Grindadráp, la prima caccia dell’anno nelle Isole Faroe ha comportato l’uccisione di 53 delfini tra le proteste delle associazioni animaliste
Sabato 11 gennaio 2025, le acque delle Isole Faroe sono tornate a tingersi di rosso. Nell’anno appena iniziato è stato già documentata la prima Grindadráp, ovvero la spietata caccia a delfini e globicefali, con l’uccisione di 53 esemplari, . Insorgono le associazioni ambientaliste e animaliste, mentre pare lecito chiedersi se, perfino nel 2025, tutto ciò possa rientrare ancora nella tradizione e nelle pratiche di sussistenza.
La grind
La grind è una tradizione secolare locale, ancora giustificata da parte della popolazione quale rilevante aspetto culturale, importante ai fini della sussistenza. Siamo nel protettorato danese delle Isole Faroe, un arcipelago sito a sole 230 miglia a nord-ovest della Scozia continentale.
È proprio qui che ogni anno oltre 1.100 piccoli cetacei – in primis delfini dal fianco bianco dell’Atlantico e balene pilota dalle pinne lunghe – finiscono per essere massacrati in una delle 26 baie designate come aree di caccia intorno alle isole, prevalentemente nei mesi da giugno a settembre, quelli della migrazione di questi animali verso il Nord Atlantico, in cui si registrano le migliori condizioni meteo.
“La Grindadráp non ha stagione, quote e restrizioni sull’uccisione di femmine gravide o giovani. Intere famiglie vengono uccise in nome della tradizione… una tradizione che non ha posto in un paese in cui oggi lo standard di vita è uguale a quello dei vicini scandinavi, e persino i medici delle isole Faroe affermano che la carne è troppo tossica per il consumo umano regolare”, denuncia Sea Shepherd.
La battuta di caccia viene generalmente autorizzata al momento dell’avvistamento di un branco, a patto che le condizioni meteo o del mare lo permettano e ci sia un giusto numero di partecipanti a riva per la mattanza. Il branco avvistato viene inseguito spesso per ore da barche da pesca, imbarcazioni da diporto e moto d’acqua, che creano un muro di suono e spingono i cetacei verso una delle 26 baie poco profonde dell’arcipelago, dove ad attenderli sulla spiaggia vi sono gli abitanti locali che li attirano verso riva con delle corde e degli speciali uncini, per poi ucciderli con lance spinali e coltelli.
Una vera e propria crudele mattanza all’insegna dell’alta tecnologia, visti gli impieghi di moderne imbarcazioni veloci, visori notturni ed altra strumentazione all’avanguardia, che pare davvero non aver nulla a che fare con la tradizione e le pratiche di sussistenza alimentare.
La Captain Paul Watson Foundation (CPWF) UK denuncia la particolare efferatezza di questa pratica che suscita una vasta indignazione globale e viola anche le norme che impongono l’uccisione rapida degli animali per ridurre le sofferenze. Ad esempio, tirare i delfini a riva tramite l’amo inserito nel loro sfiatatoio provoca indicibili sofferenze considerato il peso di questi animali. Ancora, la recisione del midollo spinale tramite la lancia spinale spesso finisce solo per paralizzare questi cetacei, che restano coscienti e muoiono poi dissanguati. In molti casi i cacciatori non si assicurano della morte degli animali dopo aver assestato le coltellate per tagliare il collo, lasciandoli paralizzati ed in attesa di morire.
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In seguito alla rimozione dall’acqua dei cetacei morti, quest’ultimi sono disposti in file ed a stomaco aperto per far raffreddare la carne nel modo più rapido possibile. A differenza della caccia tradizionale, che prevede il maggior utilizzo possibile di carcassa, dal corpo principale dell’animale vengono prelevati carne e grasso, mentre pinne, testa, ossa, intestini e coda sono destinati allo scarto.
“L’uccisione dei delfini è raramente così rapida come il governo delle isole Faroe e i media locali descrivono. Le cacce al Grindadráp possono trasformarsi in massacri disorganizzati e prolungati, con i delfini uccisi per un lungo periodo di tempo di fronte ai loro parenti mentre sono arenati e lottano sulla sabbia, sulle rocce o in acque poco profonde. Le barche delle isole Faroe bloccano ogni possibilità di fuga finché non rimane vivo un solo delfino. Ogni membro del branco viene ucciso, comprese le madri incinte, i giovani e i piccoli da svezzare. Nessuno viene mai risparmiato”, il commento della CPWF UK.
La lotta delle associazioni ambientaliste e animaliste
La direttiva Habitat dell’Unione europea (Ue) prevede il divieto di caccia e di qualsiasi azione di disturbo, cattura ed uccisione deliberata di cetacei in tutti gli Stati membri. Le Isole Faroe, pur essendo un protettorato danese, costituiscono una regione autonoma e non fanno parte dell’Ue. Nel corso degli anni Sea Shepherd ha addirittura documentato la connivenza del governo danese, con funzionari della polizia, della marina e delle dogane che hanno facilitato le grind, in alcuni casi prendendovi pure parte attivamente.
Le associazioni presenti sul territorio che da tempo si battono per porre fine alla mattanza sono proprio Sea Shepherd e la Captain Paul Watson Foundation (già nota in precedenza come Sea Shepherd UK).
Tutto è partito dal lontano 1983, quando Sea Shepherd ha portato un primo gruppo di attivisti nelle Isole Faroe, prima di condurre numerose campagne di azione diretta negli anni successivi. Questo fino al 2016, quando il governo faroese ha posto limitazioni al transito delle imbarcazioni di Sea Shepherd, adottando pure normative tese ad ostacolare l’attività degli attivisti. Da allora Sea Shepherd è rimasta comunque presente sul territorio, con equipaggi a terra che svolgono attività di investigazione e documentazione per far luce sulla realtà dei massacri.
Nel settembre 2021, quando la notizia della mattanza di ben 1.428 delfini atlantici in una solo grind sconvolse l’opinione pubblica mondiale, la stessa organizzazione a difesa degli oceani ha iniziato a collaborare con Shared Planet ed ha dato vita a Stop the Grind, “una coalizione globale con l’obiettivo di unire personaggi politici, figure pubbliche e ONG con una visione condivisa per opporre una resistenza più strutturata alla tradizione della Grindadráp, attraverso azioni politiche, economiche ed evidenze scientifiche”, commenta Sea Shepherd.
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Nel marzo 2024 è partita l’ultima campagna dell’Operazione Living Fjords condotta da Sea Shepherd, la nona consecutiva, che ha previsto l’impiego di maggiori risorse e la presenza di volontari attivi sul campo per un periodo più lungo rispetto agli anni precedenti, oltre quella di videomaker esperti. La lista dei massacri fornita conta l’uccisione di ben 592 globicefali nei mesi da maggio a luglio. “I nostri volontari nelle Isole Faroe continuano a raccogliere prove fotografiche e video per aiutarci a combattere la grind nelle arene giudiziarie e politiche, nel commercio e nell’industria e, come sempre, nei media. Ciò che un tempo era nascosto alla vista del pubblico, ora viene visto in tutto il mondo, spingendo all’azione internazionale”, comunica Sea Shepherd.
Dal 2017 è presente nelle Isole Faroe pure un equipaggio di volontari della CPWF, al fine di documentare, investigare e rivelare al resto del mondo la verità dietro le azioni di cattura di delfini e globicefali. Si tratta dell’Operation Bloody Fjords, tesa a far pressione sulle autorità delle Isole Faroe affinché fermino la Grindadráp.
Il recente accordo di libero scambio tra le Faroe ed il Regno Unito ha arricchito notevolmente le isole, dato che proprio il Regno Unito rappresenta il loro principale mercato di esportazione per un valore di oltre 900 milioni di sterline. “Incredibilmente, il governo del Regno Unito non è riuscito a insistere affinché la caccia ai delfini fosse vietata come parte delle condizioni del suo accordo commerciale. Le aziende di tutto il Regno Unito acquistano pesce pescato o allevato nella regione del Nord Atlantico o incoraggiano il turismo nelle isole Faroe, tutte azioni che sostengono un’economia fondata sul massacro dei delfini”, denuncia la CPWF UK.
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La stessa organizzazione sta per lanciare sia un originale documentario sulla Grindadráp – “Far Away Island” – che amplificherà le richieste di un’azione immediata, sia la coraggiosa iniziativa #FaroesFree, volta ad esercitare una pressione economica sulle Isole Faroe.
Miti da sfatare sulla Grindadráp
Come abbiamo visto, la grind non è una caccia annuale e selettiva perché può svolgersi in qualsiasi momento dell’anno e riguardare indistintamente interi branchi, non rappresenta un fenomeno ben governato e controllato poiché non vi sono limiti al numero di cetacei che possono essere uccisi, e non può essere paragonata ad un macello, visto che non è prevista alcuna forma di stordimento e le uccisioni sono tutt’altro che indolori o rapide.
Non possiamo parlare neanche di una caccia sostenibile, basti considerare che l’Accordo sulla conservazione dei piccoli cetacei del Baltico, dell’Atlantico nord-orientale, dell’Irlanda e del Mare del Nord (ASCOBANS) e la Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie (CMS) non la classificano come tale. Il fatto che poi la carne di balena e delfino sia una fonte sostenibile di proteine animali è stato scientificamente smentito da alcuni studi che hanno evidenziato come in realtà si tratti di carne altamente contaminata da mercurio, policlorobifenili (PCB) ed inquinanti organici persistenti (POP), il cui consumo è stato collegato a disturbi cognitivi ed all’aumento del rischio di Parkinson tra i residenti delle Faroe.
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Chi ribatte sul fatto che la grind non è un commercio ma un momento di condivisione all’interno della comunità, può essere ugualmente smentito perché la carne è ampiamente venduta nei ristoranti e nei supermercati dell’arcipelago, mentre gran parte viene scartata a causa della domanda in costante calo, in virtù anche della maggiore consapevolezza dei faroensi sui rischi per la salute connessi al suo consumo. Possiamo poi davvero considerare la Grindadràp come una tradizione di lunga data da preservare? Non proprio se pensiamo che i faroensi non dipendono ormai più dalle grind per il loro sostentamento o la loro sopravvivenza, potendo contare su attività di pesca e turismo sempre più redditizie e su un Pil procapite molto simile a quello degli altri Paesi scandinavi.
Infine, anche il presunto favore dei faroensi verso la Grindadràp è tutt’altro che una certezza, come dimostrato dagli esiti di recenti sondaggi. Fermare questa mattanza pare l’unica cosa logica.
[Credits foto: Palli Justesen]
