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Il prezzo nascosto della carne, Giulia Innocenzi a REFOOD Talks

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Il prezzo nascosto della carne, Giulia Innocenzi a REFOOD Talks ultima modifica: 2025-06-29T00:01:39+02:00 da Marco Grilli
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Il prezzo nascosto della carne lo spiega la giornalista Giulia Innocenzi, autrice del documentario Food for Profit, nel podcast REFOOD Talks

“Il prezzo nascosto della carne: salute, ambiente e diritti” è uno dei podcast della serie REFOOD Talks, che ha come protagonista la nota giornalista ed attivista Giulia Innocenzi, autrice insieme a Pablo D’Ambrosi dell’acclamato documentario investigativo “Food for Profit” (2024), di notevole importanza per aver mostrato i legami tra l’industria della carne, le lobby ed il potere politico.

Food for Profit

Questo film, frutto di un lavoro d’inchiesta di cinque anni, è uno scioccante viaggio in giro per l’Europa condotto anche con l’ausilio di una squadra di investigatori sotto copertura, che svela sia le protezioni politiche che l’orrore degli allevamenti intensivi con tutte le problematiche connesse (maltrattamento degli animali, inquinamento, perdita di biodiversità, antibiotico resistenza, sfruttamento dei lavoratori).

Proiettato al Parlamento europeo, in quello italiano ed in parte perfino su RaiTre all’interno della trasmissione Report, Food for Profit ha ottenuto un incredibile successo di pubblico nei cinema e nelle proiezioni organizzate, oltre a numerosi e importanti riconoscimenti.

REFOOD Talks

REFOOD Talks è la serie di dieci podcast di Animal Law Italia (Ali), condotti da Paola Sobbrio e Alessandro Ricciuti, che tramite interviste ad esperti diffondono dati e studi scientifici in modo facilmente fruibile, mirando a “smontare i falsi miti sull’alimentazione vegetale ed a combattere la disinformazione, promuovendo una maggiore consapevolezza sulle nostre scelte quotidiane”.

Queste dieci puntate incentrate sull’alimentazione e la salute cercano di capire l’impatto ambientale ed economico delle nostre abitudini alimentari, oltre che di approfondire i motivi della crescente diffusione dei prodotti a base vegetale.

“La nostra visione è un mondo in cui le diete vegetali sono pienamente normalizzate e riconosciute per i loro benefici sulla salute, sull’ambiente e sul piano etico. Sviluppiamo progetti strategici per rimettere le fonti proteiche vegetali al centro del sistema alimentare, in linea con quanto previsto dalla dieta mediterranea, studiata dagli anni ’60 e iscritta dall’UNESCO nel 2010 nella lista di patrimoni culturali immateriali dell’umanità”, chiarisce il team di REFOOD (abbreviazione di Redefine Food).

Il podcast

Nel podcast Giulia Innocenzi ha spiegato che sta portando ancora in giro per l’Europa il suo coraggioso documentario d’inchiesta, anche perché uno dei principali obiettivi del film, ovvero lo stop dei finanziamenti della Politica agricola comune (Pac) agli allevamenti intensivi, è ancora ben lontano dall’esser raggiunto.

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La scelta alimentare veg

L’intervista è partita dalla scelta alimentare veg, che ancora oggi è legata principalmente a motivi di salute anche se la questione etica, come dimostrato dal grande successo del film che si sofferma a lungo sulla sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi, è in netta ascesa.

Qualcosa si sta muovendo: negli ultimi dieci anni il numero dei vegani è quadruplicato. Per promuovere cambiamenti nelle abitudini alimentari risulta dunque fondamentale il ruolo giocato dall’informazione. Il consumatore medio non ha ancora però un facile accesso alle notizie su quel che avviene nel chiuso degli allevamenti, in virtù pure dell’azione di lobbying svolta dall’industria della carne grazie ai finanziamenti delle trasmissioni del servizio pubblico ed agli invadenti spot pubblicitari in tv, tesi a costruire un mondo ben differente dalla realtà.

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L’informazione

Oggi, come riferisce Giulia Innocenzi, ci sono solo un paio di trasmissioni in tv che hanno il coraggio ed i mezzi per riuscire a proporre qualcosa di alternativo (vedi la puntata di Report dedicata a Food for Profit) e che per questo risultano un qualcosa di prezioso e da difendere. D’altronde, mandare in onda la vera realtà degli allevamenti intensivi rischia di far perdere pubblicità e di incorrere in minacce di risarcimento danni o querele per diffamazione da parte dei potenti colossi della carne.

Successo e risultati

Food for Profit è diventato davvero un caso per tutti i documentari d’inchiesta indipendenti e prodotti dal basso, che grazie al sostegno del pubblico possono puntare a diventare mainstream. Questo appassionante film investigativo è stato infatti il terzo documentario più visto in Italia nel 2024 ed è ancor oggi distribuito nei cinema europei: davvero un unicum per un lavoro d’inchiesta indipendente che tratta tematiche così importanti e complesse.

Non si tratta però di un semplice successo di pubblico, perché il film ha ottenuto almeno altri due risultati insperati. Grazie alla sue investigazioni sotto copertura è riuscito infatti sia a far chiudere un allevamento di tacchini in provincia di Rieti dove gli animali erano sottoposti a indicibili sofferenze ed i lavoratori erano spesso non in regola e retribuiti in base al numero di camion riempiti di tacchini, sia ad evitare la ricandidatura di due parlamentari europei (Paolo De Castro e Clara Aguilera) per lo scandalo prodotto dalle loro dichiarazioni-shock.

Anche se in fondo, come dichiara Giulia Innocenzi, il successo più grande del film sta nell’aver prodotto cambiamenti concreti nella vita delle persone, come dimostrato dai tanti spettatori che hanno scritto all’autrice di esser diventati vegetariani o vegani in seguito alla visione di questo documentario sorto da una semplice domanda: com’è possibile che le tasse dei cittadini siano utilizzate per finanziare questi terribili luoghi morte?

Le richieste

Il cambiamento, spiega Giulia Innocenzi, è possibile solo se continueranno ad esistere media indipendenti. Lo dimostra lo stesso Food for Profit, rifiutato dalle piattaforme e riuscito ad ottenere grandi riscontri solo grazie ai cinema indipendenti, al coraggio di una trasmissione televisiva come Report (2,3 milioni gli spettatori della puntata dedicata al documentario) ed al grande sostegno delle persone. Siamo di fronte infatti ad un documentario scomodo e dichiaratamente “politico” che lancia tre richieste ben precise, presentate al Parlamento europeo: lo stop dei sussidi pubblici agli allevamenti intensivi; la moratoria su nuovi allevamenti intensivi ed infine l’organizzazione di un’assemblea dei cittadini per discutere con esperti e rappresentanti del settore sulle potenziali riforme della Pac.

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I sussidi

Parte del podcast è stata dedicata al meccanismo dei sussidi pubblici della Pac, che finiscono anche agli altamente inquinanti allevamenti intensivi nonostante le raccomandazioni europee sul benessere animale e la riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Il meccanismo principale dei sussidi è infatti legato ai terreni coltivati, peccato che due terzi di questi sia destinato agli allevamenti, ecco dunque un mezzo di finanziamento per così dire indiretto. L’altro terzo è invece destinato agli allevamenti veri e propri, che per ottenerli basta dimostrino anche semplici iniziative green, quali l’utilizzo di pannelli solari. Questo sistema così distorto finisce inoltre per agevolare la grande industria a discapito delle piccole aziende.

Al di là della Pac, ha spiegato Innocenzi, in Europa vi è anche un fondo che stanzia soldi pubblici per la pubblicità dei consorzi di carne, latte e formaggi, in controtendenza rispetto alle risultanze emerse dagli studi prodotti dagli istituti sanitari ed a testimonianza, ancora una volta, dello strapotere delle lobby. “Il governo di Giorgia Meloni ha deciso di sponsorizzare la Coldiretti e tutta la lobby degli agricoltori e degli allevatori e quindi qualunque richiesta venga fatta viene appoggiata da questo governo”, afferma Innocenzi.

La mancata trasparenza sul totale dei soldi pubblici destinati agli allevamenti intensivi in Italia è un altro problema: oltre la quota della Pac (387 miliardi di euro in totale nell’Unione europea nel periodo 2021-2027, destinati in gran parte agli allevamenti intensivi), vi sono tantissimi altri sussidi pubblici, come quelli ad esempio per la peste suina africana, per cui non esiste ancora una cura. Oltre 100 milioni di euro sono stati già stanziati per risarcire gli allevatori per gli abbattimenti dei suini, foraggiando così un’industria in perdita (nel 2019 venivano macellati 10 milioni di suini rispetto ai 6,5 milioni di oggi, “l’industria dei suini è in fortissima crisi ma questa notizia non viene comunicata perché ovviamente non si vuol dare questo allarme”, spiega Innocenzi).

Una crisi legata a vari fattori ed in parte anche alla maggior consapevolezza dei consumatori sulla vera realtà degli allevamenti intensivi, presentati troppo a lungo come eccellenze. Senza sussidi l’industria della carne andrebbe incontro a difficoltà notevoli perché i produttori dovrebbero alzare ulteriormente i prezzi, tutto ciò mentre sappiamo che la nostra salutare e apprezzata dieta mediterranea prevede il consumo di un terzo della carne che viene effettivamente consumata oggi. “Se la carne costasse di più sarebbe già una buona notizia per la dieta degli italiani”, commenta Innocenzi.

In altri Paesi europei fortunatamente la sensibilità sul tema degli allevamenti intensivi è molto aumentata, ad esempio in Olanda, dove lo stesso governo ha proposto di ridurre di un terzo il numero di animali allevati, a causa del rilevante problema dell’inquinamento del suolo per l’eccesso di nitrati prodotti dagli allevamenti stessi. In Italia la Pianura Padana è una delle aree più inquinate d’Europa a causa anche degli allevamenti, ma i media tendono ancora a sottovalutare la loro incidenza.

Plant based

Il podcast si è soffermato anche sui rischi del giornalismo investigativo – sperimentati dalla stessa Innocenzi durante le riprese del documentario – nonché del gene editing sugli animali. Infine, per quanto riguarda il plant based, Innocenzi ha ricordato la battaglia di retroguardia del nostro governo che è stato il primo al mondo a vietare la carne coltivata, nonostante la presenza di eccellenze sullo stesso nostro territorio, come la produzione di bioreattori in provincia di Mantova.

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Se la carne a base cellulare deve ancora dimostrare di poter reggere a livello di economia di scala, è anche vero che l’Italia sta perdendo il treno del futuro, come dimostrano pure le politiche fiscali sulle alternative vegetali già esistenti (ad esempio sul latte bovino viene applicata l’Iva al 4%, sulle bevande vegetali quella massima al 22). “Queste differenze sono frutto soltanto di un lavoro di lobbying e di posizionamento politico, che però io penso cambierà sicuramente nei prossimi dieci anni, perché il sistema sta subendo una rivoluzione pazzesca che parte dai consumatori. Se i consumatori andranno avanti a scegliere le alternative vegetali allora la politica sarà costretta a seguire”, chiarisce Innocenzi.

[Cover Image @Food for Profit]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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