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La Gen Z del Nepal, dalla rivolta online alla pulizia delle strade

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La Gen Z del Nepal, dalla rivolta online alla pulizia delle strade ultima modifica: 2025-09-24T00:04:43+02:00 da Renata Isachi
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La Gen Z del Nepal guida proteste contro la censura e, dopo gli scontri, pulisce strade e edifici: un gesto di responsabilità e rinascita civica.

Kathmandu e le altre grandi città del Nepal sono state investite, nelle ultime due settimane, da un’ondata di proteste guidate in larga parte dai giovani, etichettate dalla stampa come le manifestazioni della “Gen Z”. L’immediato detonatore è stato il divieto imposto dal governo di bloccare 26 piattaforme social, una misura presentata dalle autorità come lotta alla disinformazione ma percepita dai giovani come censura e attacco alla libertà di espressione.

Le proteste hanno rapidamente assunto un respiro più ampio: si sono mescolate a richieste contro la corruzione, il nepotismo e l’assenza di opportunità economiche per i giovani. La mobilitazione, organizzata in gran parte tramite reti digitali e piattaforme che in alcuni casi i manifestanti sono riusciti ad aggirare, ha visto migliaia di persone scendere in strada, tentativi di assalto a edifici pubblici e scontri con le forze dell’ordine. In diverse giornate gli scontri sono degenerati: centri amministrativi e uffici sono stati vandalizzati, hotel e strutture pubbliche danneggiate.

La repressione e la violenza hanno avuto un costo alto. Fonti internazionali riportano decine di morti e centinaia di feriti. Questa notizia ha spinto la comunità internazionale a chiedere indagini per attribuire eventuali responsabilità. Di fronte alla crescente pressione, il primo ministro K.P. Sharma Oli si è dimesso e la scena politica del Nepal è entrata in una fase di transizione: alcuni rappresentanti del movimento giovanile hanno avuto voce nella scelta di figure di governo ad interim, e si sono ipotizzate elezioni con una nuova tempistica.

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In mezzo a immagini di devastazione e rabbia, è però emerso un gesto che ha colpito l’opinione pubblica: gli stessi giovani che avevano manifestato hanno organizzato spontanee operazioni di pulizia delle strade e dei palazzi pubblici colpiti dai disordini. Ragazzi e ragazze hanno preso scope, guanti, sacchi della spazzatura e vernice per rimuovere macerie, vetri rotti, materiali bruciati e cancellare graffiti; gruppi di volontari si sono riuniti presso uffici pubblici e punti nevralgici della città per ripristinare l’ordine. L’immagine è stata raccontata da testate internazionali e nazionali, che hanno documentato come le iniziative fossero autonome, coordinate tramite reti informali e mirate a ribadire il carattere civile e responsabile della protesta.

Queste operazioni di pulizia hanno un doppio significato. Sul piano pratico, hanno contribuito a ridurre rischi sanitari, liberare le principali arterie della città e sostenere la riapertura delle attività commerciali in assenza di una risposta amministrativa rapida. Sul piano simbolico, hanno servito a rimodellare la narrazione: da “saccheggi e violenze” a “cittadinanza che si prende cura del proprio spazio pubblico”, un messaggio importante in termini di consenso sociale e legittimazione del movimento.

Il contesto più ampio dietro la rabbia giovanile è però strutturale. In Nepal convive un alto tasso di disoccupazione giovanile, una forte dipendenza dalle rimesse estere e una percezione diffusa che le élite politiche tutelino i propri interessi familiari. La combinazione di frustrazione economica, mancanza di prospettive e un episodio percepito come un attacco alla libertà digitale ha fatto da miccia per una protesta che, pur partita dagli schermi, ha rapidamente occupato le strade. Analisti e giornali esteri sottolineano come la rivolta non sia solo contro un provvedimento tecnico, ma contro un intero modello di gestione pubblica ritenuto opaco e privilegiante.

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Gli sviluppi politici sono rapidi e ancora fluidi. Mentre la comunità internazionale monitora la situazione e chiede garanzie sui diritti civili e sulle indagini sulle violenze, il movimento giovanile cerca di trasformare la mobilitazione di piazza in strumenti di partecipazione più duraturi: dalla pressione per ottenere riforme istituzionali, all’impegno civico nelle amministrazioni locali fino ad azioni concrete come i gruppi di volontariato che hanno coordinato la ripulitura post-proteste. Resta da vedere quanto questo slancio civico potrà tradursi in cambiamenti strutturali e in una partecipazione politica inclusiva.

Il dettaglio ambientale della vicenda è significativo: la pulizia post-manifestazione della Gen Z in Nepal non è solo un atto civico ma anche un intervento sulle condizioni urbanistiche e sanitarie delle città. In un Paese già vulnerabile a sfide ambientali e infrastrutturali, iniziative spontanee che rimuovono rifiuti, stabilizzano aree danneggiate e impediscono contaminazioni sono un contributo concreto alla resilienza urbana, e raccontano la possibilità che le nuove generazioni traducano la protesta in pratiche di cura ambientale e comunitaria.

[Foto di binaya_photography su Unsplash]

La Gen Z del Nepal, dalla rivolta online alla pulizia delle strade ultima modifica: 2025-09-24T00:04:43+02:00 da Renata Isachi
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