La defogliazione della chioma di specie forestali in Italia è in deciso peggioramento nell’ultimo triennio (2021-2023) con valori superiori al 40%
Nuovo campanello d’allarme per le specie forestali (aghifoglie e latifoglie) italiane: nell’ultimo triennio (2021-2023) i valori di defogliazione della chioma hanno dimostrato un netto peggioramento attestandosi a livelli molto alti, mai raggiunti prima.
“Tali valori, superiori al 40% nel 2021 e 2022, nel 2023 hanno raggiunto il 45% sia nelle latifoglie, sia nelle aghifoglie; sembra pertanto prefigurarsi un trend di peggioramento, che andrà confermato sulla base delle rilevazioni dei prossimi anni”, specifica Stefania Ercole nella banca dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
L’indicatore
Questo importante indicatore ambientale serve a fornire informazioni sulle condizioni delle chiome delle principali specie forestali di latifoglie e aghifoglie presenti in Italia, al fine di evidenziarne il livello di resilienza o di suscettività rispetto all’impatto causato dalle deposizioni atmosferiche e dagli inquinanti gassosi.
Più in generale, la banca dati degli oltre 300 indicatori ambientali – realizzata dall’Ispra in collaborazione con le Agenzie regionali e delle province autonome nell’ambito del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) – rappresenta la più completa raccolta di dati statistici e informazioni sullo stato dell’ambiente in Italia.
Gli indicatori, classificati in 39 temi ambientali, sono strutturati in schede contenenti informazioni di tipo descrittivo (metadati), dove è possibile consultare: i dati rappresentati con grafici, tabelle e mappe; il trend; la valutazione dello stato e gli obiettivi da raggiungere.
“In un’ottica di miglioramento e di sviluppo, per far fronte a sfide ambientali sempre più pressanti e per soddisfare le nuove esigenze conoscitive, anche di scenari futuri, è importante continuare ad acquisire ed elaborare informazioni statistiche di dettaglio caratterizzate da un’elevata solidità scientifica, da diffondere in modalità dinamica e tempestiva. Gli indicatori presenti nella Banca dati degli indicatori ambientali non solo forniscono una fotografia dello stato dell’ambiente in Italia, fino ad oggi restituita nitidamente dall’Annuario dei dati ambientali, ma segnano un ulteriore passaggio evolutivo grazie alla loro peculiarità nel supportare l’efficacia e la qualità dell’azione pubblica e per rispondere sia a precisi obblighi normativi sia alle richieste provenienti da organismi nazionali e internazionali”, chiarisce l’Ispra.
Quello in questione è un indicatore di impatto espresso tramite i valori medi annui di defogliazione della chioma di specie forestali (aghifoglie e latifoglie), rilevati dal 1997 al 2023 all’interno di una rete di aree permanenti che rientrano nell’ambito del Programma nazionale integrato CON.ECO.FOR. (CONtrolli ECOsistemi FORestali).
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Quest’ultimo conduce attività di monitoraggio delle foreste sulla base della Convenzione internazionale UN/ECE sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lungo raggio ed in attuazione del Regolamento comunitario sul monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali. Il Programma CON.ECO.FOR. è stato avviato nel 1995 dal Corpo forestale dello Stato, mentre attualmente ad occuparsene è il Comando carabinieri per la tutela della biodiversità e dei parchi.
L’indicatore in questione rientra negli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia nell’ambito dell’ICP Forests – ovvero il programma di cooperazione internazionale per la valutazione ed il monitoraggio degli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle foreste, lanciato nel 1985 dalla Convenzione sopra citata – e risponde anche alla Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa (MCPFE), un’iniziativa politica per la cooperazione fra Paesi europei che mira ad un “utilizzo delle foreste tale da mantenere la loro biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e capacità di soddisfare, ora e nel futuro, rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali, a livello locale, nazionale e globale, e in modo da non causare danni ad altri ecosistemi”.
I monitoraggi vengono realizzati all’interno di aree permanenti (254 di livello I e 31 di monitoraggio intensivo definite di livello II), distribuite su tutto il territorio nazionale e rappresentative delle principali comunità forestali italiane.
Nello specifico, l’indicatore riporta la distribuzione percentuale degli alberi campionati nelle aree permanenti del Programma CON.ECO.FOR., con la distinzione tra aghifoglie e latifoglie. Alcuni professionisti del settore forestale appositamente formati valutano visivamente la defogliazione, provvedendo alla classificazione secondo cinque distinte classi (0=0-10%, nessun danno; 1=>10-25%, danni lievi; 2=>25-60%, danni moderati; 3=>60-<100%, danni gravi; 4= 100%, alberi morti).
L’analisi temporale del fenomeno è realizzata sulla base degli andamenti della percentuale di alberi con defogliazione della chioma maggiore del 25%. La banca dati è aggiornata periodicamente con cadenza annuale e si contraddistingue per la qualità dell’informazione, poiché i dati utilizzati per il popolamento dell’indicatore presentano un’ottima affidabilità e validazione, oltre che una buona comparabilità nel tempo e nello spazio.
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Stato, trend e commenti
Entrando in merito alla qualificazione dell’indicatore, lo stato è definito scarso a causa dell’aumento significativo della defogliazione nel triennio 2021-2023 sia nelle latifoglie che nelle aghifoglie, con valori superiori al 40% mai toccati prima ed un grado di defogliazione >25% (corrispondente al valore soglia del danno) tale da destare preoccupazione.
Il trend è dunque negativo, poiché nell’arco temporale tra il 1997 ed il 2020 i valori totali di defogliazione si attestano in media sul 35%, con oscillazioni nei diversi anni. In particolare il fenomeno è peggiorato nel biennio 2017-2018, quando ha toccato valori vicini al 39%, per poi segnare un miglioramento nel 2019-2020, con valori del 35-36% nella media.
Se è pur vero che la definizione di un trend resta una questione complessa visto il carattere altalenante del fenomeno, è però indubitabile il peggioramento verificatosi nell’ultimo triennio, poiché sono stati registrati valori superiori al 40%, mai raggiunti nei 27 anni di rilevamento. Un sicuro campanello d’allarme che ha portato a tale negativa definizione del trend, nella speranza che le rilevazioni dei prossimi anni possano invertire questa pericolosa rotta.
In conclusione, i commenti sui dati rilevati nel corso degli ultimi 27 anni (1997-2023), oltre a confermare l’andamento altalenante del fenomeno fino al 2020 – con una maggiore sensibilità delle latifoglie – ed il peggioramento dell’ultimo triennio con particolare riferimento all’anno 2023, sottolineano l’incidenza di altri fattori a partire dai cambiamenti climatici.
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“Nella valutazione di tali risultati bisogna considerare che oltre all’impatto delle deposizioni atmosferiche e degli inquinanti gassosi, sono molteplici i fattori di stress che possono influenzare le condizioni vegetative delle specie, tra questi basti pensare all’influenza dell’andamento climatico, ma anche degli attacchi parassitari o degli incendi”.
[Credits foto: eleonora anello]
