L’odio online verso i ciclisti è un fenomeno sempre più accentuato, la Fondazione Michele Scarponi ha deciso di agire contro gli haters
I pericoli per i ciclisti
Stando ai recenti dati Istat riferiti all’anno 2023, in Italia si sono verificati 166.525 incidenti stradali con lesioni a persone, con conseguenti 3.039 decessi e 224.634 feriti. Nonostante una leggera diminuzione nel numero delle vittime rispetto all’anno precedente (-3,8%), sono aumentati però sia gli incidenti che i feriti (rispettivamente +0,4% e +0,5%). In questo quadro desolante desta particolare preoccupazione la crescita del numero delle vittime tra i conducenti di biciclette ed e-bike, a testimonianza di quanto le strade siano poco sicure per chi sceglie le due ruote per i propri spostamenti quotidiani.
Fondazione Michele Scarponi, impegno e progetti per la sicurezza stradale
Per quanto riguarda il 2024 abbiamo già a disposizione i dati forniti dal nuovo rapporto dell’European Transport Safety Council (ETSC), secondo cui le vittime della strada in Italia sono state 3.030, un dato ancora provvisorio ma sostanzialmente in linea con quello del 2023. Rispetto al 2019 il calo è del solo 5%, il Bel Paese pare dunque ancora lontano dal raggiungimento dell’obiettivo di ridurre del 50% il numero dei morti in strada in un decennio, entro quindi il 2030.
Nel 2025 la situazione continua ad essere critica pure per i ciclisti, perché nei primi sei mesi dell’anno le vittime sulle due ruote sono state 106, venti in più rispetto a quelle dello stesso periodo dell’anno precedente (dati dell’osservatorio indipendente dell’Associazione amici della polizia stradale – ASAPS). Eppure, denuncia la Fondazione Scarponi, “come accade anche per la violenza sulla donne, anche quella verso le persone in bicicletta viene spesso ridimensionata con la retorica della colpevolizzazione. Spesso soltanto il solo fatto di essere in bicicletta significa essersela andata a cercare. Perché ormai è assimilato che la strada è di chi va in automobile, non tolleriamo i limiti di velocità quando guidiamo e siamo pronti a sostenere qualsiasi politico che strumentalizzi questi argomenti pur di non dover ‘frenare’. Pertanto è chi va in bici che deve arrangiarsi, possibilmente restando a casa, e se pedala in strada lo fa a suo rischio e pericolo, altrimenti poi ‘non piangete poi quando vi stirano’. E ci si mettono anche molti ciclisti stessi con ‘io vado solo in strade secondarie’ e ‘che ci stava a fare su quella strada’ nonostante su molte strade non sarebbe vietato circolare in bici ma correre in automobile. Vogliamo la cultura e il rispetto verso la bici ma poi siamo i primi a firmare contro un autovelox. Noi ci opponiamo a questa subordinazione alla velocità, non c’è strada sicura senza abbattimento delle velocità, facciamocene una ragione ed alziamo il piede dall’acceleratore”.
Giornata mondiale della bicicletta 2025, tre guide per pedalare in Italia
L’introduzione del reato di omicidio stradale ha rappresentato un notevole progresso, ma la sua effettiva applicazione resta ancora problematica. Se è vero che sulla carta sono state stabilite pene severe (da cinque a 12 anni per l’omicidio stradale semplice, aggravate in caso di guida in stato di ebbrezza o sotto stupefacenti), nei tribunali spesso assistiamo ad un uso estensivo del patteggiamento e della sospensione condizionale, oltre a riconoscimenti di attenuanti generiche che finiscono per ridurre significativamente le sanzioni.
Le tutele non sono sempre effettive neanche sul piano civile. “La richiesta di risarcimento per i familiari delle vittime o per i ciclisti sopravvissuti con lesioni gravissime si scontra con tempi lunghi, valutazioni medico-legali complesse e una difficoltà oggettiva nel provare la responsabilità altrui, soprattutto in assenza di testimoni o filmati. E intanto, chi ha perso una gamba, una funzione vitale, o una persona amata, è lasciato troppo spesso solo a combattere la sua battaglia”, denuncia la Fondazione Scarponi.
Biciviaggi FIAB 2025, ecco gli itinerari scelti per vacanze green su due ruote
Per difendere la vita dei ciclisti e più in generale degli utenti vulnerabili della strada, la stessa Fondazione propone di: investire nella mobilità sicura; rivedere i criteri di indagine e raccolta prove in caso di incidente; potenziare la formazione dei magistrati e delle forze dell’ordine sulla violenza stradale e i suoi riflessi sociali, ed infine introdurre meccanismi di giustizia riparativa e strumenti che riconoscano il danno esistenziale profondo delle vittime e dei loro cari.
L’iniziativa contro gli haters
“Un ciclista in meno, uno scemo che non intralcia più il traffico”, “Andrebbero presi a sportellate, tutti. Sempre in mezzo alle palle”, “Io li sfioro apposta, così capiscono che la strada è nostra”, “Quando vedo un gruppo di ciclisti mi viene voglia di investirli”: difficile non inorridire di fronte a questi terribili commenti social che testimoniano il pericoloso clima d’odio contro i ciclisti sulle strade, ovvero proprio contro coloro che andrebbero più elogiati poiché, privilegiando la mobilità sostenibile, contribuiscono a ridurre l’inquinamento ed a rendere le città più sane e vivibili.
“Questo odio digitale si traduce in un clima sempre più ostile sulle strade, dove l’automobilista si sente legittimato a considerare il ciclista un intralcio, un nemico, un bersaglio. È un meccanismo pericoloso e perverso, in cui la responsabilità individuale lascia spazio all’aggressività collettiva”, commenta la Fondazione Scarponi, che invita a considerare l’odio in rete non come libertà d’opinione, un semplice sfogo od una battuta di cattivo gusto, ma come un pericoloso fenomeno sociale che spesso può essere configurato come un vero e proprio reato.
Non siamo più di fronte infatti solo a qualche commento isolato, ma ad un odio organizzato e sistematico contro una categoria di persone, con pagine, profili e gruppi che quotidianamente sui social offendono, dileggiano e perfino augurano la morte ai ciclisti, la cui unica “colpa” è quella di preferire un mezzo economico, salutare e sostenibile per muoversi nel traffico.
La Fondazione Scarponi, che da tempo crea e finanzia progetti per educare al corretto comportamento stradale, ha deciso di non continuare ad ignorare e di passare all’azione. “Perseguiremo in sede penale gli haters che sui social incitano alla violenza, deridono, offendono e diffamano i ciclisti. L’odio online non può diventare la premessa dell’odio su strada. Difendere chi pedale è difendere la vita. È ora di cambiare rotta”, scrive la Fondazione marchigiana, impegnata dai primi di giugno nel raccogliere le segnalazioni dei cittadini (basta inviare uno screenshot possibilmente con link all’indirizzo e-mail: legale@fondazionemichelescarponi.com) per farle valutare da un gruppo di legali e consulenti, nel pieno rispetto della privacy e con l’obiettivo di tutelare la sicurezza stradale e sociale.
MobilitARS, non c’è mobilità sostenibile senza sicurezza stradale
I contenuti social possono costituire reato di diffamazione, ingiuria, istigazione a delinquere, apologia di reato e incitamento all’odio verso una categoria di cittadini. In questi casi la Fondazione dà il via all’azione legale contro chi li ha pubblicati. “La libertà di parola non dà diritto di odiare o minacciare. Difendere i ciclisti non significa solo promuovere educazione e sicurezza: significa anche tutelare la loro dignità, la loro presenza nello spazio pubblico, il loro diritto di esistere. E questo passa anche dalla rete, dove si forma l’opinione e si orientano i comportamenti”, chiarisce l’avvocato Tommaso Rossi, membro del Comitato scientifico della Fondazione Scarponi e curatore della rubrica “Difendiamo la strada di tutti”.
Le prime azioni contro l’odio online verso i ciclisti
In seguito all’avvio di questa importanza iniziativa sono arrivate moltissime segnalazioni da parte di semplici cittadini, attivisti, ciclisti e familiari di vittime. È stato subito attenzionato un contenuto che sta spopolando in rete, teso a schernire il provvedimento di multa fino a 650 euro previsto per il sorpasso di un ciclista a meno di un metro e mezzo di distanza. “Per regolarsi sulla distanza si procede così: quando lo affianchi apri lo sportello, se cade eri troppo vicino”, si legge sul post incriminato. La Fondazione Scarponi, tramite i propri legali, ha invitato gli utenti che hanno condiviso il post a rimuoverlo immediatamente, minacciando una querela in caso contrario.
Bologna Città 30, respinto il ricorso contro e raggiunti ottimi risultati
In seguito alle numerose segnalazioni per contenuti sistematicamente offensivi, violenti e denigratori contro i ciclisti, la Fondazione Scarponi ha invece già depositato una formale denuncia-querela contro il gestore della pagina “Romagnoli Popolo Eletto”, ipotizzando i reati di: istigazione a delinquere, apologia di reato, diffamazione aggravata tramite social e violazione del Codice in materia di protezione di dati personali. “Lo abbiamo fatto per difendere chi sceglie ogni giorno la bicicletta come mezzo di mobilità, salute e sostenibilità. Lo abbiamo fatto in nome di Michele, delle tante vittime della violenza stradale, e di chi ogni giorno lotta per una strada sicura per tutti. L’odio non può essere ‘normalizzato’: va riconosciuto, contrastato e perseguito legalmente. Confidiamo che la Giustizia faccia il suo corso”, chiarisce la Fondazione.
Lizzo regina delle ricette vegane su TikTok, quando l’amore per la natura passa attraverso i social
L’odio è la miccia per quella ingiustificabile violenza che sulle strade si traduce in incidenti, aggressioni, vittime innocenti. “Difendere chi pedala significa difendere un’idea di convivenza civile, di rispetto, di vita. La rete dev’essere parte della soluzione, non del problema”, il prezioso insegnamento della Fondazione Scarponi, che continua a battersi in favore dell’utente fragile della strada.
[Credits foto: pascualamaia su Pixabay]
