Operazione SISO8 è la campagna di Sea Shepherd contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata nel Mar Tirreno
Per l’ottavo anno consecutivo Sea Shepherd Italia rinnova una sua campagna storica, l’Operazione SISO (per l’occasione SISO8), a testimonianza del costante impegno in difesa delle acque del Mar Tirreno e dei suoi abitanti contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (NIN).
“Attiva dal 2018, l’Operazione SISO ha già prodotto risultati significativi, portando a un drastico calo della pesca illegale lungo tutto il Tirreno. Solo nell’ultimo anno, grazie a circa 15.000 ore di volontariato, abbiamo rimosso 144 FAD (Fishing Aggregating Devices), oltre 14 km di palamiti e 2.325 metri di reti. Tutti questi attrezzi da pesca non consentiti, non regolamentati e non dichiarati rappresentano una minaccia diretta alla vita marina e alla salute del nostro ecosistema”, commenta Sea Shepherd Italia.
Con il nome Siso fu ribattezzato un giovane capodoglio che morì nel 2017 durante il passaggio tra le Isole Eolie, dopo esser rimasto intrappolato in una rete illegale di tipo “spadara” e nonostante gli sforzi durati ore da parte della Guardia Costiera per tentare di riuscire a salvarlo. A ritrovarlo lungo la costa di Capo Milazzo fu un biologo marino, Carmelo Isgrò, che per trarre un insegnamento da questa triste vicenda decise di conservare lo scheletro del povero capodoglio, insieme alla rete che provocò la sua morte e alla plastica che aveva ingerito, come monito per le generazioni future. Siso era il soprannome dell’amico di Carmelo che si prodigò nel fornire i primi aiuti per salvare il cetaceo in pericolo, purtroppo morto anche lui prematuramente in un incidente stradale verificatosi pochi giorni dopo questo increscioso episodio.
Ancora oggi Siso è un simbolo della battaglia quotidiana di Sea Shepherd per impedire la devastazione degli oceani, uno sprone a continuare in questo difficile ma gratificante lavoro che mira a salvare una delle risorse più preziose del nostro Pianeta. Le navi e gli equipaggi volontari di questa organizzazione internazionale, nella campagna in questione, sono impegnati a documentare le violazioni, dar sostegno alle autorità e rimuovere gli attrezzi da pesca illegali. Poco dopo il suo lancio, SISO8 ha registrato un primo grande successo.
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La rimozione della rete illegale
Grazie ad un’azione congiunta condotta sotto il coordinamento della Guardia Costiera di Catania e del Centro di controllo nazionale della pesca istituito presso il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto a Roma, a 22 miglia al largo della costa catanese è stata recuperata una rete derivante illegale lunga 10 chilometri e pesante circa quattro tonnellate.
“La rete, nonostante le dimensioni, non aveva ancora catturato né cetacei né tartarughe marine al momento del recupero, segnale incoraggiante che sottolinea l’efficacia dell’intervento tempestivo nel prevenire gravi danni all’ecosistema marino. Durante l’operazione, i volontari hanno inoltre osservato la presenza di delfini Tursiopi, ulteriore testimonianza della delicatezza e vulnerabilità dell’ambiente marino mediterraneo, oggi più che mai minacciato da sovrasfruttamento e inquinamento”, comunica Sea Shepherd.
Per capire più in dettaglio come si svolge questo importante lavoro, bisogna considerare che dopo aver individuato la rete in orario notturno, l’imbarcazione di Sea Shepherd ha subito avvisato la Guardia Costiera ed ha proceduto alle operazioni di mappatura, controllo, identificazione e coordinamento con le autorità marittime. Il recupero della rete a bordo con l’ausilio della Guardia Costiera è stato molto difficoltoso ed è durato ben sette ore. Sono stati liberati gli animali marini rimasti impigliati e purtroppo già morti e, dopo il rientro nel porto di Catania, la rete è stata consegnata alle autorità giudiziarie e poi tagliata ed etichettata per esser riciclata con tracciabilità.
“Il recupero di una rete derivante illegale da parte di Sea Shepherd nel Mar Ionio conferma l’urgenza di tutelare cetacei vulnerabili come capodogli e zifi. Episodi come questo rafforzano l’importanza del progetto PRIN DIVES, che studia l’ecologia dei cetacei deep-divers nel Mediterraneo centrale attraverso tecnologie avanzate e approcci non invasivi, per garantire la loro conservazione”, il commento della Stazione zoologica Anton Dohrn, fondata nel lontano 1872 ed ancora oggi uno dei più importanti enti di ricerca nei settori della biologia marina e dell’ecologia.
L’aumento del raggio d’azione
Con l’Operazione SISO8 questa importante campagna di Sea Shepherd amplia ulteriormente il proprio raggio d’azione, partendo dalle Isole Eolie in Sicilia per poi risalire lungo le coste tirreniche di Calabria, Campania, Lazio e Toscana, fino al Parco nazionale delle Cinque Terre in Liguria. Si tratta di una preziosa operazione di pattugliamento condotta sempre in stretto contatto con le autorità italiane grazie alla stipula di specifici protocolli d’intesa. I mezzi impiegati sono la nave pattuglia Sea Eagle, il catamarano Conrad, un gommone a chiglia rigida (RHIB) ed un drone.
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La flotta di Sea Shepherd si conferma dunque un presidio importante per la salvaguardia dei mari grazie alla sua lotta imperterrita contro ogni forma di bracconaggio, al fine di rimuovere dalle acque i distruttivi ed inquinanti strumenti di morte quali le reti “spadare”, le trappole illegali e soprattutto i FAD, installazioni illegali su larga scala che creano punti di aggregazione per consistenti banchi di pesci, all’origine di una pesca indiscriminata ed eccessiva e di un diffuso inquinamento da plastica in mare.
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“Negli ultimi quattro anni nelle acque tirreniche nessun capodoglio è stato ucciso da reti spadare (attrezzature illegali per la pesca del pesce spada) e si è registrata una riduzione del 70% delle attività di pesca illegale. Questo evidenzia il ruolo cruciale della campagna nel preservare la biodiversità marina e garantire un ambiente sano per le generazioni future”, commenta Andrea Morello, presidente di Sea Shepherd Italia.
I FAD
Stando alle stime, ogni anno i FAD ancorati illegalmente sono oltre 10mila. “La non riconoscibilità e la mancanza completa di tracciabilità di questi FAD li rende partecipi di operazioni di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN)”, dichiara Sea Shepherd.
Questo sistema di pesca si basa sul galleggiamento ancorato al fondale marino di unità composte da quattro-sei taniche di plastica e foglie di palma, tramite uno spago del diametro di 3,5 millimetri e fino a tremila metri di profondità. “Ogni Fad è composto da 2.000 Km di spago calato in Mare costituito da polipropilene del diametro di 3,5 mm letale per le Tartarughe Caretta caretta e altre specie che spesso vi rimangono imprigionate durante le rotte migratorie e centinaia di Kg di plastica e bottiglie, molte volte non bonificate contenenti residui di liquidi altamente inquinanti. Ancorati con pesi di oltre 100 kg ognuno a profondità dai 600 metri ai 3000 metri, ogni Fad illegale distrugge le profondità marine insieme ai coralli e le Vite che le popolano. I bracconieri utilizzano i Fad come aggregatori pescando ogni tipo di Vita presente nei loro pressi senza distinzione di specie o taglia minima, mettendo in pericolo l’intera biodiversità del Mare Mediterraneo, arricchendo i Pirati del profitto contro cui combatteremo per il rispetto della legalità”, chiarisce Morello.
Con la rimozione di queste ed altre pericolose attrezzature da pesca, anche l’anno scorso – con la campagna SISO7 – Sea Shepherd ha contribuito al salvataggio di numerosi organismi marini, quali tartarughe, lampughe, razze e tonni. Tutto questo grazie al contributo di volontari provenienti da tutto il mondo ed alle preziosi intese con partner locali.
Sea Shepherd non molla la presa e rilancia anche quest’anno, mettendo in acqua uomini, dedizione e spirito di sacrificio per la tutela della biodiversità e degli ecosistemi marini.
[Credits foto: Cristiano Menci, Saea Shepherd Global]
