suggerire che “nuovo è meglio”. Un edificio nuovo, progettato da zero con le ultime tecnologie, è senza dubbio un campione di efficienza.

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Tuttavia, questa visione non tiene conto di un’enorme impronta di carbonio nascosta, un debito ecologico che si paga molto prima che il nuovo edificio accenda la sua prima lampadina a LED.

La vera innovazione, oggi, non risiede tanto nel costruire il nuovo, quanto nel dare una nuova vita, efficiente e duratura, all’immenso patrimonio che già abbiamo.

L’energia grigia: il tesoro nascosto nei nostri vecchi edifici

Ogni edificio esistente contiene al suo interno un’enorme quantità di “energia grigia” (o embodied energy).

Questo concetto si riferisce a tutta l’energia che è stata spesa in passato per estrarre le materie prime, lavorarle, trasportarle e assemblarle in cantiere. È l’energia “incorporata” nella struttura stessa: nei mattoni, nel cemento armato, nel legno, nel vetro.

Demolire un edificio significa prendere questa immensa riserva di energia spesa e, letteralmente, buttarla via.

Si tratta di uno spreco colossale, un lusso che un pianeta con risorse limitate non può più permettersi. 

La filosofia del recupero si basa su un principio fondamentale dell’economia circolare. Il bene più sostenibile è quello che già esiste.

Preservare un edificio significa onorare l’energia grigia che contiene e utilizzarla come base per il futuro.

L’impronta di carbonio della demolizione e ricostruzione: un costo insostenibile

Quando si analizza il ciclo di vita completo, l’opzione “demolisci e ricostruisci” si rivela drammaticamente impattante per l’ambiente.

Il costo ecologico si articola in due fasi principali, entrambe con un’impronta di carbonio pesantissima. 

  1. La produzione di rifiuti e l’inquinamento da demolizione

Il settore delle costruzioni è il maggior produttore di rifiuti in Europa.

Secondo i dati di Eurostat, i rifiuti prodotti da costruzione e demolizione (C&D) rappresentano oltre un terzo di tutti i rifiuti generati nell’UE. In Italia, secondo i rapporti ISPRA, si parla di decine di milioni di tonnellate ogni anno.

Demolire un edificio non significa solo abbatterlo. Significa attivare un processo che comporta:

  • Emissioni in cantiere: I macchinari pesanti utilizzati per la demolizione consumano enormi quantità di combustibili fossili.
  • Trasporto: Le tonnellate di detriti devono essere trasportate tramite autocarri pesanti verso impianti di trattamento o discariche, con un conseguente consumo di carburante ed emissioni di CO2.
  • Smaltimento: Sebbene una parte dei materiali possa essere riciclata, una quota significativa finisce in discarica, consumando suolo e risorse. 
  1. Le emissioni della produzione di nuovi materiali

La fase di ricostruzione è ancora più impattante. La produzione dei materiali edili fondamentali è uno dei processi più energivori e inquinanti al mondo.

  • Cemento: È il legante del calcestruzzo, il materiale da costruzione più usato sul pianeta. La sua produzione è responsabile da sola di circa l’8% di tutte le emissioni globali di CO2. Per ogni tonnellata di cemento prodotta, si libera quasi una tonnellata di anidride carbonica.
  • Acciaio: Utilizzato per le armature del cemento e le strutture portanti, l’industria siderurgica è un altro gigante delle emissioni, responsabile per circa il 7-9% del totale globale.

Scegliere di ricostruire significa accendere nuovamente queste immense macchine produttive, con un costo in termini di carbonio che il nuovo edificio impiegherà decenni a ripagare, anche con la massima efficienza energetica.

La filosofia del recupero: curare l’esistente con tecnologie a basso impatto

La vera sfida della sostenibilità edilizia, quindi, è un’altra: come possiamo prendere il nostro patrimonio esistente, con tutti i suoi difetti energetici, e trasformarlo in un campione di efficienza senza demolirlo?

La risposta risiede nelle tecnologie di riqualificazione a basso impatto, ovvero interventi che lavorano “dall’interno” della struttura, minimizzando la produzione di rifiuti e massimizzando il riutilizzo dell’esistente, un concetto alla base delle nuove direttive europee come spiegato nell’approfondimento di eHabitat sulle case green e la riqualificazione del patrimonio.

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Questi interventi incarnano la filosofia del recupero, agendo quasi come un intervento chirurgico mirato, che cura il “paziente-edificio” senza demolirlo.

Si tratta di soluzioni che preservano l’energia grigia e aggiungono un nuovo strato di efficienza, estendendo la vita utile dell’immobile per decenni.

Tra gli interventi a più basso impatto, che incarnano pienamente la filosofia del recupero, spicca la tecnica dell’insufflaggio, che permette di sanare energeticamente le murature esistenti dall’interno, trasformando un difetto costruttivo come l’intercapedine vuota in un punto di forza senza generare rifiuti edili, grazie al suo riempimento con materiali isolanti come le schiume espanse.

A differenza di un cappotto, non richiede ponteggi, non produce scarti di lavorazione e viene completato in tempi rapidissimi (spesso un solo giorno), riducendo al minimo l’impatto ambientale del cantiere.

È la dimostrazione pratica di come sia possibile ottenere un risultato energetico eccezionale lavorando in modo intelligente con la struttura che già abbiamo.

La casa più sostenibile è quella che già esiste

L’idea di un edificio nuovo e scintillante è affascinante, ma l’analisi del suo intero ciclo di vita ci racconta una storia diversa, fatta di emissioni, consumo di risorse e produzione di rifiuti.

Di fronte all’urgenza della crisi climatica, la strada maestra non può che essere quella del recupero intelligente del nostro patrimonio.

Riqualificare un edificio esistente non è una seconda scelta o un compromesso. È un atto di responsabilità ecologica.

Significa valorizzare l’energia e le risorse già impiegate, ridurre drasticamente la produzione di rifiuti e tagliare le emissioni di CO2 sia nel presente (evitando una nuova costruzione) sia nel futuro (grazie all’efficienza raggiunta).

Tecniche isolanti come l’insufflaggio termico ci dimostrano che è possibile raggiungere standard di comfort e risparmio energetico elevatissimi senza necessariamente passare dalla demolizione.

La vera innovazione, oggi più che mai, risiede nella nostra capacità di guardare al vecchio non come un problema da eliminare, ma come una risorsa preziosa da trasformare.

[Foto di copertina @ Canva]

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