I santuari per animali liberi necessitano di un riconoscimento giuridico, il report di ALI fa il punto della situazione
“Per il riconoscimento giuridico dei rifugi di animali non DPA in Italia” è il titolo del report stilato da Animal Law Italia (ALI) in collaborazione con il Rifugio Miletta – una delle prime strutture di questo tipo in Italia – che analizza in dettaglio questo vuoto normativo e propone soluzioni concrete per colmare tali lacune ed uniformare le normative regionali.
Il documento è stato curato da Silvia Zanini, una ricercatrice specializzata in diritto degli animali, attualmente assegnista di ricerca in diritto pubblico comparato presso l’Università degli studi di Trieste.
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“Questo report evidenzia la necessità urgente di un riconoscimento giuridico chiaro e specifico per i santuari di animali, realtà concrete e fondamentali che, pur esistendo e operando con effetti tangibili, sono rimaste a lungo invisibili per il diritto. Colmare questa lacuna normativa significa non solo attribuire il giusto valore a tali strutture in quanto spazi di tutela, ma anche inviare un segnale di cambiamento etico, orientato ad un approccio sempre più consapevole e rispettoso della vita animale”, il commento di Zanini.
Al momento, infatti, questi preziosi luoghi deputati a salvare animali provenienti da condizioni di sfruttamento e maltrattamento sono assimilati agli allevamenti, una classificazione incompatibile con la loro natura e missione, che genera difficoltà pratiche e burocratiche, limitando al contempo le tutele per gli animali ospitati. Il report in oggetto offre un importante contributo al dibattito sul pieno riconoscimento giuridico di queste strutture.
L’inquadramento giuridico dei rifugi per animali non DPA
I rifugi di animali sono un fenomeno ormai diffuso in tutta Europa e nel resto del mondo. Analizzando la dimensione europea, siamo però ancora di fronte a realtà non contemplate dalle legislazioni nazionali ed assoggettate alla normativa concernente gli allevamenti.
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Il vuoto normativo presente in Italia caratterizza dunque tutti gli Stati membri dell’Unione europea (Ue), con rarissime eccezioni come nei casi di Austria e Spagna. In quest’ultimo Paese, ad esempio, è di recente entrata in vigore la legge sul benessere degli animali che sancisce il riconoscimento e la regolamentazione dei rifugi permanenti di animali, qualificati ora come organizzazioni di protezione animale di tipo RAD, ovvero finalizzati al soccorso e alla riabilitazione di animali da produzione non destinati a fini di commercializzazione o di lucro.
“Ciò che contraddistingue un rifugio di animali da tutte le altre realtà esistenti e potenzialmente assimilabili allo stesso (zoo, fattorie didattiche, allevamenti, circhi, Cras o canili/gattili, ecc.), oltre all’assenza di lucro, è che in un rifugio l’unico fine ed interesse perseguito è quello di garantire agli animali una vita che permetta loro di soddisfare tutti i bisogni primari specie specifici, liberi da qualsiasi forma di sfruttamento”, si legge nel report.
I rifugi non sono dunque finalizzati alla ricollocazione degli animali, né al loro recupero e soccorso per la rimessa in libertà. Non vi sono inoltre finalità di conservazione o tutela della biodiversità. “Oltre alla loro funzione primaria, i rifugi svolgono un importante ruolo sociale. Attraverso attività educative e divulgative, come visite guidate ed eventi, sensibilizzano il pubblico sulla condizione animale e promuovono un modello di convivenza basato sull’empatia e sul rispetto. Diventano inoltre punti di riferimento per le comunità locali e nazionali, creando opportunità di volontariato e favorendo la responsabilità collettiva verso l’ambiente e tutte le forme di vita. Questi spazi dimostrano che un’alternativa etica al sistema produttivo è non solo possibile, ma anche necessaria per costruire una società più giusta e consapevole”, specifica ALI.
Assimilare i rifugi agli allevamenti appare dunque illogico ed irragionevole. Per uscire da queste situazione urge una normativa ad hoc, che da una parte stabilisca un sistema di criteri, limiti e misure di gestione specificatamente indirizzato ai rifugi, dall’altra garantisca un’adeguata tutela ed il controllo sanitario degli animali ospiti.
In Italia i rifugi hanno ricevuto un primo riconoscimento – seppur limitato – con il decreto del Ministero della Salute del 7 marzo 2023, che ha fornito una definizione molto sintetica del cosiddetto “rifugio permanente”. Tale norma ha rafforzato anche il sistema di identificazione e registrazione (I&R) degli animali e chiede di garantire una maggiore tracciabilità degli ospiti dei rifugi.
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Le Regioni, a questo punto, dovranno adottare norme attuative per definire standard operativi, condizioni sanitarie e modalità di gestione, assicurando il benessere animale ed una supervisione efficace delle attività dei rifugi. La prima a muoversi in tal senso è stata la Regione Piemonte, che lo scorso aprile ha approvato una nuova legge a tutela degli animali d’affezione, in cui è prevista una specifica disciplina applicabile ai santuari per animali (art. 31).
Questo report mira dunque ad aiutare le altre Regioni a fare altrettanto, tramite l’analisi dettagliata della normativa italiana ed europea e la messa in risalto delle buone pratiche già adottata da altri Paesi.
I punti focali in vista dell’intervento legislativo
Il report di ALI fornisce utili raccomandazioni per lo sviluppo della disciplina attuativa di riferimento.
Prima di tutto fissa degli standard minimi di tutela per gli animali ospiti dei rifugi, riguardanti: il divieto generale di abbattimento; l’obbligo di identificazione mediante un microchip; l’obbligo di sterilizzazione degli animali; il divieto di sfruttamento economico e/o commerciale nonché di impiego a fini ludico-ricreativi e terapeutici; la conversione dello status da ‘animale da reddito/produzione’ ad ‘animale domestico non DPA’; l’individuazione di un protocollo di biosicurezza ad hoc con le misure da prendere in caso di emergenza sanitaria, escludendo l’abbattimento preventivo degli animali e valorizzando il ‘valore educativo e culturale’ degli stessi.
Il documento tratta poi la definizione e la funzione dei rifugi soffermandosi sugli animali ospitabili, ovvero quelli tradizionalmente considerati da reddito, salvati o recuperati da situazioni di sfruttamento, abbandono e/o abuso. I rifugi dovrebbero inoltre continuare a svolgere i servizi di supporto e facilitazione ai Centri di recupero animali selvatici (Cras), mantenendo pure il doppio ruolo come nel caso del Rifugio Miletta in Piemonte.
ALI ritiene inoltre che ogni rifugio dovrebbe essere iscritto all’interno della sezione speciale della Banca dati nazionale denominata Sinac (animali domestici) e gestito da un ente no profit. Dopo il riconoscimento della struttura, quest’ultima dovrebbe essere inserita nell’elenco dei rifugi operativi sul territorio nazionale, rispettando tutta una serie di condizioni per il mantenimento del riconoscimento ministeriale, con l’ASL di competenza chiamata a vigilare sulla persistenza dei requisiti tramite ispezioni almeno biennali.
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Con la conversione di status già citata, automatica e non ri-modificabile, l’animale ospitato e correttamente identificato e registrato non può essere sfruttato a fini produttivi, ludici/di intrattenimento, terapeutici, alimentari, di sperimentazione, industriali e/o commerciali, né può esser fatto riprodurre. Il report specifica anche le misure di biosicurezza necessarie, con la normativa chiamata ad individuare requisiti specifici per i rifugi permanenti.
Per quanto riguarda i trattamenti sanitari, l’autrice del report Zanini specifica che l’eutanasia è una scelta esclusiva del veterinario da considerare solo come extrema ratio, mentre per quel che concerne la gestione della convivenza inter-specifica bisogna evitare di ospitare animali o specie-animali incompatibili tra loro. Stando a tali raccomandazioni, al rifugio spetta l’onere della copertura assicurativa per gli eventuali danni che il personale può subire all’interno della struttura, mentre è necessario introdurre previsioni mirate all’attribuzione ed erogazione di specifici contributi pubblici, in primis per gli oneri di custodia e mantenimento degli animali che accedono alla struttura a seguito di sequestro penale.
Infine, il report indica i requisiti necessari alle figure responsabili, al personale ed ai volontari (tra questi i corsi di formazione obbligatori) ed agli ambienti/infrastrutture ed attrezzature (limitazione dei recinti, tettoie coibentate, pavimentazioni antiscivolo e superfici interne prive di sporgenze), definendo poi le ispezioni/controlli in loco e la politica di contatto con il pubblico – tramite visite guidate e gratuite di piccoli gruppi chiamati al rispetto di regole – e indicando la necessità che la regolamentazione non comporti oneri amministrativi ed economici sproporzionati per i rifugi già esistenti, per i quali dovrebbero esser previste deroghe.
Situazioni critiche come epidemie ed altre malattie possono causare drammatiche conseguenze, come dimostra la triste storia del rifugio “Cuori Liberi” nel settembre 2023. Questo documento normativo segna un punto di svolta e si presenta come un potente strumento per supportare i rifugi, garantendogli un futuro migliore.
[Credits foto: Animal Law Italia, ali.ong]