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Bilancio rinnovabili 2024, record fotovoltaico ma restano criticità

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Bilancio rinnovabili 2024, record fotovoltaico ma restano criticità ultima modifica: 2025-03-24T00:02:50+01:00 da Marco Grilli
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Nel bilancio delle rinnovabili 2024 si registra il record di produzione fotovoltaica ma l’Italia è ancora indietro nell’obiettivo 2030

Nel bilancio sulle energie rinnovabili nel 2024 spicca il record assoluto di copertura della domanda elettrica, pari al 41,2%, rispetto al 37,1% del 2023 (dati della società che gestisce la rete di trasmissione nazionale). Si tratta di un aumento legato soprattutto al contributo positivo apportato dalla produzione idroelettrica e fotovoltaica. Più in generale, i consumi elettrici italiani sono aumentati del 2,2%, attestandosi a 312,3 miliardi di kWh.

Il record del fotovoltaico

Nel 2024 la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta con la produzione nazionale per l’83,7% e dal saldo dell’energia scambiata con l’estero per la restante quota del 16,3%. Sviscerando questo dato possiamo apprezzare il balzo in avanti delle fonti pulite.

La produzione nazionale netta, infatti – pari a 264 miliardi di kWh ed in aumento del 2,7% rispetto al 2023 – ha beneficiato della crescita a due cifre sia della produzione idroelettrica (+30,4%), sia di quella fotovoltaica (+19,3%), con quest’ultima che ha raggiunto il suo record storico arrivando a superare i 36 TWh. Si rivelano invece in calo sia l’eolico (-5,6%) che il geotermico (-0,8%), così come la fonte termica (-6,2%) e fortunatamente la produzione di carbone (-71%), praticamente ormai azzerata ad eccezione della Sardegna.

I dati su tutte le fonti rinnovabili hanno rilevato un incremento di capacità installata di 7,5 GW (+29% rispetto al 2023), per un totale di potenza pari a 76,6 GW, garantiti in maggior parte dal solare (37,1 GW)  e dall’eolico (13 GW).

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“Rispetto a quanto previsto dal DM Aree Idonee (21 giugno 2024), il target fissato per il quadriennio 2021-2024 di nuove installazioni è stato superato di 1.609 MW. Da gennaio a dicembre 2024, la potenza nominale degli accumuli in esercizio è aumentata di 2.113 MW. Nel 2024 si registrano in Italia circa 730.000 installazioni che corrispondono a 12.942 MWh di capacità e 5.565 MW di potenza nominale, di cui 1065 MW utility scale. La crescita della capacità di accumulo è stata guidata per quanto riguarda i piccoli impianti dalle politiche incentivanti di carattere fiscale, per gli impianti utility scale, invece, l’aumento è il risultato dei meccanismi di contrattualizzazione a termine previsti dal capacity market”, comunica il gestore nazionale.

Difficoltà e ritardi

Al di là di queste notizie all’apparenza positive, il nostro Paese registra un grave ritardo nel raggiungimento dell’obiettivo sullo sviluppo delle rinnovabili fissato dal decreto ministeriale (DM) Aree Idonee.

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Nonostante i risultati parziali e positivi degli ultimi anni (17.717 MW di rinnovabili installati dal 2021 al 2024 con una media annuale di 4.429 MW l’anno), il target degli 80.001 MW di nuova potenza da installare entro il 2030 resta lontano e potrebbe esser raggiunto solo con ben otto anni di ritardo. Attualmente infatti è stato coperto solo il 22% dell’obiettivo e mancano ben 62.284 MW da realizzare nei prossimi sei anni (10.380,6 MW all’anno), ma permangono grandi difficoltà a livello nazionale, regionale e comunale, soprattutto a causa di leggi sbagliate, ostacoli burocratici ed opposizioni locali. A scattare questa fotografia è stato il report “Scacco matto alle rinnovabili 2025”‚ appena pubblicato da Legambiente.

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“Il ritardo dell’Italia rispetto agli 80.001 MW da raggiungere entro sei anni è preoccupante così come il muro che diverse regioni stanno innalzando sul tema aree idonee come nel caso in primis di Sardegna e Toscana che renderanno rispettivamente il 99% e il 70% del territorio regionale non idoneo alla realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili. Due regioni che stanno purtroppo facendo scuola, stando alle dichiarazioni di rappresentanti di altre amministrazioni, nonostante il Governo abbia fatto ricorso alla Corte Costituzionale proprio per bloccare la legge sarda sulle aree idonee. Il nostro Osservatorio Aree Idonee e Regioni vuole fornire un’analisi dettagliata su quanto sta accadendo tra iter normativi regionali e ritardi, vigilando e stimolando le amministrazioni a un maggior coraggio, soprattutto considerando che le rinnovabili e lefficienza sono le uniche risposte concrete ai problemi  del Paese e che l’obiettivo 2030 rappresenta solo un primo passo verso gli obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2035 per la produzione elettrica ed entro il 2050 per tutto il resto del sistema energetico”, ha commentato Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente.

Stando all’analisi del cigno verde, a livello regionale i maggiori ritardi nel conseguimento dell’obiettivo 2030 si registrano in Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria. Unica Regione che potrebbe centrare il target in tempo pare il Lazio, che con i suoi 4.757 MW è già al 39,9% dell’obiettivo. Legambiente ha pure censito 31 storie di blocchi alle rinnovabili nel 2024 (92 in totale dal 2022), caratterizzate da ostacoli che sono giunti dalla presidenza del Consiglio dei ministri, oltre che da Sovrintendenze, Regioni, Comuni, comitati di cittadini ed associazioni datoriali. Tra queste, ad esempio, il caso dell’impianto agrivoltaico a Mogliano Veneto (TV), un progetto già approvato dalla Regione che però ha incontrato la forte opposizione del sindaco del Comune veneto.

In stallo vi sono inoltre numerosi progetti a livello nazionale. Quelli avviati a valutazione dal 2015 al 15 gennaio 2025 sono 2.109, ma il 79% di questi sono ancora in fase di istruttoria tecnica da parte del Comitato PNRR-PNIEC.

L’Italia è in colpevole ritardo sugli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili da raggiungere al 2030. I principali ostacoli non tecnologici sono gli iter autorizzativi lenti, per l’ostracismo del Ministero della Cultura e l’inazione delle Regioni, i decreti ministeriali sbagliati e ideologici, come quelli su aree idonee e agricoltura, e le politiche miopi del Governo Meloni, che non fa altro che rendere la Penisola ancora più dipendente dagli speculatori del gas, puntando anche sul ritorno del nucleare, opzione energetica sconfitta dal libero mercato, a causa dei suoi costi esorbitanti, mentre altri ritardi potrebbero aggiungersi con le future leggi regionali sulle aree idonee. Per rendere indipendente l’Italia e per aiutare famiglie e imprese, facendo diminuire la bolletta, occorre accelerare la diffusione delle rinnovabili, lo sviluppo delle reti e la realizzazione degli accumuli anche in vista del passaggio dal Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità a quelli zonali, che porteranno maggiori vantaggi proprio alle Regioni con una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili”, ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. 

A fronte della crisi climatica  – 2.098 eventi meteo estremi dal 2015 a oggi registrati nel nostro Paese  – e di quella energetica con il conseguente rincaro delle bollette,  Legambiente reclama la necessità di interventi strutturali, sintetizzati in 10 proposte a partire da tre caposaldi: lo snellimento degli iter autorizzativi per velocizzare la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, a partire dalle attività di repowering degli impianti eolici già esistenti; il rafforzamento del personale tecnico negli uffici regionali e comunali preposti alla valutazione e autorizzazione dei progetti, oltre al completamento dell’organico della Commissione PNRR/PNIEC del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica; la revisione del decreto Aree Idonee, della legge 199/2021 – dando indicazioni univoche e meno ideologiche alle Regioni – e del decreto Agricoltura, in questo caso fornendo una maggiore distinzione tra fotovoltaico ed agrivoltaico, estendendo la possibilità di realizzare impianti fotovoltaici a terra anche alle aree agricole all’interno dei Siti di interesse nazionale (SIN) e regionale (SIR) da bonificare, ed infine rendendo possibile l’agrivoltaico su tutte le aree agricole e solo attraverso il piano agronomico atto a valutare se un impianto di questo genere possa essere adeguato alla coltura presente.

A monte di tutto questo deve esserci però la necessaria “rivoluzione culturale” reclamata da Legambiente, che inviti a guardare alla transizione energetica come ad un’occasione di investimento e sviluppo occupazionale per i territori.

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Intanto, però, l’analisi sulle nuove installazioni non invita all’ottimismo, perché gli impianti fotovoltaici di piccola taglia su tetto segnano il passo, quelli di grande taglia a terra sono in aumento ma a ritmi ancora insufficienti (circa 3 GW di nuove installazioni nel 2024), la crescita degli impianti eolici on-shore è ancora insufficiente (meno di 1 GW all’anno di media), mentre il processo di elettrificazione degli usi finali (mobilità elettrica, pompe di calore) stenta a decollare e mostra ritardi rispetto agli Paesi europei, anche a causa delle pressioni esercitate  dalle lobby del gas e dall’industria dell’automotive, volte ad interferire sui programmi di sostituzione delle caldaie a gas e dei veicoli a combustioni interna.

In generale, poi, pare cruciale un intervento sui meccanismi di costruzione del prezzo dell’energia elettrica, al fine di rendere effettiva la correlazione fra l’aumento della quota di energia prodotta dalle rinnovabili  e la riduzione del prezzo dell’energia stessa. Legambiente invita ad accelerare la transizione verso il prezzo zonale formato in base al sistema energetico delle varie aree geografiche e ad eliminare al più presto il corrispettivo aggiuntivo stabilito da Arera che unifica i prezzi a livello nazionale, aiutando e stimolando al contempo le imprese verso contratti PPE (prezzo perequazione energia) con impianti a fonti rinnovabili, al fine di ridurre i prezzi. Infine resta fondamentale lo scorporo nel prezzo finale tra gas e rinnovabili, “uno strumento strategico per dare ai territori ed ai cittadini una risposta immediata sul valore delle rinnovabili nei territori”.

[Credits foto: andreas160578 su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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