crisi climatica e media

La crisi climatica è sempre più trascurata dai media

in Clima
La crisi climatica è sempre più trascurata dai media ultima modifica: 2025-05-12T00:01:19+02:00 da Marco Grilli
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Crisi climatica silenziata sui media, nel 2024 sono dimezzate le notizie dedicate a questo tema sui principali giornali e telegiornali

La crisi climatica globale incombe ma trova sempre meno spazio sui principali quotidiani e telegiornali italiani. Il rapporto “L’informazione sulla crisi climatica e la transizione ecologica in Italia”, realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace Italia e riferito al 2024, ha registrato in un anno il calo del 47% delle notizie dedicate al clima sui quotidiani (in media un articolo ogni due giorni) e del 45% sui telegiornali (un servizio ogni 10 giorni in media).

Non siamo però di fronte solo ad una scarsa attenzione verso questo tema così cruciale per il mondo di oggi ma anche ad un suo fraintendimento, poiché il report sottolinea che nel racconto mediatico prevalgono le preoccupazioni per l’impatto economico e sociale delle politiche climatiche rispetto alle drammatiche conseguenze ambientali del riscaldamento globale, mentre aumentano addirittura le pubblicità delle aziende inquinanti sui quotidiani (1.284 contro le 1.229 del 2023).

Il nostro report annuale evidenzia un allarmante calo d’attenzione dei principali media italiani nei confronti della crisi climatica, che nel complesso continua a perdere rilievo nell’agenda di quotidiani e TG da quando abbiamo iniziato il nostro monitoraggio nel 2022. Al contempo, la presenza massiccia delle pubblicità di aziende inquinanti espone la stampa italiana al rischio di autocensura preventiva quando si tratta di tirare in ballo i responsabili del riscaldamento globale e di raccontare le soluzioni più efficaci per contrastarlo. Inoltre il nesso fondamentale fra transizione energetica e lotta alla crisi climatica risulta estremamente indebolito, con il rischio di oscuramento della necessità e dell’urgenza delle politiche per il clima, in un contesto in cui queste ultime sono costantemente messe in discussione dal governo Meloni. È necessario quindi rompere al più presto quel patto di potere fra aziende fossili, politica e media che impedisce al nostro Paese un vero impegno nella riduzione delle emissioni e nella transizione verso le energie rinnovabili”, ha commentato Federico Spadini, campaigner clima e trasporti di Greenpeace Italia.

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Il rapporto

Per capire come e quanto viene raccontata la crisi climatica sui principali media, dal 2022 Greenpeace Italia ha incaricato l’Osservatorio di Pavia di eseguire un monitoraggio annuale sulle notizie sul clima diffuse dai cinque principali quotidiani nazionali (Corriere della Sera, la RepubblicaIl Sole 24 OreAvvenireLa Stampa) e dai telegiornali serali delle reti RAI, Mediaset e La7.

Questi interessanti rapporti annuali su media e clima esaminano inoltre sia gli spazi destinati dai giornali alle pubblicità di aziende del settore del petrolio e del gas, automotive, crocieristico e aereo, sia le dichiarazioni dei principali esponenti politici. Sui quotidiani, le principali fonti delle notizie sulla crisi climatica e sulla transizione ecologica sono rappresentate da aziende e da esponenti del mondo economico (40%), mentre nei TG hanno prevalso i politici ed i rappresentanti delle istituzioni (43%). Il settore predominante negli spazi pubblicitari dei settori inquinanti ospitati sui quotidiani è stato quello del gas e del petrolio (654 annunci), con una significativa crescita anche del comparto automotive (593 pubblicità).

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Lo studio condotto dall’Osservatorio di Pavia ha permesso anche di stilare la classifica dei quotidiani nazionali mediante la valutazione di cinque parametri (quanto raccontano la crisi climatica, citazione o meno dei combustibili fossili tra le cause, voce data alle aziende inquinanti, spazio concesso alla pubblicità delle aziende inquinanti, trasparenza delle redazioni rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti). Ebbene, neanche il migliore – ovvero Avvenire – ha raggiunto la sufficienza (5,4 punti su 10), mentre gli altri ne sono rimasti lontani (Corriere della Sera 3,2, Sole 24 Ore 3) con la Repubblica e La Stampa appaiati in ultima posizione con soli 2,6 punti. Spostando l’ottica sui telegiornali, il TG5 è risultato quello con il maggior numero di notizie pertinenti la crisi climatica o specificamente dedicate a questo tema, mentre il meno attento sul fronte clima si è rivelato il TG La 7.

Esiti in dettaglio

Meno di due articoli al giorno con qualche riferimento alla crisi climatica sui cinque principali quotidiani nazionali e meno di una notizia ogni tre giorni nei sette TG più seguiti: l’attenzione verso questa grave problematica dei nostri tempi è letteralmente scemata nel corso di un anno, tanto che il 75% degli articoli dei quotidiani ed il 61% delle notizie dei TG l’ha trattata in modo marginale o si è limitata semplicemente a citarla, a confronto rispettivamente del 65% e 49% del 2023.

Più in generale sono diminuite notevolmente le notizie focalizzate in primis sulla crisi climatica (-47% sui quotidiani, -45% sui TG), che paiono pure poco attente alle sue cause, se è vero che i combustibili fossili sono citati come responsabili del problema solo nel 3% degli articoli dei quotidiani e nel 2% delle notizie dei TG.

Ci sono inoltre evidenti limiti nella contestualizzazione del fenomeno: nel 2024 ben 2.423 notizie sulla transizione ecologica e/o su specifiche azioni di mitigazioni del riscaldamento globale sono risultate prive di un riferimento esplicito alla crisi climatica, e due aspetti fondamentali, quali la decarbonizzazione e la riduzione delle emissioni, sono stati citati senza menzionare la stessa crisi climatica nella maggior parte dei casi. Perfino i politici, nel 64% delle dichiarazioni rilasciate, hanno parlato di politiche di transizione senza mai nominare direttamente la crisi climatica. Tale scollamento contribuisce ad oscurare la motivazione delle politiche climatiche.

Fortunatamente i quotidiani hanno dato spazio in prevalenza a soggetti favorevoli ad azioni e strategie di mitigazione del riscaldamento globale; di converso, però, i TG si sono dimostrati più aperti alle voci disimpegnate o critiche nei confronti della transizione ecologica. A risaltare poi è il silenzio generale sulle responsabilità della crisi climatica, tanto che solo l’1% dei 3.007 soggetti rilevati nelle 2.314 notizie pertinenti a questo tema è stato indicato come responsabile. Un altro paradosso: se consideriamo tutte le edizioni serali dei TG, solo una una volta in un anno le compagnie dei combustibili fossili sono state riconosciute come responsabili della crisi climatica.

Passando ad analizzare la comunicazione dei leader politici, nel complesso “il racconto mediatico e politico restituisce un quadro in cui le preoccupazioni per l’impatto economico e industriale delle politiche climatiche prevalgono sulla narrazione delle conseguenze ambientali del riscaldamento globale. Il risultato è un discorso pubblico polarizzato, dove il pragmatismo richiesto da molti rischia di tramutarsi in resistenza sistematica all’azione climatica”, si legge nel rapporto.

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Nelle 311 dichiarazioni rilevate sui quotidiani e nei TG vi è un sostanziale equilibrio fra le posizioni favorevoli e quelle critiche verso le politiche climatiche. Nel 2024 sono cresciute però  le  narrative di resistenza alla transizione ecologica ed energetica, che hanno trovato spazio nel 17% degli articoli dei quotidiani e nel 19% delle notizie dei TG.

I toni usati da alcuni leader paiono particolarmente forti, impossibile dimenticare le citazioni ad effetto sulle politiche green quali i “diktat ideologici” di Giorgia Meloni, le “patrimoniali green” ed il “suicidio Green Deal” di Matteo Salvini o l’“ecologismo estremista” di Antonio Tajani.

Il rapporto parla chiaro, “le narrative ricorrenti all’interno del discorso politico, soprattutto tra gli esponenti della maggioranza, contengono un approccio spesso critico nei confronti delle politiche europee. Molti interventi insistono sull’eccessivo costo economico della transizione, sulla necessità di rivedere i tempi imposti dal Green deal e sull’importanza di adottare un atteggiamento pragmatico. Si riscontra anche un’ampia convergenza su alcune tematiche, come il sostegno al nucleare ‘pulito e sicuro’, l’adozione di carburanti alternativi a quelli derivati dai combustibili fossili e l’opposizione alla direttiva europea sull’efficientamento e risparmio energetico (case green)”.

Infine, per quanto riguarda la pubblicità delle aziende inquinanti sui quotidiani, il 2024 conferma un trend ormai consolidato: chi più inquina è il più pronto a disvelare un’improbabile anima green. “Oltre i risultati quantitativi, emerge una strategia comunicativa adottata da molte di queste aziende, che costruiscono messaggi centrati sulla sostenibilità e la transizione ecologica, spesso in contrasto con il proprio impatto ambientale reale. È il caso emblematico di Eni e delle case automobilistiche, che promuovono brand e prodotti “green” pur mantenendo un modello produttivo legato ai combustibili fossili o all’industria tradizionale. Questo fenomeno solleva interrogativi sulla trasparenza e sull’efficacia dei messaggi ambientali veicolati, e rafforza l’importanza di un monitoraggio critico di strategie di marketing all’insegna del greenwashing”, si legge nel rapporto.

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“In questo scenario per molti versi desolante, il rischio forse più grande è quello che a smarrirsi sia il quadro d’insieme e che, senza un’opportuna contestualizzazione di normative, policy e processi aziendali, le soluzioni sostenibili (è il caso, ad esempio, delle politiche green diventate bersaglio delle proteste degli agricoltori a inizio 2024) si trasformino piuttosto in capro espiatorio su cui scaricare la colpevole mancanza di politiche adeguate, in grado di porre un serio argine al riscaldamento globale e alle sue conseguenze sul piano ambientale, sociale ed economico”, sottolinea Valentina Barresi di Greenpeace Italia nell’introduzione del rapporto.

L’informazione gioca un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico. Molte testate hanno già aderito alla coalizione “Stampa libera per il clima”, ideata da Greenpeace Italia per affrancare il giornalismo italiano dal ricatto economico delle aziende dei combustibili fossili. “Solo un’informazione realmente libera, plurale e approfondita – che non si limiti a generici proclami o fare da cassa di risonanza ai soggetti che hanno le maggiori responsabilità in questa crisi epocale – può rendere manifesta la necessità, ma anche la sussistenza di soluzioni alternative a quelle finora adottate, e contribuire a invertire la rotta per la salvaguardia del pianeta”, conclude Barresi.

[Credits foto: congerdesign su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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