The Killing 3.0

The Killing 3.0, ancora scarso impegno nella lotta al bracconaggio degli uccelli in Europa

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The Killing 3.0, ancora scarso impegno nella lotta al bracconaggio degli uccelli in Europa ultima modifica: 2025-06-09T00:01:26+02:00 da Marco Grilli
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The Killing 3.0 è il report di Birdlife International ed Euronatur che denuncia l’uccisione illegale di milioni di uccelli in Europa 

“The Killing 3.0. I progressi nella lotta all’uccisione illegale di uccelli nel Mediterraneo e in Europa” è il report stilato da Birdlife International ed Euronatur che traccia un quadro preoccupante sulla situazione del bracconaggio in Europa.

Se consideriamo l’impegno coordinato assunto dai governi in base alla Convenzione di Berna ed al Piano strategico di Roma 2020-2030 relativo alla Convenzione sulle specie migratrici (Cms), a soli cinque anni dalla scadenza dello stesso piano – che fissa come obiettivo il dimezzamento delle uccisioni illegali di uccelli – i progressi nella lotta al bracconaggio registrano gravi ritardi.

Il rapporto ha valutato 46 Paesi analizzando in dettaglio la situazione di 22 Stati del Mediterraneo dove la caccia illegale è particolarmente diffusa. Ebbene, solo otto su 46 si stanno impegnando per rispettare gli obiettivi fissati dal Piano di Roma, mentre gli altri 38 sono ancora molto indietro.

“Il profitto sembra essere il principale motore del bracconaggio agli uccelli. In molti dei paesi più colpiti, responsabili di circa il 90% delle uccisioni illegali, i progressi sono stati scarsi o nulli e in alcuni casi la situazione è peggiorata” – denuncia la Lega italiana protezione uccelli (Lipu) – “è necessario intervenire con urgenza, altrimenti saranno inevitabili perdite devastanti per le popolazioni di uccelli e alcune specie potrebbero addirittura essere spazzate via per sempre”.

Gli esiti

Il raggiungimento della riduzione del 50% dell’uccisione illegale di uccelli nell’ambito geografico del Piano strategico di Roma entro il 2030 è un obiettivo ambizioso, ma rimane alla portata di tutti i  Paesi della regione. Richiede un impegno politico costante, una migliore raccolta dati e misure di controllo più rigorose”, si legge nel report.

Ogni anno milioni di uccelli vanno incontro ad un triste destino in Europa e nel Mediterraneo: abbattuti, intrappolati o avvelenati illegalmente, le loro popolazioni sono calate drasticamente soprattutto negli ultimi decenni, mettendo a repentaglio il buon esito degli sforzi di conservazione lungo le rotte migratorie. Dopo la perdita di habitat, lo sfruttamento eccessivo – compresa la caccia illegale – è la principale causa di questo trend  così allarmante.

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“L’uccisione illegale di uccelli non è solo un crimine, è una tragedia che continua a minacciare gli uccelli lungo tutte le rotte migratorie. Livelli elevati di uccisioni illegali in un Paese possono vanificare i successi ottenuti in materia di conservazione in un altro. Abbiamo urgente bisogno di un’azione transfrontaliera più forte e coordinata lungo l’intera rotta migratoria. Raggiungere l’obiettivo del 2030 è una sfida difficile, ma non impossibile”, ha affermato Barend van Gemerden, coordinatore del programma Global Flyways di BirdLife International.

Uccidere, catturare e commerciare illegalmente uccelli sono fenomeni che si traducono nell’acronimo Ikb (Illegal killing of birds). The Killing 3.0 è stato realizzato tramite un questionario in due parti, compilato da esperti di varie organizzazioni non governative (ong) conservazioniste e da rappresentati di istituzioni accademiche che lavorano sull’Ikb.

La prima parte del sondaggio ha valutato i progressi nazionali rispetto a sei strategie tematiche chiave per ridurre l’Ikb (volontà politica e cooperazione, monitoraggio, legislazione, applicazione delle leggi, procedimenti e condanne, comunicazione e prevenzione), mentre la seconda parte ha raccolto le risposte sulle principali sfide e raccomandazioni per affrontare la pesca illegale in determinati Paesi.

Analizzando i dieci Paesi delle regioni con i livelli più alti di Ikb, si ricava che due di questi hanno mostrato un leggero miglioramento, quattro non hanno registrato cambiamenti significativi, mentre altri quattro hanno addirittura segnato trend negativi. Più in generale sui 46 Paesi analizzati, otto sono in linea con l’obiettivo di ridurre l’Ikb del 50% entro il 2030, dodici mostrano leggeri miglioramenti, nove segnano peggioramenti e diciassette (tra cui l’Italia) si mantengono più o meno stabili.

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Sono molte le specie a rischio segnalate nel report. Tra queste vi è la tortora selvatica (Streptopelia turtur), classificata come “vulnerabile” nella Lista Rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn): decine di migliaia di esemplari perdono la vita ogni primavera nelle isole greche dello Ionio a causa della caccia illegale. Non va meglio al  capovaccaio (Neophron percnopterus), classificato come “in pericolo”, la cui popolazione riproduttiva dei Balcani è gravemente minacciata dall’avvelenamento causato dalla diffusione delle esche illegali destinate ad altri animali selvatici. Infine, seppur classificato come “a rischio minimo”, il grazioso cardellino (Carduelis carduelis) noto per le sue doti canore è in realtà in declino in molte regioni, a causa in primis delle catture nel Mediterraneo e nell’Africa settentrionale per il commercio illegale di uccelli da gabbia.

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Le raccomandazioni del report The Killing 3.0

1. Piani di azione

Il rapporto indica le principali raccomandazioni per l’azione dei vari governi, consigliando al primo punto la necessità di accrescere la volontà politica su questa tematica e di sviluppare piani di azione nazionali per l’Ikb. Al momento solo pochissimi Paesi li hanno già elaborati.

2. Agenzie di controllo

Il secondo consiglio è quello di istituire agenzie specifiche di controllo dell’Ikb dotate di sufficienti risorse. “Per rafforzare l’applicazione della legge, i governi dovrebbero creare unità specializzate in materia di reati contro la fauna selvatica, migliorare il coordinamento tra le agenzie e fornire formazione e protocolli mirati agli agenti delle forze dell’ordine”. Quest’ultime, purtroppo, in larga parte non dispongono ancora delle risorse necessarie e della formazione specifica. La cooperazione tra agenzie e organizzazioni non governative sta progressivamente migliorando ma resta ancora molto lavoro da fare.

3. Protocolli di azione

Al terzo punto troviamo la necessità di rafforzare le prove forensi nelle indagini Ikb. “I governi dovrebbero stabilire raccomandazioni chiare per la gestione delle prove forensi nei casi Ikb e devono allocare le risorse tecniche e finanziarie necessarie per supportare le analisi tossicologiche e le relazioni degli esperti, che sono essenziali per fornire prove solide nei procedimenti legali”, dichiarano gli autori del report. Urge dunque l’adozione di protocolli d’azione standardizzati per le forze dell’ordine, i centri di recupero della fauna selvatica ed i laboratori d’analisi, al fine di ottenere una migliore efficacia nelle indagini.

4. Sanzioni

La quarta raccomandazione prevede di garantire sanzioni efficaci. Le leggi attuali, infatti, adottano sanzioni spesso troppo lievi e quindi insufficienti a scoraggiare i trasgressori. Un altro passo fondamentale sarebbe quello di considerare la responsabilità civile per i reati contro la fauna selvatica, in modo che i trasgressori siano ritenuti responsabili dei danni causati.

5. Monitoraggio

Birdlife International ed Euronatur invitano inoltre a migliorare i programmi di monitoraggio e ad impostare i database nazionali Ikb. Scarseggiano infatti i dati affidabili sull’Ikb e le statistiche sulla criminalità contro la fauna selvatica disponibili al pubblico sono spesso cosa rara.

6. Formazione

Serve pure una formazione adeguata per i pubblici ministeri ed i giudici (sesta raccomandazione), poiché “le sanzioni deterrenti vengono raramente applicate nei paesi con il più alto livello di Ikb, e giudici e pubblici ministeri spesso non possiedono le competenze necessarie per gestire i casi di reati contro la fauna selvatica in modo adeguato alla gravità di tali problemi”.

Altre raccomandazioni

Le ultime tre raccomandazioni riguardano: la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’Ikb da parte dei governi – finora abbastanza assenti – tramite la collaborazione con le ong e campagne comunicative ben strutturate; la facilitazione di una maggiore collaborazione tra le organizzazioni ed a livello internazionale ed infine un cambiamento nei comportamenti.

In merito a quest’ultimo punto, il report specifica che “nelle poche aree in cui l’Ikb è causato principalmente dalla povertà, i governi dovrebbero investire in opportunità di sostentamento alternative. Offrire alle comunità opzioni di reddito sostenibili può affrontare le cause profonde della povertà e contribuire a risultati di conservazione duraturi”.

Infine, le quattro raccomandazioni per l’azione internazionale si traducono nel rafforzamento della volontà politica e del coordinamento tra le regioni, nel supporto alle attività di monitoraggio ed alla rendicontazione internazionale, nel garantire sanzioni efficaci e l’armonizzazione giuridica ed infine nel rafforzamento della cooperazione internazionale per contrastare l’uccisione illegale di uccelli transfrontaliera.

La situazione italiana 

L’Italia, purtroppo, a causa della sua collocazione geografica tra Africa ed Europa, è uno dei Paesi del Mediterraneo a maggior rischio e pratica del bracconaggio. In particolare, la zona delle prealpi lombardo-venete è una delle aree più a rischio per la migrazione degli uccelli, dove il bracconaggio rappresenta ancora una seria minaccia per la biodiversità. Nonostante nel 2017 sia stato approvato il Piano di azione nazionale per il contrasto agli illeciti contro gli uccelli selvatici, questo è rimasto per lo più sulla carta, in particolare le azioni che prevedono l’aumento del personale di vigilanza e l’adozione di norme con pene più severe”, commenta Giovanni Albarella, responsabile Bracconaggio e attività venatoria della Lipu.

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Nel 2023 la Commissione europea ha avviato una procedura pilota contro l’Italia a causa della mancata attuazione del Piano di azione nazionale e della persistenza del bracconaggio. Non mancano però esempi positivi e da seguire in Europa, in primis in Spagna ed a Cipro, dove sono stati compiuti importanti progressi grazie ad una forte volontà politica, ad una pianificazione coordinata ed allo stanziamento di risorse adeguate.

The Killing 3.0 invia un messaggio chiaro: il tempo delle promesse è finito. Senza un’azione urgente, milioni di altri uccelli ne pagheranno il prezzo”, conclude Albarella.

[Credits foto: ginger su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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