L’inquinamento acustico è ancora un grave problema nelle città dell’Ue, la Corte dei Conti europea chiede di introdurre limiti e valori-obiettivo di riduzione del rumore
L’inquinamento acustico e quello atmosferico sono due della più gravi minacce ambientali per la salute umana, come riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Nella sua relazione sull’inquinamento urbano nell’Unione europea (Ue), la Corte dei Conti Ue ha rilevato che l’aria inquinata ed il rumore ambientale tendono a peggiorare nelle aree urbane, dove vivono tre cittadini su quattro.
Più in generale, in questo importante documento la Corte ha verificato se il quadro giuridico esistente sia stato attuato correttamente e se le misure adottate siano state efficaci nel migliorare la qualità dell’aria e ridurre i livelli di rumore nei tre Paesi selezionati (Grecia, Spagna e Polonia) e nelle relative città, ossia Atene, Barcellona e Cracovia.
In questa sede ci soffermeremo ad analizzare il problema del rumore ambientale.
Effetti nocivi del rumore ambientale
“Per ‘rumore ambientale’si intende un suono indesiderato o nocivo in ambiente esterno prodotto dalle attività umane. Il traffico stradale è la principale fonte di rumore ambientale nocivo, ossia inquinamento acustico, seguito da ferrovie e aeromobili. L’OMS –[Nda Organizzazione mondiale della sanità] ritiene che il rumore ambientale sia la seconda maggiore concausa ambientale del carico di malattia nell’UE dopo l’inquinamento atmosferico”, precisa la Corte nella relazione.
Stando alle stime dell’Agenzia europea dell’Ambiente (EEA), nell’Ue almeno un individuo su cinque è esposto a livelli di rumore nocivi. L’esposizione a lungo termine ad un rumore eccessivo può provocare effetti negativi sulla salute, quali disturbi cognitivi e del sonno, malattie cardiovascolari, fastidi vari, problemi di salute mentale e diabete di tipo 2. I numeri dicono ancora di più: questo inconveniente concorre ogni anno a 48mila nuovi casi di malattie cardiache ed a 12mila decessi prematuri in Europa.
L’inquinamento acustico incide negativamente anche sulla biodiversità delle città, in primis sull’avifauna urbana. Tra gli effetti documentati vi è la riduzione della capacità di comunicazione degli uccelli, che comporta cambiamenti comportamentali e l’allontanamento dalle zone edificate.
Le norme europee sull’inquinamento acustico
La direttiva europea sul rumore ambientale (END -Environmental Noise Directive) impone agli Stati membri di elaborare mappe acustiche strategiche per valutare l’esposizione della popolazione, oltre a piani d’azione per ridurre l’inquinamento acustico.
Nell’ambito del Green Deal europeo, nel 2021 la Commissione Ue ha fissato valori-obiettivo specifici per ridurre l’aria inquinata ed il rumore nocivo entro il 2030. Si tratta però di obiettivi non vincolanti per gli Stati membri, che mirano, tra l’altro, a ridurre del 30% il numero di persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti, rispetto al 2005.
La vigilanza e l’applicazione delle direttive sull’aria e sul rumore sono in primo luogo di competenza della direzione generale dell’Ambiente della Commissione europea (DG ENV). Le autorità nazionali sono responsabili del recepimento delle disposizioni delle direttive nel diritto nazionale e della loro attuazione.
Le rilevanze della Corte
Al contrario delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente (AAQD) – che sono state accorpate nell’ottobre 2024 e poi revisionate imponendo norme più stringenti – quella sul rumore non è mai stata rivista, ad eccezione degli allegati.
La direttiva END affronta il problema del rumore ambientale causato da strade, ferrovie, aeroporti e industrie, sia all’interno che all’esterno delle aree urbane. A differenza però dell’AAQD e della direttiva sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NECD), l’END non include alcun valore-limite o valore-obiettivo di riduzione, ma impone agli Stati membri di fissare i livelli di rumore, nonché di valutare il numero di persone ad esso esposte in tutti gli agglomerati con più di 100mila abitanti.
“A tal fine occorre effettuare una mappatura acustica strategica, i cui risultati devono essere comunicati alla Commissione tramite la piattaforma per la raccolta di dati entro sei mesi dal completamento”, spiega la Corte.
Quest’ultima ha verificato se le tre città visitate avessero effettuato la mappatura acustica strategica come richiesto, esaminando anche la conformità agli obblighi di segnalazione da parte degli Stati membri. Nella mappatura, infatti, i Paesi Ue devono calcolare e segnalare il numero di persone esposte ai livelli di emissione acustica rispetto a due soglie (Lden e Lnight), con la prima che rileva i livelli medi di emissione acustica misurati in tutti i periodi diurni, serali e notturni in un anno, mentre la seconda si limita solo al periodo notturno.
“La Corte ha osservato che le soglie di segnalazione dell’END richiedono la misurazione dell’esposizione a livelli di rumore a partire da 55 dB (NdA decibel) (Lden) e 50 dB (Lnight), obbligo meno rigoroso rispetto alle raccomandazioni dell’OMS sui limiti di esposizione al rumore. Ciò significa che la valutazione della Commissione, basata sulle soglie dell’END, tiene conto solo di una parte della popolazione esposta a livelli di rumore nocivi”.
Secondo la Corte, la Commissione dovrebbe utilizzare le informazioni delle mappe acustiche strategiche per effettuare una valutazione globale dell’esposizione al rumore in tutta l’Ue. Dal giugno 2007 gli Stati membri sono tenuti a produrre mappe acustiche strategiche per gli agglomerati ogni cinque anni. Il quarto e ultimo ciclo di segnalazione era previsto per giugno 2022 e i risultati sarebbero dovuti pervenire alla Commissione entro la fine dello stesso anno. Vediamo dunque ciò che è emerso dall’analisi delle tre città prese in considerazione.
A Cracovia, la mappatura acustica strategica dell’agglomerato è stata effettuata in tutti e quattro i cicli, seppur con lievi ritardi. I dati più recenti (2022) indicano che oltre il 30% dei cittadini è esposto a livelli di rumore del traffico che hanno raggiunto la soglia di segnalazione dell’END (Lden).
Barcellona ha invece completato solo tre dei quattro cicli con ritardi da due a tre anni. L’ultimo dato disponibile è dunque quello del 2017, da cui risulta che oltre 1.089.000 residenti su più di 1.657.000 (66%) sono stati esposti a livelli di rumore del traffico superiori alla soglia di segnalazione dell’END (Lden).
Per quanto riguarda invece l’agglomerato di Atene, le autorità nazionali greche non hanno effettuato il primo ciclo di mappatura strategica, tanto che gli unici dati disponibili sono quelli riguardanti il secondo ciclo, riferiti al 2014. Da questi si rileva una situazione decisamente preoccupante, poiché il 98% dei cittadini è risultato esposto a livelli di rumore del traffico superiori alla soglia di segnalazione (Lden). La Grecia non ha effettuato il terzo ciclo di mappatura acustica ed è in ritardo pure sul quarto ciclo, che avrebbe dovuto essere completato entro la fine del 2022.
Al di là dei tre casi, la Corte ha riscontrato notevoli lacune nelle segnalazioni della maggior parte degli Stati membri. Le conclusioni paiono piuttosto sconfortanti. “A causa delle lacune nelle comunicazioni degli Stati membri e delle più recenti modifiche metodologiche, non è possibile mappare la tendenza degli ultimi anni dell’inquinamento acustico nell’UE, anche per le tre città selezionate. Secondo la Commissione e l’EEA, tuttavia, appare improbabile che, entro il 2030, verrà raggiunto il valore-obiettivo per l’inquinamento acustico zero di ridurre del 30% il numero di persone danneggiate dal rumore dei trasporti. Le stime attuali della Commissione indicano che il numero non diminuirà di oltre il 19% entro il 2030 e che, nel peggiore dei casi, il numero complessivo di persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti potrebbe addirittura aumentare del 3%”.
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Non va meglio per i piani d’azione, strumenti strategici per la gestione dell’inquinamento atmosferico e acustico nelle città, utilizzati in modo inefficace secondo la Corte. Per quanto riguarda il rumore, gli Stati membri sono tenuti ad elaborarli per i luoghi vicini alle fonti di rumore all’interno degli agglomerati ed in prossimità dei principali assi stradali, ferroviari e aeroportuali. Il primo piano d’azione avrebbe dovuto essere pronto entro il 2008 e rivisto ogni cinque anni.
A Cracovia i piani d’azione sono stati adottati ed aggiornati con lievi ritardi. L’ultimo di questi (2019-2023) ha rilevato che solo alcune delle misure previste dal piano precedente sono state attuate, mentre le autorità polacche hanno addirittura dichiarato che il pieno allineamento ai limiti nazionali di rumore non è né fattibile né realizzabile in una grande città come Cracovia.
A Barcellona i piani sono stati adottati con diversi anni di ritardo e quelli riveduti non contengono un’analisi dell’impatto delle misure già attuate, mentre ad Atene è stato elaborato solo un piano d’azione per l’agglomerato (2014), ancora non aggiornato al momento dell’audit.
Le raccomandazioni della Corte
Nonostante le norme Ue in vigore da molti anni, la Corte ha riscontrato che “ le azioni intraprese dalla Commissione e dagli Stati membri selezionati non sono state ancora sufficientemente efficaci nel proteggere i cittadini e l’ambiente dall’inquinamento atmosferico e acustico”.
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A livello dell’Ue mancano ancora valori-limite o valori-obiettivo di riduzione dell’inquinamento acustico: la Corte chiede di introdurli nella direttiva END e di allineare il più possibile le soglie di segnalazione del rumore a quelle raccomandate dall’Oms.
“È difficile valutare i progressi compiuti nella riduzione dell’inquinamento acustico principalmente a causa di lacune e ritardi nella valutazione e nella comunicazione dei livelli di rumore da parte della maggioranza degli Stati membri dell’UE. La mancanza di una mappatura acustica periodica non permette alle autorità di conoscere l’entità del problema e, di conseguenza, l’esposizione dei cittadini a livelli di rumore nocivi”, specifica ancora la Corte.
I piani d’azione, spesso mancanti o redatti in ritardo, si sono rilevati inefficaci. La loro assenza, tra l’altro, può comportare una scarsa coordinazione o perfino la sovrapposizione delle misure utili a frenare l’inquinamento acustico. “Le azioni contro il rumore non sono prioritarie nelle città selezionate e, nella migliore delle ipotesi, sono attuate solo parzialmente”, commenta la Corte, secondo cui la mancanza di obiettivi di riduzione del rumore da parte dell’Ue tende a disincentivare “gli Stati membri dal dare priorità alle azioni per una riduzione efficace dell’inquinamento acustico”.
Si è dimostrato farraginoso pure lo strumento strategico adottato dalla Commissione, ovvero la procedura d’infrazione, dai tempi lunghi e non sempre efficace nell’imporre alle città selezionate il rispetto delle norme Ue sull’inquinamento atmosferico ed acustico.
Su fronte del rumore c’è ancora molto da lavorare.
[Credits foto: wal_172619 su Pixabay]
