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Il mito infranto, Antonio Galdo smaschera gli inganni della sostenibilità

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Il mito infranto, Antonio Galdo smaschera gli inganni della sostenibilità ultima modifica: 2025-03-19T00:06:49+01:00 da Davide Mazzocco
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Il mito infranto, saggio di Antonio Galdo, demistifica la retorica della sostenibilità che, invece di proteggere l’ambiente, ha accresciuto le diseguaglianze sociali

Il mantra della “sostenibilità” dilagato nei dibattiti politici ed economici dell’ultimo decennio non ha prodotto gli effetti sperati. L’economia non è diventata meno spietata, gli impatti ambientali delle attività produttive non sono stati ridotti, le diseguaglianze sociali non sono diminuite. Utilizzando gli obiettivi dell’Agenda 2030 come spina dorsale della sua tesi, il giornalista e scrittore Antonio Galdo dimostra – con i fatti e con i numeri – come il modello di sviluppo green abbia creato nuovi privilegi acuendo il gap fra le élite e le masse, fra i Paesi che consumano e quelli che producono e/o si accollano le conseguenze ambientali del benessere altrui. Il mito infranto (Codice Edizioni) è un’eccellente opera di demistificazione della deriva imposta globalmente dalla tecno-finanza e dalla politica a essa assoggettata alle masse dei consumatori:

La vera sostenibilità, dunque, sarebbe alla radice di un nuovo modello di sviluppo in grado di rimettere in movimento l’ascensore sociale, allargare il benessere, offrire opportunità di crescita a tutta la popolazione. La falsa sostenibilità ha reso invece il mondo più ingiusto, creando nuove fratture, nuovi muri, nuovi privilegi a vantaggio di ristrette minoranze. Non esiste un bene di consumo – dai generi alimentari all’abbigliamento, dagli elettrodomestici ai prodotti per l’igiene – che non abbia la sua versione green. E viene pagata a caro prezzo dai consumatori, perché tutto ciò che vanta il timbro della sostenibilità costa di più della sua versione normale. Un’élite di donne e uomini ha perciò conquistato lo status di consumatori verdi, mentre la maggior parte annaspa per non rinunciare al proprio tenore di vita, con l’andamento degli stipendi e dei salari che non riesce neanche a coprire l’inflazione.

Dalla dieta mediterranea all’auto elettrica, l’alibi della sostenibilità ambientale è un pretesto per far ricadere sui consumatori i costi di una transizione ecologica che dovrebbe portare benefici all’ambiente ma si rivela essere uno dei tanti volti di un potere economico sempre più predatorio. La politica, sola forza che potrebbe porre un argine alla famelica bulimia del capitalismo, si vede costretta a giocare secondo le regole del marketing. Secondo una ricerca compiuta dal Centro studi Bruegel in 30 Paesi tra il 2001 e il 2015, tutte le volte che un governo ha provato a imporre misure ecologiche stringenti si è verificata una perdita di consenso alla prima tornata elettorale, con punte fino all’11%. Come ha spiegato l’amministratore delegato di Renault, Luca de Meo, la sostituzione dei motori termici con quelli elettrici “è solo una rivoluzione per ricchi”. A partire dal 2012, i norvegesi hanno beneficiato di 2 miliardi di euro all’anno per passare all’elettrico, ma la nazione scandinava è anche la principale esportatrice di energie fossili dell’UE.

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Le contraddizioni della green economy

Il mito infranto racconta il dominio della Cina sulle materie prime africane, lo sfruttamento e l’inquinamento su cui si regge il sistema della fast fashion, ma soprattutto le contraddizioni della green economy. Ikea si propone al pubblico come azienda attenta alla sostenibilità, ma importa il legname necessario ai suoi prodotti dalla Russia e dalla Romania, paese nel quale la metà di questa risorsa proviene dal taglio illegale. Inoltre, a concedere al colosso scandinavo la patente di sostenibilità è il Forest Stewarship Council, un organismo che Ikea ha contribuito a fondare e nel quale dispone regolarmente di consiglieri.

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Al momento di cambiare un elettrodomestico, i consumatori più consapevoli optano per prodotti eco-friendly con una buona classe energetica. Peccato che lavatrici, aspirapolvere e televisori siano programmati per avere un ciclo di vita ridotto e che al momento del guasto tecnici e rivenditori spingano per la sostituzione perché il sistema fa si che sia per tutti più conveniente della riparazione. Da una parte si seduce il consumatore facendolo credere virtuoso quando compra un elettrodomestico che riduce l’impatto ambientale, dall’altra lo si spinge a buttarlo in discarica incrementando la montagna di RAEE che ha ormai raggiunto i 2 milioni di tonnellate l’anno.

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La rivoluzione delle lampadine LED ha ridotto il consumo energetico, ma ha alterato gli ecosistemi, compromettendo la fotosintesi delle piante e l’alternanza di sonno e veglia degli animali notturni. E che dire del colosso Amazon che annuncia di voler azzerare le emissioni di CO2 e nel solo 2021 ha generato con le sue consegne 71,54 milioni di tonnellate di anidride carbonica, pari all’inquinamento di 180 centrali elettriche a gas?

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Crisi climatica e disuguaglianza sociale

Galdo racconta il fallimento delle COP, carrozzoni che muovono verso località turistiche migliaia di delegati per enunciare impegni che vengono puntualmente disattesi dai fatti e che negli ultimi anni sono state ospitate da Dubai e Azerbaijan, Paesi che vivono di export di fonti fossili…

La crisi climatica è un acceleratore della disuguaglianza sociale:

Nel Nord del mondo i danni economici, sociali e ambientali, per quanto significativi, sono comunque assorbiti da economie solide, welfare generosi e margini di investimenti pubblici molto ampi. Nel Sud del mondo, invece, le cose vanno diversamente, e la crisi climatica diventa una sciagura epocale. Anche all’interno dei singoli Paesi, inoltre, la gravità della situazione ricade soprattutto sulle fasce più povere della popolazione.  

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Alimentazione, un sistema disfunzionale

Minimo comun denominatore de Il mito infranto, la diseguaglianza sociale emerge con maggiore evidenza nel capitolo dedicato all’alimentazione e all’agricoltura. Il sistema che permette al Pianeta di nutrirsi si regge sull’ingiustizia e sul disequilibrio. Nel 2023 l’agroalimentare italiano ha generato un fatturato di 586,9 miliardi di euro, ma se si fanno i conti della spartizione dei proventi si scopre che l’attività agricola in sé guadagna solamente il 5,1%.

Anche la dieta mediterranea che in passato sfamava i Paesi poveri è diventata oggi molto onerosa e non accessibile alle tasche dei meno abbienti. Un discorso analogo lo si può fare per il cibo biologico. Galdo spiega come il diabete sia diventato una malattia classista: più ci si sposta in periferia più aumentano i casi. Un fenomeno dovuto al fatto che chi abita lontano dal luogo di lavoro è costretto a muoversi in auto o con i mezzi pubblici, mentre i residenti del centro possono muoversi a piedi o in bicicletta.

E il consumo di carne? Negli ultimi anni è stata promossa con forza la produzione di carne sintetica da cellule staminali. Una bolla che è già scoppiata facendo arricchire i signori della finanza e lasciando i piccoli investitori con un pugno di mosche in mano.

Fra i migliori saggi usciti negli ultimi anni sul tema della sostenibilità, Il mito infranto è un’acuta riflessione su un mondo della comunicazione pervaso dalle leggi del marketing e della propaganda, nel quale gli interessi della politica e del mercato sono sempre più intrecciati e indistinguibili.

[Foto Pixabay]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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